Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

 

I fondi pensione proseguono nel recupero dei rendimenti, dopo le perdite del 2022, con un’accelerazione sul finale d’anno grazie al rimbalzo dei mercati da novembre in avanti. I comparti negoziali, emerge dall’analisi di MF Milano Finanza che ha raccolto in anteprima i risultati dell’intero 2023, hanno messo a segno una performance media del 6,5% dopo il +2,2% nei nove mesi. Dal canto loro i fondi pensione aperti sul mercato (oltre 300, in questo caso i dati sono di Fida) hanno realizzato una performance media del 7% (3% nei nove mesi). In ogni caso, entrambe la categorie nel 2023 hanno battuto la rivalutazione del trattamento di fine rapporto (tfr), la classica asticella di confronto, dato che l’iscrizione ai fondi avviene proprio con il trasferimento delle quote di liquidazione che altrimenti resta in azienda e qui si apprezza in base all’indice Istat dei prezzi (si calcola il 75% della variazione dell’inflazione rispetto all’ultimo mese dell’anno precedente e si somma l’1,5% fisso all’anno). Sulla base dei dati preliminari dell’inflazione di dicembre, il tfr si è apprezzato nel 2023 dell’1,6% netto, in forte frenata rispetto al +8,3% del 2022 quando l’inflazione aveva avuto una netta ripresa per poi iniziare a scendere.
Dall’1 gennaio Previndai (dirigenti industriali), il maggior fondo pensione in Italia con oltre 86 mila iscritti su più di 12 mila aziende aderenti e 14 miliardi di euro di masse (con oltre 5.600 pensioni di scorta erogate nel 2022), ha attivato un nuovo comparto assicurativo garantito (Assicurativo 2024). Si affianca alle altre due linee di tipo finanziario: Bilanciato e Sviluppo, con una diversa composizione del portafogli, in prevalenza obbligazionario il primo e azionario il secondo. Assicurativo 1990 e Assicurativo 2014 continuano a essere attivi ma non raccolgono più nuovi contributi dagli iscritti. Nel 2023 il primo ha realizzato un rendimento netto (di costi di gestione e fiscalità) del +2,3%, il secondo del 2%, il Bilanciato ha fatto +8,2% e lo Sviluppo ha registrato una performance del +10,9%.
Tra i diversi profili di intervento per favorire un ulteriore sviluppo della previdenza complementare c’è quello legato ad un possibile restyling della prestazioni con particolare riferimento alle rendite.Va ricordato come nel sistema italiano si prevede attualmente, in linea di principio, un accento per la rendita vitalizia, al fine di mitigare il cosiddetto rischio di longevità, vale a dire la possibilità che un singolo pensionato sopravviva ben oltre la durata di vita attesa e nel far ciò esaurisca i propri risparmi e non riesca più con la pensione pubblica a fare fronte alle spese correnti, oltretutto potenzialmente crescenti per i bisogni di cura associati all’età più anziana. Partendo dai dati statistici contenuti nell’ultima relazione annuale della Covip, nel 2022 le principali causali che conducono alla chiusura di una posizione previdenziale hanno registrato numeri in crescita. I riscatti integrali sono stati 110.600 contro i 105.100 del 2021; il 60% dei casi è di pertinenza dei fondi negoziali. Le uscite dal sistema derivanti da Rendita integrativa temporanea anticipata (la Rita) a valere sull’intera posizione individuale e completamente erogate sono stimabili in 6.100 unità, quasi la totalità facenti capo a fondi preesistenti.
Un notevole contributo alla crescita delle adesioni alla previdenza complementare su base collettiva è apportato dai meccanismi di cosiddetta spinta gentile presenti nel sistema italiano. Al 31 dicembre 2022 sono iscritti ai fondi pensione negoziali 3,696 milioni di lavoratori, il 9,9% in più rispetto al 2021, con 490 mila nuove adesioni. La crescita è stata trainata, in primo luogo, dal meccanismo di adesione contrattuale oggi applicato in 14 fondi, che ha contribuito per oltre 250 mila adesioni.
