di Anna Messia
Una struttura giovane, nata poco più di un anno fa, ma che in poco tempo è arrivata a contare su oltre mille dipendenti, tra cui 100 ingegneri specializzati nel controllo del rischio, che lavorano in otto quartieri generali sparsi per il mondo: da Milano a Hong Kong, da Praga a Sanpaolo, passando per Londra e New York, oltre che Madrid e Parigi. È con questo assetto che Generali apre al sfida ai concorrenti nel settore del global corporate & commercial, ovvero nell’offerta assicurativa al servizio di medie e grandi aziende, dove già oggi il Leone ha raggiunto premi di circa 2 miliardi di euro, non molto distante da colossi come Axa o Allianz.
Del resto tra gli obiettivi indicati al mercato dal group ceo Mario Greco, arrivato nel 2012, non c’era solo aumentare redditività e dividendi per gli azionisti, ma creare anche una compagnia sempre più globale e internazionale, partendo appunto da settori come il global corporate & commercial. «È stata creata una nuova business unit che ha riunificato tutte le attività svolte in questo settore nei vari Paesi», spiega Paolo Ribotta, dall’autunno del 2012 chiamato da Greco a capo delle attività Global Corporate e Commercial di Generali dopo una passato in XL e prima ancora in Zurich, «ma quel che più conta è che è stato abbandonato un approccio differenziato per ogni singolo Paese. Suddivisione premiante nel caso delle attività Vita o Danni rivolte al retail, ma che non è affatto efficiente quando si ha a che fare con multinazionali, che hanno attività sparse per il mondo e hanno bisogno di un coordinamento».
La nuova struttura guidata da Ribotta ha riunito quindi sotto un unica società circa 1,8 miliardi di premi che il gruppo gestiva a fine 2013 in questo settore nei vari Paesi, e in un anno solo saliti a circa 2 miliardi. Non solo. La business unit ha ricevuto la responsabilità per il risultato conseguito, con un conto economico separato, e la crescita dimensionale, ottenuta dalla fusione di tutte le attività, ha consentito alla compagnia di assumere anche rischi che prima non poteva permettersi. Perché nel settore assicurativo, avere le spalle larghe in termini di volumi e di capitale consente anche di aumentare la quota di rischio (e quindi di premi) che può essere mantenuta in casa, senza bisogno di riassicurarsi presso un’altra compagnia. «Grazie all’integrazione il retention ratio della unit Global Corporate e commercial (il rischio che resta in capo a Generali, ndr) è salito dal 56% del 2013 al 64% dell’anno scorso», spiega Ribotta.
Tra le global business di Generali, ovvero le attività trasversali a livello mondiale, oltre all’attività Global corporate & commercial ci sono anche Europ assistance, la società di assistenza del gruppo con sede a Parigi guidata in Italia da Bruno Scaroni e Generali employee benefit, specializzata nell’offerta di piani assistenziali e previdenziali per le grandi imprese. Tutte e tre le società sono coordinate da Paolo Vagnone, e questo consente anche «lo sviluppo di sinergie tra le tre unit», aggiunge Ribotta, «considerando che il cliente di riferimento spesso è lo stesso. Una multinazionale ha bisogno di coprirsi dai rischi, ma anche di assistenza e di tutele per i propri dipendenti». Quali sono a questo punto gli obiettivi di Generali Global Corporate & Commercial? «Non puntiamo tanto a crescere in termini di volumi quanto piuttosto ad aumentare il nostro apporto alla redditività del gruppo», conclude Ribotta. Del resto in questo settore, che può rivelarsi anche molto pericoloso, quel che conta di più è saper valutare bene il rischio e la crescita della squadra in questi mesi, con l’ingresso di quasi 100 persone in un anno e mezzo, è andata proprio in questa direzione. Sul bilancio 2014 l’apporto di Global Corporate e Commercial al gruppo è già stato stimato in oltre 75 milioni di euro in termini di risultato tecnico netto, triplicato rispetto al periodo 2010-20112. Per i possibili obiettivi bisognerà però attendere il nuovo piano di Greco che sarà presentato al mercato a maggio. (riproduzione riservata)