Il Tfr in busta paga non conviene. Fa pagare più tasse e può far perdere diritto ai servizi sociali agevolati, alle detrazioni fiscali e agli assegni familiari. Lo rivela uno studio della Uil.
Al via da marzo. L’opzione, cioè la scelta di ricevere la quota di Tfr mensile direttamente in busta paga, andrà a regime dal prossimo mese di marzo per restare operativa fino al mese di giugno 2018. Una volta fatta, la scelta è irrevocabile. Perciò chi decida di intascare mensilmente le quote di Tfr, poi non potrà avere ripensamenti: fatta la scelta, non potrà più revocarla fino a giugno 2018.
Addio servizi agevolati. Secondo lo studio Uil, chi sceglierà l’opzione avrà effetti penalizzanti sulla propria situazione reddituale. Perché il Tfr in busta paga, spiega Guglielmo Loy, Segretario Confederale Uil, farà alzare il reddito Isee, con un effetto «domino» sul sistema agevolato delle tasse e tariffe locali (asili nido, mense scolastiche, tasse universitarie ecc.). Ad esempio con un Isee di 12.500 euro, a Milano, si paga una tariffa degli asili nido di 103 euro mensili, mentre con un Isee di 12.501 euro la tariffa sale a 232 euro mensili (più 129 euro al mese). Sempre per la mensa scolastica, a Roma, il costo con un Isee di 12.500 euro è di 50 euro mensili; e si supera anche di 1 euro tale soglia, il costo sale a 54 euro mensili (quattro euro in più al mese). Per l’iscrizione all’università «La Sapienza», la quota annuale con un Isee di 12 mila euro è di 549 euro l’anno, ma con un Isee di 12.001 la quota sale a 600 euro l’anno. A Bari chi ha un Isee di 10 mila euro non paga la Tasi, ma, superando tale soglia Isee, la Tasi si paga con l’aliquota al 3,3 per mille. A Torino una famiglia che ha un Isee di 12.999 euro, con il Tfr in busta paga supera il reddito di 13 mila euro e per la Tassa sui rifiuti invece di pagare 156 euro in media l’anno ne pagherà 202 euro: l’aggravio è di 46 euro.
Si pagano più tasse (Irpef). L’opzione per il Tfr in busta paga comporterà anche un aggravio di tasse. Per effetto della tassazione ordinaria di tale quote, al posto di quella separata per tutto il Tfr, si avranno delle penalizzazioni di 330 euro medi l’anno, tra maggiore tassazione (50 euro medi l’anno) e minori sgravi fiscali (280 euro medi l’anno). Lo studio della Uil spiega che per un reddito di 23 mila euro (imponibile medio lavoratori dipendenti), in busta paga potrebbero scattare 97 euro medi mensili, che salgono a 105 euro per i redditi di 25 mila euro e a 125 euro per i redditi di 35 mila euro, mentre scendono a 76 euro mensili per un reddito da 18 mila euro. Fin qui i benefici. Tuttavia, poiché la mensilizzazione del Tfr comporta l’applicazione dell’aliquota marginale Irpef (cioè quella corrispondente all’ultimo scaglione in cui si colloca il maggior reddito erogato), si avrà un generalizzato aumento di Irpef da pagare allo Stato. Ciò significa che con un reddito di 18 mila euro lordi, sul Tfr annuo pari a 957 euro, al posto del 23% si pagherà il 27%; con un reddito di 23 mila euro, su un Tfr annuo di 1.209 euro, si pagherà sempre il 27% anziché il 23,9%; con un reddito di 35 mila euro, su un Tfr annuo pari a 1.806 euro si pagherà il 38% anziché il 25,3%.
Anche le detrazioni scendono. Infine lo studio evidenzia che il Tfr in busta paga si cumulerà con il reddito dell’anno e, quindi, andrà a incidere sulla determinazione delle detrazioni d’imposta (per familiari a carico, ad esempio) oppure per gli assegni familiari. Solo di detrazioni fiscali, un reddito di 23 mila euro ci rimetterà mediamente 280 euro l’anno.