Nel 2021 l’età media di pensionamento è stata di 64,3 anni. Più bassa per gli uomini (64,1) che per le donne (64,6). Un sistema caratterizzato dalle numerose deroghe all’età legale di pensionamento approvate dagli ultimi governi, che hanno portato a 61,6 anni l’età necessaria per la pensione di anzianità. È il quadro tracciato nel decimo rapporto di Itinerari previdenziali, il centro studi diretto da Alberto Brambilla. «Una vera e propria giungla pensionistica, che ha prodotto un abbassamento dell’età effettiva di pensionamento di cui spesso non si tiene conto nel dibattito sui requisiti pensionistici e nelle conseguenti scelte politiche», il pensiero di Brambilla.
Il report si basa su dati Inps. In merito alla pensione di vecchiaia (senza deroghe), nel 2021 l’età media effettiva di pensionamento è stata di 67,3 anni, «quindi oltre l’età legale di 67 anni». Nel 1997 era di 63 anni per gli uomini e di 58 per le donne (settore privato). Differenti i numeri relativi alla cosiddetta «pensione di anzianità», che «per effetto dei diversi canali di uscita anticipata introdotti si è costantemente ridotta». Nel 2021 si è attestata a 61,8 anni per gli uomini (era di 62,5 nel 2019 e 61,9 nel 2020) e resta a 61,3 anni per le donne (era di 62,4 nel 2019 e 61,3 nel 2020); nella media maschi – femmine, l’età effettiva della pensione anticipata diminuisce ancora a 61,6 anni, era 62,2 anni nel 2019 e 61,7 nel 2020; senza deroghe l’età di uscita anticipata sarebbe stata ben maggiore.
«Se si considera il complesso della vecchiaia si osserva che nel 2021 l’età media effettiva del pensionamento è di 64,3 anni», specifica Brambilla. Nel calcolo di tale età media ponderata per genere, come detto, pesa di più l’età degli uomini, pari a 64,1 anni, che quella delle donne di 64,6 anni.
«Non è in discussione aiutare chi ha meno, che è il fine di ogni welfare state, ma occorre tutelare chi è onesto e scovare chi evade. Vanno incrociate le banche dati degli enti pubblici e verificare come mai ci risultano soltanto 5 milioni di contribuenti (pensionati compresi) che dichiarano più di 35mila euro lordi l’anno e che restano praticamente soli a pagare il welfare di tutti», il pensiero di Stefano Cizzulla, presidente Cida.
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