di Bianca Pascotto

Indossare la cintura di sicurezza quando si sale alla guida in auto è divenuto ormai abituale, ma non ugualmente tale gesto è una consuetudine per i trasportati, soprattutto se sui sedili posteriori.

L’obbligo imposto da codice della strada (art. 172) è tassativo per tutti gli utilizzatori del veicolo ma se tale articolo non impone al conducente l’obbligo di accertare e verificare che i propri passeggeri indossino la cintura durante tutto il tempo di guida, detto obbligo è da tempo imposto da numerose sentenze, sia in ambito civile che penale, ogni qualvolta affrontano casi di risarcimento danni o fatti di reato per lesioni colpose o morte colposa in conseguenza al mancato uso delle cinture di sicurezza dei passeggeri.

Ne ritroviamo recente conferma nella sentenza della Corte di Cassazione penale[1] che ci ricorda la pensante responsabilità e le gravi conseguenze penali per il conducente che non pretende l’utilizzo della cintura di sicurezza dai suoi passeggeri.

IL CASO

Tizia, a causa di un cane che gli attraversa improvvisamente la strada, perde il controllo del veicolo e rovina contro una recinzione di un edificio commerciale con conseguente ribaltamento del mezzo.

A causa dell’impatto, Caio passeggero occupante il sedile posteriore muore.

Nel processo penale instauratosi avanti il Tribunale di Frosinone si accerta che Caio non indossava le cinture di sicurezza ed il perito nominato dal Tribunale per l’analisi della dinamica concludeva che “ragionevolmente” l’uso delle cinture avrebbe evitare la morte di Caio.

Il Tribunale manda assolta Tizia con formula piena (art. 530 cpp) perché il fatto non costituisce reato, avendo valutato che in capo a Tizia, non fosse ascrivibile alcuna violazione delle norme del codice della strada, né in punto velocità, né per quanto attiene all’omesso uso delle cinture di sicurezza del passeggero.

In particolare il tribunale dà rilevo alla circostanza che la Fiat Punto non era dotata di sistema acustico che avvisava il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza e che non era richiedibile da parte di Tizia un suo continuo controllo del loro uso da parte del passeggero durante tutto il tempo di guida.

Il Procuratore Generale la vede diversamente e ricorre per saltum al Supremo Collegio ritenendo detta decisione contraria al disposto degli artt. 589 c.p. e 172 codice della strada.

LA SOLUZIONE

Purtroppo per Tizia la sentenza del Tribunale viene annullata con rinvio.

La Corte percorre il solco già consolidato dalla giurisprudenza di legittimità che giudica siffatta condotta come colposa in quanto attuata in violazione delle regole di comune diligenza e prudenza che impongono al conducente di “esigere che il passeggero indossi la cintura di sicurezza e, in caso di sua renitenza, anche a rifiutarne il trasporto e ad omettere l’intrapresa marcia e ciò a prescindere dall’obbligo della sanzione a carico di chi deve fare uso delle detta cintura”.

Il Collegio rimprovera la decisione del Tribunale che aveva escluso in capo a Tizia una condotta imprudente o imperita in considerazione (i) della mancanza di sistemi di segnalazione acustica in dotazione al veicolo in caso mancato utilizzo delle cinture, (ii) di inesigibilità per Tizia di un controllo continuo sull’uso delle cinture (iii) della condotta di guida entro i limiti di velocità previsti per legge.

La norma dell’art. 172 del codice della strada è finalizzata all’incolumità delle persone a bordo del veicolo e la sua osservanza impedisce, nella maggioranza dei casi, danni alla persona come quello verificatosi.

Era emerso dal dibattimento che Tizia non aveva preteso che i passeggeri indossassero la cintura di sicurezza e detta omissione costituisce condotta negligente e quindi rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 589 c. 2 c.p. (vigente all’epoca dei fatti).

La circostanza che il passeggero ometta di indossare la cintura per certo è una condotta che viola un precetto normativo e che incide nella determinazione del grado della colpa a lui addebitabile, ma per la Corte di Cassazione detto comportamento non elide il nesso causale tra la condotta di Tizia e l’evento (morte) di cui deve risponderne penalmente.

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[1] Cassazione penale sentenza del 18 dicembre 2024 n. 46566

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