Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Il sistema previdenziale italiano è «generoso», ma rischia di non essere più sostenibile, in un Paese che invecchia, «senza scelte oculate su politiche attive per il lavoro, anticipi ed età di pensionamento». La fotografia è quella scattata dall’ultimo rapporto sul bilancio del sistema previdenziale elaborato dal Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali, sotto la guida dell’ex sottosegretario al Lavoro, Alberto Brambilla, e presentato ieri a Roma. Nel 2022 in Italia i costi dell’assistenza hanno raggiunto 157 miliardi e, attingendo alla fiscalità generale, sono lievitati del 126% in dieci anni. Ad alimentare la corsa della spesa è anche il numero dei pensionamenti totalmente o parzialmente assistiti, che sono saliti a 6,55 milioni assorbendo il 40,6% dell’intero bacino dei beneficiari di prestazioni pensionistiche. Nel complesso, però, il sistema il sistema pensionistico italiano non è al collasso, la «soglia della semi-sicurezza» dell’1,5 è ancora lontana e il sistema regge e continuerà a farlo, a patto di saper compiere, suggerisce il rapporto, «una corretta separazione tra previdenza e assistenza e quindi una razionalizzazione della spesa assistenziale, che ormai da troppo tempo appesantisce le casse dello Stato, generando debito e sottraendo risorse a investimenti e sviluppo».
Nonostante il rallentamento atteso dell’economia è previsto un nuovo aumento del monte dividendi in Europa nel 2024. L’analisi annuale Dividend Study 2024 di Allianz Global Investors (GI) stima un picco di distribuzioni a 433 miliardi di euro, in crescita del 6,5% sul 2023, con un incremento anche del dividend yield. Le distribuzioni di dividendi per l’Msci Europe dovrebbero nuovamente raggiungere livelli record dopo che in base ai calcoli di Allianz Global Investors, nel 2023 le società nell’indice azionario europeo avevano distribuito 407 miliardi. Entro il 2025, il monte dovrebbe salire ancora a 460 miliardi (+13% rispetto al 2023).
La transizione energetica non è la priorità, almeno non per quest’anno. Dall’Europa all’Asia, dall’Africa al Nord e Sud America, oltre 2.300 ceo, il 23% dei quali a capo di società con fatturati superiori al miliardo di dollari, condividono ben altre preoccupazioni per il 2024 appena iniziato. Ai primi posti ci sono l’ incertezza economica e le tensioni geopolitiche, i cambiamenti del mercato e le dinamiche occupazionali. I timori dei top manager emergono dal Ceo and Board Confidence Monitor di Heidrick&Struggles, società che segue i temi della leadership, della cultura aziendale e della governance manageriale. Heidrick&Struggles ha allargato il campione anche a circa 830 membri dei consigli di amministrazione, per un totale di oltre tremila intervistati.
Forte calo per le attese di inflazione dei consumatori dell’Eurozona. È una buona notizia per la Bce in vista dei tagli dei tassi che gli operatori si attendono quest’anno (saranno sei secondo i mercati monetari): le aspettative sul carovita sono ancorate al target del 2% nel medio termine e c’è una minore probabilità di rilevanti incrementi salariali nei prossimi mesi. A novembre, secondo il sondaggio mensile della Bce pubblicato ieri, i consumatori hanno indicato un’attesa mediana di inflazione nell’Eurozona a un anno pari al 3,2%, in discesa dal 4% segnalato a ottobre. Le aspettative a tre anni sono calate dal 2,5 al 2,2%. Si tratta di valori che non si registravano da febbraio 2022, prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Le aspettative di inflazione sono più alte nei Paesi del Sud che in quelli del Nord.
L’inflazione in Italia nel corso del 2023 è stata in media del 5,7%, in netto rallentamento dall’8,1% del 2022. La frenata, spiega l’Istat nel suo ultimo rapporto, è dovuta principalmente al venir meno delle tensioni sui prezzi dei beni energetici (+1,2%, da +50,9% del 2022). Al contrario, a non aiutare sono stati i prezzi del comparto alimentare che hanno registrato un’accelerazione della crescita media annua (+9,8%, da +8,8% del 2022). Tra i prodotti a «maggiore tasso di crescita» del prezzo nel periodo 2019 – 2023 figurano lo zucchero (64,8%), il riso (50%) e l’olio di oliva (42,3%), mentre tra i prodotti con la «maggiore flessione del prezzo» figurano invece gli smartphone (-36,7%). Quanto all’inflazione di fondo, cioè la crescita del carovita al netto delle componenti volatili, è stata pari al 5,1%, in crescita rispetto al +3,8% del 2022. Secondo i calcoli dell’Istituto di statistica inoltre il trascinamento dell’inflazione sul 2024 è pari a +0,1%.
Mediobanca si fa Premier. Da oggi 16 gennaio la merchant bank milanese ha dato vita ufficialmente alla sua realtà specializzata nella gestione di grandi patrimoni, evoluzione di quella che finora era stata CheBanca! Un passaggio simbolico ma anche formale, visto che Mediobanca Premier è la nuova denominazione del ramo del gruppo. «Premier è la declinazione nella gestione dei patrimoni fino a 5 milioni di euro del dna di Mediobanca, in linea con il piano industriale One Brand, One Culture: il senso di fiducia che le persone sviluppano lavorando con noi deve essere esteso a tutte le iniziative del gruppo», ha spiegato Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca.
