di Roberta Castellarin
Dall’inizio della crisi sono state introdotte numerose tasse che vanno a colpire i risparmi delle famiglie italiane. Oltre al patrimonio immobiliare è stato preso di mira anche quello finanziario. A partire dall’imposta di bollo sul deposito titoli ora fissata al 2 per mille. Ma a fronte delle nuove tasse sui redditi finanziari non c’è stato un equivalente alleggerimento di quelle che gravano sul lavoro, rendendo così il conto complessivo per gli italiani più salato.
Nella maggioranza dei Paesi europei, esclusa la Germania e la Svezia, si applica una tassazione progressiva ai proventi finanziari come ai redditi. Questo sistema favorisce chi appartiene alle fasce di reddito più deboli. In molti Paesi è prevista inoltre la deducibilità degli interessi passivi, che si traduce in un’imposta finale più bassa. In altri poi, come in Francia, esistono piani a lungo termine agevolati fiscalmente.
Ma come si presenta il panorama? In Germania l’aliquota base è al 25%, cui si aggiunge un contributo di solidarietà che porta il prelievo al 26,375%. In Svezia l’aliquota è del 30% e si applica al complesso dei redditi da investimento, al netto degli interessi passivi e delle perdite. In Francia dal 2013 è stata eliminata la possibilità di optare per la tassazione proporzionale, per cui oggi l’imposta è progressiva con scaglioni che arrivano fino al 45%, a cui si aggiungono i contributi sociali che ammontano al 15,5%. È poi prevista una ritenuta d’acconto pari al 25%, mentre lo stesso sistema si applica ai dividendi ma con un acconto del 21%. Anche nel Regno Unito, che ospita la piazza finanziaria più importante d’Europa, il fisco non è tenero per gli investitori. L’imposizione britannica sugli interessi e sui dividendi è progressiva, con aliquote che vanno dal 10 al 50%, ma c’è una ritenuta d’acconto del 20% solo sugli interessi. Per quanto riguarda i capital gain, questi sono soggetti ad aliquota variabile dal 18 al 28% a seconda del livello del reddito complessivo e dell’entità del capita gain. In Spagna c’è una tassazione ad hoc per i redditi mobiliari, che siano interessi, dividendi o capital gain. Le aliquote dipendono dal livello dei redditi e vanno dal 21 al 27% con una ritenuta d’acconto del 21%.
Nel complesso un confronto non è facile perché in Italia è previsto un regime impositivo alla fonte (20% per tutti i proventi da investimenti esclusi titoli di Stato con un’aliquota al 12,5% e fondi pensione con una all’11%), mentre in molti altri Paesi il sistema è quello della concorrenza alla formazione del reddito imponibile complessivo. Nei casi di tassazione in dichiarazione sono generalmente previsti abbattimenti del reddito imponibile in relazione alle spese inerenti alla produzione del reddito, come gli interessi passivi. In molti casi poi l’aliquota effettivamente gravante sui redditi di natura finanziaria può risultare inferiore al 20% italiano. Per esempio nei sistemi che ammettono la deducibilità degli interessi passivi la presenza di un mutuo può condurre di fatto all’azzeramento di ogni imposta sui redditi di tipo finanziario. (riproduzione riservata)