di Marco Capponi
Il 2022 del risparmio gestito italiano, almeno stando ai primi bilanci delle raccolte complessiva arrivati ieri, è andato bene, forse anche più delle aspettative. E questo vale sia per chi ha una propria reta di distribuzione sia per chi fabbrica prodotti di investimento che poi vengono venduti da terzi. Nonostante l’andamento negativo dei mercati, che ha inciso in modo non indifferente sulle masse in gestione, la raccolta di Azimut, Banca Mediolanum e Anima è stata ampiamente positiva e la quota di risparmio gestito sui volumi totali si è mostrata solida.
Per Azimut, reduce dall’importante accordo di distribuzione siglato con Unicredit il mese scorso, il 2022 è stato archiviato con una raccolta positiva per 8,5 miliardi di euro, 500 milioni in più rispetto al target previsto per fine anno (8 miliardi), che rappresentava peraltro il punto più alto della forbice comunicata al mercato a inizio 2022. Oltre la metà del totale (4,3 miliardi) è confluita in prodotti di gestito e alla voce dei fondi una nota la meritano i mercati privati, che nel corso dell’anno hanno portato quasi 2 miliardi, raggiungendo i 6,5 di masse (+42% annuo). In totale il patrimonio del gruppo presieduto da Pietro Giuliani si è attestato a un soffio dai 79 miliardi, in flessione del 5% rispetto agli 83 di fine 2021. Attenzione però: a fronte di una crescita del 2% del patrimonio gestito (55 miliardi), titoli, fondi e conti correnti sono scesi del 18%, arrivando sotto i 24 miliardi. Quasi una quarto delle masse totali, circa 19 miliardi, provengono infine dai mercati americani: solo negli Usa nel corso dell’anno sono state acquisite due importanti quote di minoranza nel private equity e venture debt.
Se per Azimut la formula per navigare in mercati turbolenti è stata la diversificazione a livello di asset e geografica, Banca Mediolanum ha spinto l’acceleratore sulla consulenza, portando a un aumento della clientela (+168 mila unità) e della rete dei family banker, cresciuta del 5% oltre i 6 mila professionisti. L’istituto guidato dall’amministratore delegato Massimo Doris ha chiuso l’anno con una raccolta netta di 8,3 miliardi (1,3 solo a dicembre), non troppo inferiore rispetto ai 9,2 del 2021. Il gestito ha costituito anche per Mediolanum la prima voce di afflussi: quasi 6 miliardi, di cui 4,9 confluiti in fondi e gestioni. L’amministrato, di contro, è rimasto sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente, passando da 2,5 a 2,3 miliardi. La voce della raccolta rientra nel più ampio valore dei volumi commerciali del gruppo, pari a 12,5 miliardi: tra essi si considerano anche i 4 miliardi provenienti dall’erogazione crediti e i 184 milioni di raccolta di polizze protezione.
Parzialmente penalizzata nel corso dell’anno dall’assenza di una rete propria di distribuzione, Anima è riuscita ad archiviare l’anno con una raccolta complessiva di 1,6 miliardi, che arrivano a 2,4 se si considerano le deleghe di Ramo I. A fine dicembre le masse (comprensive di fondi, gestioni individuali e delle citate Ramo I) sono risultate pari a 177 miliardi, segnando una flessione, anche a causa dell’effetto mercato, dai quasi 204 di fine 2021. Per l’amministratore delegato Alessandro Melzi d’Eril la forza di Anima sta nelle alleanze con i gruppi bancari, che per circa il 17% degli sportelli del Paese sono partner strategici del gruppo, e, vista l’enorme liquidità presente sui conti correnti, il 2023 potrebbe riservare sorprese positive. La speranza è che, se i mercati si stabilizzeranno, molti di questi parcheggi possano essere convertiti in investimenti. Una speranza condivisa dal mercato: ieri a Piazza Affari le azioni di Azimut sono cresciute del 2,3%, quelle di Banca Mediolanum dell’1,9%, quelle di Anima dell’1,2%. (riproduzione riservata)
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