Dopo che la scorsa estate si è conclusa la pubblica consultazione congiunta sulle Istruzioni di Banca d’Italia, Covip, Ivass e Ministero delle Finanze per l’esercizio di controlli rafforzati sull’operato degli intermediari abilitati, tra cui i fondi pensione, per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine anti-persona, di munizioni e sub munizioni a grappolo (in attuazione dell’articolo 3, comma 1, della legge 9 dicembre 2021, n. 220), si attende ora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Dopo aver guadagnato il 28% lo scorso anno, l’indice Ftse Mib si ritrova fanalino di coda in Europa. Infatti il rapporto prezzo/utile atteso delle 40 società più capitalizzate della borsa di Milano, per il 2024 è di 8,2 volte, distante dalle 12 volte dello Eurostoxx 50. Ora Piazza Affari potrebbe toccare nuovi massimi, anche perché, come nota Lorenzo Batacchi, portfolio manager di Bper Banca, «lo spread Btp/Bund è sceso fino a 156 punti base, un livello molto interessante, ottimo segnale per il Paese per attirare l’interesse degli investitori esteri». Ma proprio adesso una nuvola compare all’orizzonte. Si tratta del ddl Capitali che il 2 febbraio arriva alla Camera, blindato, e che dovrebbe essere approvato nei termini attuali per poi entrare subito in vigore. E su cui diversi desk operativi, contattati da Milano Finanza, temono un ulteriore effetto sconto sulle società italiane, in media del 10%, per toccare il 20% nel caso di alcuni titoli.
Fino a una decina di anni fa erano abbastanza diffuse in borsa le azioni risparmio non convertibili (rnc). Erano prive di alcuni diritti, tipicamente il voto in assemblea, ma con una maggiorazione e un privilegio sulla distribuzione di utili e capitale. Nonostante i maggiori dividendi le rnc trattavano a sconto, in genere di un 20-25%, rispetto alle azioni ordinarie; segno che poter influire sulla governance e sulla nomina degli amministratori aveva un valore concreto e non trascurabile.
Lo scorso 30 ottobre è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la nuova Direttiva sul credito al consumo (Ue) 2023/2225 (Ccd II), che andrà recepita dagli Stati membri entro il 20 novembre 2025. La riforma si è resa necessaria a fronte di un contesto assai mutato rispetto a quello in cui vide la luce la precedente direttiva (2008/48), complici i rapidi progressi tecnologici che hanno portato significativi mutamenti nel settore, la comparsa di nuovi prodotti e l’evoluzione del comportamento e delle preferenze del consumatore, che desidera un processo sempre più veloce e agile per ottenere credito. La facilità d’accesso al credito e la sua crescente digitalizzazione hanno spinto il legislatore Ue a intervenire sulle nuove modalità di divulgazione digitale delle informazioni precontrattuali e contrattuali, e sugli usi in tale campo dei sistemi di intelligenza artificiale. In tale contesto, per garantire a tutti i consumatori un elevato livello di tutela, gli obblighi per gli intermediari si fanno più stringenti.
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A dicembre l’asset manager italiano raccoglie sonori applausi da parte degli analisti. I trend di raccolta del mese, e quelli dell’intero 2023, proseguono nel solco del miglioramento iniziato a novembre. Ma soprattutto, con i numeri di dicembre si chiude un anno complesso per il risparmio italiano, che ha dovuto affrontare la concorrenza del Bpt, l’inflazione ancora alta e lo scoppio di un altro conflitto alle porte dell’Europa. I numeri di dicembre lasciano presagire un buon 2024 per il risparmio italiano secondo le stime di Intermonte riviste al rialzo: «Ci aspettiamo per il 2024 un graduale spostamento delle preferenze dei clienti dal risparmio amministrato a quello gestito grazie anche al reinvestimento delle obbligazioni in scadenza in concomitanza con un calo dei tassi».

Il 2023 è stata un’annata in segno negativo per le start up in Germania, dal calo del 22% della creazione di nuove imprese rispetto al picco del 2021 al record dei fallimenti. Il ripido e rapido rialzo dei tassi d’interesse, l’impennata dell’inflazione, l’economia in recessione hanno raffreddato l’ecosistema dell’innovazione in Germania, nonostante il sostegno poderoso della mano governativa con il Wachstumsfonds e Zukunftsfonds e una potenza di fuoco da 10 miliardi da spendersi in venture capital tra pubblico e privato entro il 2040. L’anno scorso sono comunque state fondate 2.489 nuove start up, stando al rapporto 2023 pubblicato ieri dall’associazione di categoria Startup Verband: questo volume, che non è bassissimo, rappresenta un calo del 5% rispetto alle 2.619 del 2022 e un crollo del 22% rispetto al record nel 2021 a quota 3.196. Il numero delle nuove start up nel 2023 è sui livelli pre pandemici.