Palladio e Sator escono allo scoperto. Con due note separate, giunte ieri a mercato chiuso, fanno sapere di essere alleate e di avere in mano, nel complesso, poco più dell’8% di Fondiaria-Sai. La prima a fare outing è stata la holding di Vicenza, che, «facendo seguito alla comunicazione del 9 febbraio», quando aveva dichiarato di avere il 2,26% di Fonsai, ha annunciato di avere «superato il 5% del capitale sociale con diritto al voto. A oggi – tira le somme Palladio nella nota diramata ieri in serata – la partecipazione detenuta è pari al 5,002 per cento». Non è tutto: la holding guidata da Giorgio Drago e Roberto Meneguzzo fa sapere di avere sottoscritto, sempre ieri, «un patto di consultazione con Sator in ordine alle rispettive partecipazioni di azioni con diritto di voto di Fonsai. Il patto non prevede alcuna intesa o obbligo in merito all’esercizio dei diritti di voto e si fonda sul comune interesse a sostenere il piano di ricapitalizzazione dell’emittente». In altri termini, nell’assemblea di Fonsai di metà marzo, in cui i soci saranno tra le altre cose chiamati a varare la ricapitalizzazione fino a 1,1 miliardi, almeno in linea di principio (nella pratica risulterebbe alquanto strano), i due «alleati» potrebbero anche votare in maniera diversa. A stretto giro, poi, è giunta anche la nota di Sator, in cui il private equity fondato da Matteo Arpe ha fatto sapere di avere raggiunto il 3,011% di Fonsai. Gli acquisti di azioni ordinarie della compagnia assicurativa guidata da Emanuele Erbetta, spiega Sator, eseguiti tra il 30 gennaio e il 13 febbraio, «rappresentano poco più di un ventesimo degli scambi effettuati sul mercato nello stesso periodo». L’accordo raggiunto tra i due operatori, che malgrado il loro interesse iniziale per la compagnia dei Ligresti erano stati esclusi dal progetto disegnato da Mediobanca, ha una implicazione non da poco: essendo di mera consultazione, nel caso in cui un soggetto arrivasse al 10%, soglia oltre cui è necessario il benestare dell’Isvap, la partecipazione sarebbe considerata separata rispetto a quella di altri soggetti «pattisti». Almeno sulla carta, dunque, tanto Palladio quanto Sator potrebbe portarsi a ridosso di un 10% a testa di Fonsai senza incontrare particolari intoppi. Non a caso, secondo indiscrezioni, sia la holding veneta sia il private equity potrebbero, a stretto giro, annunciare al mercato nuovi arrotondamenti delle rispettive quote (ieri Fonsai in Borsa ha chiuso con un altro +2,55% e scambi pari al 7% del capitale). Si mormora, inoltre, che possano entrare a far parte del patto di consultazione anche nuovi soggetti: si ipotizza qualche imprenditore dell’area del Nord-Est vicino a Palladio. Quel che ormai appare piuttosto evidente è che l’operazione Palladio-Sator si delinea sempre più come alternativa rispetto alla fusione con Unipol benedetta da Mediobanca. E se non stupisce che Arpe possa avere scelto di mettere in qualche modo il bastone di traverso ai piani di Piazzetta Cuccia, stupisce che lo abbiano fatto Meneguzzo e Drago, che insieme con Mediobanca siedono nel parterre dei soci di peso delle Generali. Per svelare l’arcano, qualcuno ribadisce lo «sgarbo» che Palladio ha ricevuto da Mediobanca proprio su Fonsai. E qualcun altro aggiunge che ora che Fabrizio Palenzona, vicino alla holding veneta, potrebbe uscire dal cda di Piazzetta Cuccia (per restare in quello di Unicredit in base all’articolo 36 della manovra Monti), i vincoli tra Palladio e Mediobanca si allenterebbero ulteriormente. E una eventuale «operazione contro» creerebbe meno problemi per la boutique vicentina.