GATTOPARDI FORMATO PIAZZA AFFARI Tutto è iniziato un anno fa. Con la caduta dal trono di Cesare Geronzi, allora e da meno di un anno presidente di Generali. Dimissioni seguite all’affondo di Diego Della Valle (numero uno di Tod’s e nel cda del Leone Triestino) verso la strategia del «Cardinale» e dalle dimissioni dal cda di Leonardo del Vecchio (azionista al 2%) intese, almeno dal mercato, come atto di protesta. Un addio mediato da Francesco Gaetano Caltagirone (che tra le varie cariche è vice presidente di Generali di cui è anche azionista al 2%). Tre nomi questi ultimi che, a un anno di distanza, ricorrono sulle operazioni più calde di Piazza Affari. E per di più alla vigilia di una nuova tornata di rinnovi di cariche, visto che un terzo delle società quotate in primavera si troverà a dover nominare nuovi vertici.
VOLTI NOTI E DOSSIER BOLLENTI. In atto c’è un movimento di poteri forti che avanza per trovare nuovi spazi. Ma che questo possa costituire una qualche forma di novità per Piazza Affari è tutto da verificare. Finora infatti a Palazzo Mezzanotte a dominare è stato lo stile gattopardesco anche se, talvolta, indossato da volti «nuovi». Gli intrecci societari infatti rimangono una costante. Lo si è visto nell’ultima operazione di sistema andata a buon fine, la ricapitalizzazione di Unicredit. Per frenare il peso degli istituzionali stranieri pronti a mettere mano al portafoglio per ricapitalizzare Piazza Cordusio sono stati infatti chiamati a raccolta i nomi che da sempre affollano le pagine finanziarie: Caltagirone; il patron di Luxottica Del Vecchio e Diego Della Valle (Tod’s). Oltre ai De Agostini che hanno sottoscritto le opzioni collegate alle obbligazioni «cashes» acquistate nel 2009. E ancora di più si sta intravedendo nella lotta per la conquista di FonSai che, secondo indiscrezioni di stampa, potrebbe annoverare sul fronte opposto a Mediobanca proprio Del Vecchio e Lorenzo Pelliccioli (ad di De Agostini e nel cda di Generali) a sostegno della cordata Arpe-Palladio (che tramite Ferak detiene direttamente l’1,7 di Generali). Certo per ora si tratta solo di indiscrezioni di stampa che tuttavia trovano una sponda a sostegno nel pacchettino di quote strategiche custodite dalla compagnia assicurativa dei Ligresti (tra cui il 4% di Mediobanca). Ai margini di questa ascesa alle leve del potere invece sono rimasti esclusi, per ora, i protagonisti dell’ultimo decennio. I Ligresti ovviamente, alle prese con il crollo di un impero, ai due survivor delle penultime operazioni (bene o male di sistema) su Telecom Italia, Marco Tronchetti Provera e i Benetton concentrati nelle società operative vere e proprie cash cow. Insomma l’asse del potere potrebbe ricostituirsi con un’altra nuova forma e con un nuovo indirizzo. Ma non è detto che cambi qualcosa. Al di là di una possibile «nobilizzazione» di Piazza Cordusio, primo azionista di Mediobanca (con l’8,7% del capitale) e quindi in ultimo di Generali (di cui Piazzetta Cuccia ha il 13,4%). Sulla banca più internazionale d’Italia Della Valle ha appena puntato una fiche, così come Caltagirone, che ha venduto in forte perdita quote in Mps, e si è assicurato un posto in prima fila in vista del rinnovo dei vertici di primavera.
GIRI DI VALZER A SALINA. Mentre sul mercato sale la tensione per la lotta alla conquista dell’ultima poltrona in Unicredit, un assaggio dei cosiddetti venti di novità si è già avuto con l’ultima recente tornata di nomine. Enrico Cucchiani è arrivato alla guida di Intesa Sanpaolo dopo la nomina di Corrado Passera al Governo, ma era presidente di Allianz Italia e aveva una trentina di incarichi compresa la presenza nel cda di Unicredit. Fabrizio Viola è diventato direttore generale di Mps (dove probabilmente con l’assemblea sarà nominato ad) da Bper e dopo aver assunto ruoli di primo in Imi, Fondiaria e Popolare Vicenza. Aldo Minucci è stato recentemente nominato ai vertici dell’Ania, ma rimane tra l’altro, vice direttore generale in Generali, vice presidente in Telecom Italia e presidente in Telco.