di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Le polizze vita tradizionali che investono in gestioni separate hanno reso in media il 4% nel 2013. Emerge da una prima indagine sui risultati delle compagnie che in questi giorni stanno certificando i rendimenti. Questi ultimi, a differenza di quanto avviene per i fondi comuni, sono consolidati e quindi garantiti fino alla scadenza del contratto.
Non solo. Questi prodotti hanno anche il vantaggio di non essere soggetti alla volatilità dei mercati, perché il loro portafoglio è valorizzato al prezzo di acquisto dei titoli e non in base al loro valore di mercato, come avviene invece per i fondi. In questo modo le compagnie hanno la possibilità di garantire ai loro sottoscrittori rendimenti piuttosto costanti nel tempo. Un bel vantaggio in questo momento, in cui il mercato obbligazionario entra in una fase più complessa, con i rendimenti ai minimi e la tendenza alla risalita dei titoli di Stato statunitensi.
Anche il trattamento fiscale dà una mano a questi prodotti, sempre più amati anche da banche e promotori, perché non sono soggetti all’imposta di bollo sul deposito titoli (da quest’anno allo 0,2%) e per la parte investita in titoli di Stato saranno soggette a un’imposta sul capital gain del 12,5% invece che del 20%. Peraltro il prelievo fiscale sulla plusvalenza è differito al momento del disinvestimento e non è previsto alcun prelievo in caso di successione. Nella tabella in pagina sono riportati i rendimenti lordi delle principali gestioni. Rispetto al rendimento lordo il dato netto dipende dai singoli contratti perché le polizze vita prevedono di riversare al sottoscrittore solo una parte del rendimento. Ci sono due modalità di trattenuta. Una parte delle compagnie retrocede al cliente l’80-85% del lordo, altre invece prelevano dal rendimento una commissione di gestione che in media va dall’1 all’1,5%. Ci sono poi i caricamenti, cioè spese che vanno valutate per ogni contratto. (riproduzione riservata)