di Marco Capponi
Il 2022, tra inflazione, costi energetici e blocco delle catene di fornitura, ha messo a dura prova lo stato di salute delle imprese italiane. Sono 393 mila le aziende del Paese con rischio di solvibilità elevato o in default, quasi l’8% del totale, secondo quanto rilevato da uno studio di Sevendata, società milanese specializzata nell’uso di big data per il marketing e le performance digitali, che ha calcolato la quota di aziende a rischio mettendo in comparazione le regioni del Paese. Interessante notare come le aree montane a statuto speciale del Nord siano quelle con le imprese più solide: in Valle d’Aosta a rischiare la solvibilità è solo il 4,7% delle aziende, in Trentino-Alto Adige il 4,8%. Per Fabrizio Vigo, fondatore e ceo di Sevendata, queste ragioni sono verosimilmente «caratterizzate da qualche elemento di welfare industriale maggiore rispetto alle altre», e riescono quindi «ad assorbire meglio gli impatti dell’attuale crisi». Dall’altro lato della graduatoria le regioni con più aziende a rischio sono Lazio (10,5%), Campania (9%), Calabria (9%) e, un po’ a sorpresa, la Lombardia (8,5%). La maggiore incidenza di imprese a rischio però, sottolinea Vigo, «non testimonia necessariamente una criticità del tessuto economico o imprenditoriale», ma dipende «principalmente dall’articolazione settoriale dei territori e dalla loro esposizione alla concorrenza, anche internazionale». Lo studio allarga inoltre l’analisi regionale ad altri parametri. Guardando alla presenza delle imprese a rischio di business per i costi energetici i valori si ribaltano. Il Lazio è la regione più solida (1,6% di realtà a rischio), seguita da Liguria (2%) e dalle due isole, Sardegna e Sicilia, entrambe al 2,1%. Male ancora una volta la Lombardia, dove la percentuale sale al 4,3%, cioè 1,17 punti più della media. Un altro parametro è il rischio export, vale a dire la possibilità del venire meno di mercati di sbocco a causa della guerra in Ucraina. In Calabria questo pericolo è pressoché assente (0,03%), mentre Lombardia (6,8%), Veneto (7,4%) e Toscana (9,1%) sono le tre regioni in cui l’incidenza è maggiore.
Infine, un ultimo focus classifica le regioni in base alla combinazione di rating (solvibilità a 12 mesi), rischio di business per i costi energetici ed export, e quota di consumi energetici da fonti rinnovabili. L’analisi di Sevendata identifica un’alta correlazione tra elevata incidenza della quota di consumi da rinnovabili e un basso livello di indicatori di rischio, energetico e non solo. In cima al ranking spiccano Valle d’Aosta (52,1%), la provincia di Bolzano (36,5%) e quella di Trento (35,5%). Non a caso, proprio le aree a statuto speciale in cui c’è un minore rischio di solvibilità o default. (riproduzione riservata)
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