Non è vero che la previdenza pubblica barcolla perché la riforma Fornero non è stata abbastanza severa e che ora c’è bisogno di tagliare ancora le pensioni. è sbagliato affermare che la spesa pensionistica è cresciuta rispetto al pil: la verità è che è il pil a essere crollato, che i pensionati diminuiscono di numero e che ancor più velocemente si riduce la platea di coloro che pagano i contributi previdenziali.
Tempo di fare un bilancio, ancora una volta.
La frenata previdenziale si rileva ancora meglio dalla differenza tra il numero di pensioni vigenti a fine 2013 (18,519 milioni) e quelle previste per fine 2014 (18,376 milioni): 143 mila in meno. Gli squilibri derivano invece dal calo del numero dei contribuenti: considerando tutte le gestioni, erano 22,28 milioni nel 2012, sono scesi a 21,787 nel 2013 e si prevede passeranno a 21,69 nel 2014: – 493 mila unità tra il 2012 e il 2013 e un ulteriore -97 mila persone alla fine di quest’anno, con una contrazione complessiva di 590 mila unità. In termini percentuali siamo nell’ordine del -2,7%. Per il Fondo lavoratori dipendenti la contrazione complessiva è di 459 mila unità. Ciononostante, le entrate contributive sono passate dai 208 miliardi del 2012 ai 210 miliardi del 2013 per arrivare quest’anno a 211. Un calcolo volutamente banale, volto a ipotizzare il valore dei contributi che saranno persi dall’Inps nel 2014 a causa della riduzione del numero dei contribuenti rispetto al 2012, e cioè dei disoccupati provocati dalla crisi economica e dalle misure di austerità che l’hanno aggravata, porta a una cifra imponente: 5,7 miliardi. Questa somma è pari al 2,7% del montante dei contributi pagati da 21,690 milioni di lavoratori e che nel 2014 sarà pari a 211 miliardi di euro. Una cifra del tutto coerente con l’aumento di 3 miliardi di contributi che si registra tra il 2012 e il 2014 nonostante la contrazione del numero dei contribuenti. Il bilancio della strategia della deflazione interna, il recupero della competitività attraverso la riduzione della domanda interna e dei salari provocata dai fallimenti aziendali e dai licenziamenti si sta dimostrando ancora una volta fallimentare. La maggior disoccupazione ha peggiorato i conti Inps nonostante il dimezzamento dei nuovi collocamenti in pensione tra il 2012 e il 2014 e la riduzione del numero dei pensionati.
Per minare gli equilibri economici e finanziari di tanti Paesi europei e la coesione politica dell’intera Europa sono bastati pochi slogan, ripetuti ossessivamente: la propaganda del pareggio strutturale del bilancio e del deficit congiunturale al 3% a qualsiasi costo. Hanno convinto i Parlamenti e intimorito i cittadini, ma con la realtà dei numeri c’è ben poco da fare. I numeri, loro sì, sono terribilmente testardi. (riproduzione riservata)