Marco Capponi
Nel forziere del private banking ci sono una maggiore penetrazione geografica, un modello organizzativo che si avvicina a quello dei family office, un ricambio generazionale che riguarda consulenti e clientela, un’evoluzione dei prodotti verso gli asset digitali e un’asset allocation che tiene conto di un contesto di mercato il cui paradigma sta cambiando radicalmente. Il risultato di questa alchimia, quantificato in numeri, dovrebbe essere di 1.084 miliardi di euro. A tanto potrebbero ammontare, secondo le previsioni dell’associazione di categoria Aipb, le masse dell’industria del private banking nel 2024. Non si tratterebbe in realtà di una prima volta: l’obiettivo dei 1.000 miliardi è già stato centrato a fine 2021, quando l’industria chiuse l’anno a quota 1.037. Il crollo dei mercati in atto lo scorso anno ha tuttavia riportato il patrimonio del private banking, che include clienti con almeno 500 mila euro di patrimonio investibile, sotto i 949 miliardi, anche se rispetto alla data di dicembre 2020 (932 miliardi), presa come parametro, la raccolta è stata positiva del 6%, più che compensando il -5% di effetto mercato.
Il private banking è ormai un’industria consolidata, cresciuta dal 2007 con un tasso di crescita composito annuo del 6,6%, che si confronta con il +1,4% della ricchezza italiana e con il -0,3% del pil del Paese. Quali sono i prossimi passi? MF-Milano Finanza ha consultato in esclusiva uno spaccato inedito del rapporto Analisi e prospettive del mercato potenziale del private banking nel territorio italiano di Aipb, dal quale emerge che, a fine 2022, la ricchezza delle famiglie benestanti valeva circa 1.250 miliardi di euro, con una flessione annua del 2,5%, e anche il numero di famiglie con patrimoni superiori a 500 mila euro è stimato in calo di 1.500 unità.
A livello geografico, «nel Nord del Paese si concentra il 70% della ricchezza, dato costante a partire dal 2011», commenta Andrea Ragaini (Banca Generali), presidente di Aipb. Lombardia (31%), Emilia-Romagna (11%) e Veneto (11%) sono le regioni a più alta concentrazione (grafico a sinistra). Considerando però il presidio dell’industria sul suo mercato potenziale, «questo è cresciuto in tutto il Paese, raggiungendo il 57% al Nord dal 50% del 2011 e il 44% al Centro-Sud dal 40%». Quello che ora i consulenti sono chiamati a fare, evidenzia il numero uno dell’associazione, è comprende le differenze tra aree geografiche, visto che «al Meridione le famiglie appaiono ancora meno pronte a ricevere una consulenza che operi su più dimensioni, a favore delle componenti più tradizionali del servizio».
L’osservatorio di Aipb ha mostrato al contempo che le preoccupazioni più forti delle famiglie sono rivolte verso le conseguenze economiche e sociali della guerra e in generale delle nuove tensioni geopolitiche e sul rischio di crescita dell’inflazione. La parola d’ordine è proteggere i patrimoni, e in questo risiede l’evoluzione del modello di servizio privato, che somiglia sempre più a quello a tutto tondo dei family office. In numeri parlano da sé: ormai il 50% del tempo durante gli incontri tra clienti e consulenti viene dedicato ad argomenti extra-portafoglio. «Il modello», spiega Ragaini, «dovrà dotarsi di tutti gli strumenti utili per allargare il concetto di protezione dal portafoglio finanziario all’intero patrimonio e alle persone».
Altra sfida da vincere è quella per il ricambio generazionale. Se da un lato negli ultimi 10 anni l’età media dei consulenti è cresciuta da 47 a 50 anni, e solo il 13% del totale (21% nel 2012) ha meno di 40 anni, dall’altro lato i clienti under 44 detengono appena il 9% della ricchezza. Attenzione però: «Nei prossimi 10 anni», fa notare Ragaini, «circa 330 miliardi di asset saranno oggetto di passaggio generazionale, ricchezza oggi in mano agli over 75». Trovare le leve per vincere la sfida del ricambio, in buona sostanza, «permetterà alla nostra industria di proseguire il suo percorso di crescita, e allo stesso tempo assicurerà protezione e sviluppo della ricchezza delle nuove generazioni», argomenta il presidente dell’associazione.
L’ingresso delle nuove generazioni impone anche all’industria di ripensare gli investimenti, in particolare verso i prodotti alternativi. Tanto più che, all’ultima rilevazione, il 9% delle famiglie del Nord Ovest e addirittura l’11% di quelle del Nord Est dichiara di detenere criptovalute, più di quante investano in private equity o green bond (grafico a destra). In questo senso il private banking non sta negando il fenomeno della blockchain, ma sta cercando di cambiare il paradigma, spingendo sui digital asset. «Sono la prossima evoluzione dei mercati finanziari», chiosa Ragaini, «non una moda, ma un trend di lungo termine la cui tecnologia genererà nuove opportunità sia come offerta per la clientela sia nei processi operativi e organizzativi interni della banca». Il numero uno dell’associazione vede con particolare interesse «gli asset-backed token, cioè token digitali che rappresentano un diritto su un sottostante reale, come un’azione o un fondo d’investimento: un processo che avrà consistenti impatti sulla liquidità stessa del prodotto sottostante, eliminando efficienza e opacità». Aipb vede «una crescita del peso degli asset digitali dell’1% nei portafogli privati nei prossimi cinque anni».
Ma a livello di asset allocation, in che direzione stanno andando le scelte della clientela private? Per Ragaini, in un contesto di guerra, inflazione e possibile perdita di potere d’acquisto futuro, i clienti «a livello finanziario chiedono la sicurezza di non perdere capitale». In tal senso gli operatori si stanno concentrando su «strategie alternative, e quindi mercati privati, oltre che su un ribilanciamento dei portafogli verso il comparto obbligazionario, favorito dai tassi di riferimento in crescita».
Più controverse le aspettative sulla liquidità: da una parte «le tensioni inflazionistiche spingono a diminuirne il peso»; dall’altra, tuttavia, «è possibile che in un momento di tensione sui mercati aumenti, anche se solo temporaneamente, la quota di liquidità in portafoglio, nell’attesa di migliori opportunità di investimento», conclude il presidente. (riproduzione riservata)
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