di Teresa Campo
Sono almeno l’80% del totale i territori a rischio calamità naturali in Italia. E ammontano invece a poco più dell’1% gli italiani che si proteggono con una polizza specifica, a tutela dei beni primari: l’abitazione e il suo contenuto oltre ovviamente a se stessi e al nucleo familiare.
Manca dunque ancora una radicata sensibilità al tema, almeno tra i privati visto che per le aziende il discorso è ovviamente diverso. Questa sensibilità sta però rapidamente crescendo, spinta da un lato dal moltiplicarsi degli eventi catastrofali (per esempio le cosiddette bombe d’acqua, sempre più frequenti negli ultimi tempi) e dalle crescenti falle del supporto pubblico dall’altro. Insomma, sta diventando chiaro a tutti che al già noto rischio sismico, peraltro in ampliamento dopo il terremoto in Emilia fino ad allora ritenuta a basso rischio, si somma oggi quello di un territorio sempre più fragile, franoso, complici piogge torrenziali e trombe d’aria finora sconosciute ai nostri climi.
Più volte negli anni si è parlato di un’assicurazione obbligatoria sulla casa contro le calamità naturali, anche di recente in concomitanza con l’abolizione dell’Imu prima casa, ma finora tutto si è risolto con un nulla di fatto. «Eppure solo una diffusione su larga scala potrebbe contribuire da un lato a contrarre l’ammontare dei premi e dall’altro a incentivare una più efficace prevenzione», spiega Antonio Coviello, ricercatore del Cnr di Napoli, «un approccio indispensabile considerando le crescenti difficoltà dello Stato a far fronte a queste situazioni: è di pochi giorni fa l’allarme del capo della Protezione civile Franco Gabrielli sul fatto che le risorse stanziate per i risarcimenti sono già finite».
Nel frattempo sul fronte assicurativo alcune cose però stanno già accadendo, e non tutte buone. Positivo è senz’altro il fatto che la sensibilità dei cittadini in materia è in crescita, e che le compagnie assicurative da tempo cercano di rispondere, al punto che ormai tutte, o almeno le principali, hanno in portafoglio polizze ad hoc, anche a se stanti, oppure moduli che si abbinano alla più tradizionale polizza casa. La cattiva notizia è invece che i premi vanno lievitando: «il terremoto in Emilia, fino a quel momento considerata a basso rischio, ha messo a soqquadro il settore: molte imprese del territorio erano assicurate e le compagnie hanno perso molto», spiega Andrea Di Giacomo, broker assicurativo. «In compenso però sono saliti anche i massimali, prima fermi al 40-50% del capitale assicurato e oggi anche al 100%, anche per i privati. Insomma oggi la polizza si paga di più mentre prima era quasi gratis, ma offre maggiore copertura. Attenzione però perché l’offerta è molto variegata, e quindi anche i costi, ma a volte succede addirittura di avere premi diversi a fronte dello stesso prodotto».
Qui però cominciano le dolenti note: l’ammontare del premio varia a seconda della rischiosità della zona, con costi più che doppi per una zona ad alto rischio rispetto a una a basso rischio. E naturalmente, chi vuole assicurarsi di solito è perché vive in una zona ad alto rischio. Occhio poi a massimali, tipo di copertura e clausole varie, «pena il rischio di scoprire per esempio che la polizza copre i danni dati dallo sfondamento di tetti e serramenti a seguito di eventi atmosferici», racconta Di Giacomo, «ma non i danni causati dalla stessa acqua che filtra sotto le porte e allaga l’immobile». Oppure che non sono coperti gli edifici in bioedilizia o in legno.
Tutto dipende poi dal capitale che si vuole assicurare, che però andrà commisurato al valore dei beni di cui è posto a tutela: per esempio, per le case si parla di valore di ricostruzione, diverso da quello di mercato, perché nel primo caso dipende dalla qualità architettonica dell’immobile, nell’altro prevalentemente dalla zona. In media il valore di ricostruzione oscilla tra 1.200 e 2.500 euro al metro quadro. Di solito le compagnie non chiedono documentazione specifica, ma danno per scontato che tutto sia a norma: solo Unipol fa espressamente distinzione tra immobili antisismici, in cemento armato o in pietra, ponendo franchigie diverse.
«In sostanza, anche se ormai circolano molti prodotti standard, questo tipo di polizza può essere adattata al massimo alle proprie necessità di tutela, con costi ovviamente variabili», aggiunge Coviello. «Utile può essere quindi farsi consigliare dalla stessa compagnia o rivolgersi a un broker,
C’è infine il problema delle compagnie, restie ad assicurare su larga scala gli immobili nelle zone più a rischio. «Per ridurre il rischio per le compagnie», conclude Coviello, «l’amministrazione pubblica dovrebbe impostare vari livelli di responsabilità. Per esempio potrebbe esserci una franchigia o scoperto a carico del cittadino, poi il risarcimento della compagnia. Queste ultime a loro volta dovrebbero poter contare su una riassicurazione internazionale, e tutti sul supporto dello stato e su quello della comunità europea. Solo parcellizzando il rischio in questo modo è possibile fronteggiare situazioni spesso molto gravi». (riproduzione riservata)