La responsabilità di cui all’art. 2054, ultimo comma del c.c., relativa alla circolazione dei veicoli, si configura in capo al conducente, al proprietario, all’usufruttuario, ovvero all’acquirente con patto di riservato dominio, ogniqualvolta il danno sia derivato da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo
In generale, per quanto attiene alla natura della responsabilità contemplata da questa disposizione, la dottrina assolutamente prevalente ritiene che si tratti di una ipotesi di responsabilità oggettiva, svincolata dal criterio di imputazione della colpa e dalla prova liberatoria dell’assenza di colpa.
Si è osservato che tale disposizione, nello stabilire che le persone indicate siano responsabili dei danni derivanti da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo, faccia sì che “in ogni caso”, e cioè anche se abbiano osservato la massima diligenza, i soggetti indicati (conducente, proprietario del veicolo o, in sua vece, l’usufruttuario o l’acquirente con patto di riservato dominio o anche l’utilizzatore in leasing), vengano resi responsabili dei danni provocati dal veicolo, restando ininfluente ogni valutazione circa la loro diligenza.
Tale opinione è così radicata, anche presso la giurisprudenza, da far risultare irrilevante ogni causa che, pur non dipendendo dai soggetti di cui all’art. 2054 c.c., abbia provocato il vizio o il difetto: ciò significa che anche ove si accerti che il danno deriva da un difetto di costruzione imputabile all’impresa che ha posto il veicolo sul mercato, la responsabilità ricadrà comunque, almeno in prima battuta, sui soggetti indicati nell’art. 2054 c.c., restando ovviamente salvo il diritto da parte loro di esercitare le opportune azioni di garanzia.
Questa responsabilità oggettiva può essere vinta solo laddove tali soggetti provino che il danno è in realtà dipeso da causa diversa ed a loro non imputabile, senza che nessun rilievo in senso contrario possa assumere la impossibilità di rendersi conto del vizio o del difetto del veicolo mediante l’ordinaria diligenza.
Il difetto di manutenzione del veicolo, quale concausa nella determinazione del sinistro per cui è causa, è dato dall’utilizzo di uno pneumatico vetusto, caratteristica alla quale può ricondursi il principale motivo nello scoppio del medesimo e nella conseguente perdita di controllo del mezzo.
Invero, ai fini dell’accertamento del nesso causale tra condotta illecita ed evento non è indispensabile la dimostrazione di un rapporto di consequenzialità necessaria tra la prima e il secondo, essendo sufficiente la sussistenza di un rapporto di mera probabilità scientifica, tale che il nesso causale può ritenersi sussistente non solo quando il danno possa ritenersi conseguenza inevitabile della condotta, ma anche quando ne sia conseguenza altamente probabile e verosimile.
Anche la giurisprudenza qualifica la responsabilità prevista da questa disposizione come oggettiva, e ammette che i soggetti di cui all’art. 2054 c.c. possano andare esenti da responsabilità soltanto dimostrando che il nesso causale tra il guasto ed il danno sia stato interrotto da un fattore esterno, che sia intervenuto con propria autonoma ed esclusiva efficienza causale nella determinazione del danno.
In questa ottica, analogamente a quanto accade per altri regimi speciali di responsabilità, ormai qualificati dalla giurisprudenza uniforme in termini di responsabilità oggettiva (si pensi, ad esempio, alla responsabilità per danno da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c.), l’esimente può rinvenirsi esclusivamente in ipotesi di fortuito o forza maggiore.
La giurisprudenza della Suprema Corte afferma che la responsabilità colposa implica che la violazione della regola cautelare deve aver determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mirava a prevenire (cosiddetta causalità della colpa), poiché alla colpa dell’agente va ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare.
Nello stesso senso, in tema di delitti colposi, ai fini dell’elemento soggettivo, per potere formalizzare l’addebito colposo non è sufficiente verificare la violazione della regola cautelare, ma è necessario accertare che tale regola fosse diretta ad evitare proprio il tipo di evento dannoso verificatosi, altrimenti si avrebbe una responsabilità oggettiva giustificata dal mero versari in re illecita: ne consegue che occorre verificare la cosiddetta “concretizzazione del rischio”, che si pone sul versante oggettivo della colpevolezza, come la prevedibilità dell’evento dannoso si pone più specificamente sul versante soggettivo e la relativa valutazione deve prendere in considerazione l’evento in concreto verificatosi per accertare se questa conseguenza dell’agire rientrava tra gli eventi che la regola cautelare inosservata mirava a prevenire.
Tribunale Bari sez. III, sentenza del 17 ottobre 2013