La Commissione europea teme che l’Italia non abbia recepito correttamente la normativa comunitaria sulla responsabilità ambientale e ha chiesto al nostro Paese di rafforzare la legislazione nazionale al fine di aderire correttamente ai requisiti del regolamento europeo.
Il commissario per l’ambiente Janez Poto?nik ha suggerito alla Commissione di inviare al governo italiano un parere motivato per richiedere un rafforzamento delle leggi nazionali in materia di protezione ambientale. Se il nostro Paese mancherà di dare risposta entro due mesi, la Commissione ha fatto sapere di riservarsi la possibilità di riferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
La direttiva comunitaria sulla responsabilità ambientale ha stabilito un quadro di lavoro basato sul principio “chi inquina, paga”, al fine di prevenire e porre rimedio ai danni ambientali. Le persone fisiche e giuridiche impegnate in una serie di attività indicate nella normativa sono responsabili degli eventuali danni ambientali che queste possono provocare. Fra i danni citati nella direttiva figurano quelli alle falde acquifere, alle specie protette, agli habitat naturali o al suolo.
La Commissione ha precisato che alcuni elementi della normativa comunitaria sono stati recepiti correttamente dall’Italia, ma ha aggiunto che altri sono fonte di preoccupazione, come la mancanza del requisito della responsabilità ambientale o la possibilità che le persone fisiche e giuridiche indicate nella norma possano ricorrere a strumenti finanziari per affrontare i danni ambientali anziché garantire di porvi rimedio.
“Alla normativa italiana manca una clausola che obblighi gli operatori nelle attività citate dalla direttiva europea a porre rimedio ai danni ambientali che hanno provocato, anche se senza dolo”, ha riferito la Commissione in una nota.
Non è la prima volta che il nostro Paese viene richiamato dall’Europa per questioni ambientali. La Commissione aveva individuato le mancanze della normativa italiana in una lettera formale del Febbraio 2008, a cui fece seguito, il 23 Novembre 2009, un parere motivato.
L’Italia ha successivamente apportato delle modifiche alla legislazione nazionale che, tuttavia, non hanno risolto il problema, secondo la Commissione. Per questo motivo l’Europa ha ritenuto necessario inviare nuovamente un parere motivato.