Il TAR Lazio, con la sentenza n. 535/2013 del 17 gennaio u.s. (v. allegato), ha accolto il ricorso presentato da una compagnia di assicurazione, relativamente ad un provvedimento di condanna irrogato dall’Autorità garante per la concorrenza e il mercato volto a sanzionare una pratica commerciale scorretta.
In particolare, i giudici hanno confermato – anche per il settore assicurativo – l’applicazione di un “principio di specialità” in forza del quale la competenza a vigilare e sanzionare il comportamento delle imprese, da parte delle Autorità amministrative indipendenti settoriali di vigilanza (Consob, Banca d’Italia, IVASS, ecc.), prevale sulla competenza generale in materia di pratiche commerciali scorrette attribuita all’AGCM dagli artt. 18 e ss. del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del consumo).
Tale prevalenza presuppone che l’Autorità di vigilanza di settore risulti, al pari dell’AGCM, munita di poteri inibitori e sanzionatori idonei a reprimere, in concreto, la condotta posta in essere dall’impresa. In tal senso, la fattispecie esaminata dai giudici riguardava un caso di pubblicità ingannevole e, per quanto riguarda i poteri dell’IVASS, si fa riferimento agli artt.182 e 184 del Codice delle assicurazioni private.
Il TAR Lazio, seguendo l’interpretazione già a suo tempo fornita dal Consiglio di Stato (cfr. le decisioni le decisioni assunte in Adunanza plenaria l’11 maggio 2012, nn. 11-16), ha ribadito che la disciplina generale delle pratiche commerciali scorrette non può trovare applicazione quando sussista una disciplina speciale di
settore la quale – oltre a regolare puntualmente e compiutamente il contenuto degli obblighi di correttezza, sotto il profilo informativo e della condotta da tenere – definisca anche i relativi poteri ispettivi, inibitori e sanzionatori, attribuendoli ad una Autorità settoriale.
Lo stesso TAR, nel passare in rassegna la normativa di settore a tutela del consumatore, ha confermato che le disposizioni normative in parola evidenziano “l’attribuzione in capo all’ISVAP di una generale competenza nella materia delle assicurazioni private anche con specifico riferimento alla tutela del consumo” che si manifesta nella valutazione della condotta concretamente posta in essere dall’impresa e specificatamente disciplinata dalla normativa settoriale (cfr. circolare Isvap n. 533/2004, oggi sostituita dal Regolamento Isvap n. 35/2010). Tale affermazione conferma ed interpreta quanto stabilito, nel frattempo dal comma 12 – quinquiesdecies dell’art. 23 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 9, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (cfr. nostro Prot. n. 400, comunicazione del 15 ottobre 2012), il quale dispone che la competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sia esclusa “unicamente nel caso in cui le pratiche commerciali scorrette siano poste in essere in settori in cui esista una regolazione di derivazione comunitaria, con finalità di tutela del consumatore, affidata ad altra Autorità munita di poteri inibitori e sanzionatori, e limitatamente agli aspetti regolati”.
E’ bene ricordare, tuttavia, che il richiamato “principio di specialità” opera solo nel caso in cui la normativa settoriale regolamenti in concreto una determinata fattispecie, ferma restando la competenza generale dell’AGCM per tutte le ulteriori eventuali pratiche commerciali scorrette poste in essere da un’impresa
non già disciplinate dalla propria normativa di settore.
Secondo i giudici amministrativi, dunque, il caso esaminato deve senz’altro essere sottoposto alla competenza dell’Isvap in quanto titolare:
– del potere di vigilanza circa “la trasparenza e la correttezza dei comportamenti delle imprese, degli intermediari e degli altri operatori nel settore assicurativo, avendo riguardo alla tutela degli assicurati e degli altri aventi diritto a prestazioni assicurative, all’informazione ed alla protezione dei consumatori”;
– di specifiche competenze in materia di pubblicità di prodotti assicurativi;
– del potere di stabilire modalità attuative e obblighi comportamentali a carico dei soggetti vigilati.
Conseguentemente il TAR ha decretato la conseguente “esclusione dell’applicazione delle norme generali del Codice del Consumo alla condotta in esame”.
Fonte: ANIA