I rischi informatici come gli attacchi ransomware, le violazioni dei dati e le interruzioni dei sistemi informatici sono la principale preoccupazione per le aziende a livello globale nel 2024: è quanto emerge dall’Allianz Risk Barometer. Al secondo posto si colloca un pericolo strettamente collegato: l’interruzione dell’attività. Le catastrofi naturali (dal sesto al terzo posto rispetto all’anno precedente), gli incendi, le esplosioni (dal nono al sesto posto), i rischi politici e la violenza (dal decimo all’ottavo posto) registrano i maggiori aumenti nell’ultima classifica dei principali rischi aziendali a livello globale, basata sulle opinioni di circa 3 mila professionisti della gestione del rischio.
L’assetto pensionistico «regge», e continuerà a farlo «anche tra 10-15 anni», ossia quando la maggior parte della numericamente significativa coorte dei «baby boomer» (i connazionali venuti alla luce dal secondo dopoguerra al 1980) andrà in quiescenza. È, però, essenziale, affinché si mantenga col passare del tempo tale «sottile equilibrio», che la nostra soglia anagrafica per l’accesso alle prestazioni, attualmente tra le più basse d’Europa (è di circa 63 anni l’età effettiva di uscita dal lavoro in Italia, nonostante un’aspettativa di vita tra le più elevate a livello mondiale), vada «gradualmente» a salire. E non si ricorra più a «eccessive anticipazioni», favorendo, invece, le forme di invecchiamento attivo degli occupati «senior» nel mercato. A metterlo nero su bianco è il rapporto presentato ieri pomeriggio alla Camera dal presidente del Centro studi Itinerari previdenziali Alberto Brambilla, che ha sollecitato le istituzioni ad agire per salvaguardare la tenuta del sistema pensionistico, evidenziando l’importanza di sviluppare le politiche attive del lavoro, insieme all’intensificazione della formazione professionale, e di coltivare la prevenzione, «intesa, in senso più ampio, come capacità di progettare una vecchiaia in buona salute» degli abitanti dello Stivale.
Il sistema previdenziale è ancora sostenibile in senso finanziario, ma è indispensabile prendere contromisure rispetto al declino demografico. Lo dice il rapporto annuale di Itinerari Previdenziali guidato da Alberto Brambilla. Considerando la spesa per pensioni in senso stretto, le uscite sono state di 224 miliardi nel 2022, a fronte di circa 214 miliardi di entrate contributive, ma, al netto delle ritenute fiscali, la spesa scende a 165 miliardi, 49 in meno rispetto ai contributi, dice Brambilla. Oggi ci sono 1,44 lavoratori attivi per ogni pensionato, bisognerebbe arrivare a 1,6 per mettere il sistema in sicurezza, prosegue il rapporto, ma l’eccesso di assistenza, insieme ad altri fattori (il mismatch tra offerta e domanda di lavoro) ostacola l’aumento del tasso di occupazione, indispensabile per salvaguardare gli equilibri a fronte anche dell’aumento della quota di anziani, che si riflette nell’aumento della spesa per l’assistenza (+ 126% in 10 anni), che ha raggiunto 157 miliardi nel 2022. Va aumentata, sostiene Brambilla, l’età per le pensioni anticipate: «Oggi è in media di 61,5 anni, va portata almeno a 64».
Dall’eccesso di comunicazione al silenzio totale. È quanto sta accadendo nel mondo green, dove una fetta di aziende preferisce tacere sui propri obiettivi sostenibili. È il fenomeno del greenhushing (to hush, tacere) rilevato nella quarta edizione del Net Zero Report di South Pole, società di consulenza internazionale specializzata in progetti climatici e che opera in Italia attraverso Carbonsink. Dalla ricerca, che ha riguardato 1.400 aziende in tutto il mondo, emerge che il 44% degli intervistati ha difficoltà a comunicare gli impegni climatici. Fra queste aziende, poi, c’è chi sceglie di non pubblicizzare proprio le strategie o gli obiettivi climatici, riducendo o interrompendo in maniera deliberata le comunicazioni esterne sul tema. Fra i motivi principali di tale decisione, la mancanza di chiarezza e i cambiamenti normativi. Gli uomini della compliance non riescono dunque a star dietro alle continue modifiche legali, soprattutto in Europa, relative al mondo green: l’allineamento normativo è diventato così difficile che si preferisce stare in silenzio per non essere accusati di greenwashing, ovvero di un marketing spinto sulle tematiche ambientali.
La finanza fa un passo indietro in tema di equità di genere. Lo scorso anno fra le nuove nomine nei consigli di amministrazione delle società dei servizi finanziari europei solo il 44% era donna, in calo rispetto al 51% del 2022. Si torna, quindi, indietro al 2021 quando le percentuali erano state 58% uomini e 42% donne. È quanto emerge dall’EY European Financial Services Boardroom Monitor, che traccia il profilo, l’esperienza, la formazione e le competenze dei consiglieri di amministrazione di 84 società dell’MSCI European Financials Index per un totale di 1.014 consiglieri di amministrazione. Se si guarda a tutti i board member del settore finanziario, non solo a quelli nominati nel corso del 2023, le percentuali sono 57% per gli uomini e 43% per le donne. In questo contesto l’Italia – con il 43,5% di donne nei cda delle società quotate che operano nel settore finanziario – è seconda soltanto alla Francia (46,6%) per rappresentanza femminile nei board. Seguono: Paesi Bassi (42,2%), Germania (39,7%) e Spagna (39,4%). Tuttavia nel 2023 le nuove nomine femminili nei cda delle istituzioni finanziarie europee sono diminuite rispetto all’anno precedente: il 44% dei nuovi consiglieri sono donne, in calo rispetto al 51% del 2022.