di Andrea Pira
Nei corridoi del Palazzo delle finanze, sede del ministero dell’Economia, si parla della più grande truffa delle storia della Repubblica. Da qui la necessità di una stretta per mettere fine alla infinita catena di plurime cessioni dei crediti fiscali derivanti dai bonus edilizi, decisa dal governo nonostante le proteste del mondo economico. Il nodo sono i rischi per le partecipate. Poste avrebbe circa un miliardo di crediti bloccati dall’autorità giudiziarie e svariati miliardi in fase di verifica, che complicano la stesura del bilancio. Per la Cassa depositi e prestiti si parla invece di qualche centinaio di milioni congelati. Entrambe ovviamente sono parte lesa.
Nel mezzo delle trattative dei partiti per eleggere il successore di Sergio Mattarella al Colle, lo schema dei bonus edilizi e della cessione dei crediti, già messa sotto la lente di Eurostat, ritorna quindi a far discutere.
Anche dopo l’introduzione con il decreto anti-frodi di novembre della possibilità per l’Agenzia delle entrate di sospendere per 30 giorni la cessione del credito o lo sconto in fattura qualora emergano profili di rischio, il problema di fondo è la difficoltà delle verifiche a ritroso seguendo la catena di passaggi di crediti, in un sistema che di fatto ha generato una sorta di moneta virtuale e di fatto un business.
A fine dicembre, nel mezzo delle trattative per prorogare in legge di Bilancio le norme sul Superbonus, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, aveva quantificato in 4 miliardi le truffe legate ai diversi incentivi edilizi, tra Superbonus 110%, facciate e locazioni. Il sistema era stato alimentato anche dal fatto che a rispondere di eventuali crediti fasulli non sarebbe stato chi lo aveva acquistato. L’Agenzia avrebbe recuperato il credito da chi lo ha ceduto, fatta eccezione per i casi di «concorso» in truffa. Nei casi d’intervento dell’autorità giudiziaria tuttavia il credito diventa anche corpo di reato e per questo bloccato.
Per arginare il fenomeno l’ultimo decreto Sostegni andato in Gazzetta Ufficiale giovedì 27 gennaio, limita nei fatti la cessione a un solo passaggio.
Nella pratica, il beneficiario della detrazione potrà cedere il credito ad altri soggetti, banche e intermediari finanziari, ma questi non potranno rivenderlo a loro volta. Anche le imprese che praticano lo sconto in fattura potranno recuperare lo sconto sotto forma di credito d’imposta e cederlo una sola volta ad altri, che però non lo potranno più rivendere a loro volta. Una terza norma prevede infine che i crediti già ceduti, ma non ancora inseriti nella piattaforma dell’Agenzia delle entrate entro il prossimo 7 dicembre possano essere ceduti un’altra volta.
Paletti contestati sia dall’Abi sia dall’Ance. L’associazione delle banche paventa «effetti sostanzialmente retroattivi, che creano incertezza anche sui contratti già stipulati». I costruttori parlano invece di possibili blocchi dei cantieri. Anche il Parlamento si muove. «Siamo stupiti e delusi dal governo che ha pubblicato il decreto Sostegni ter con la norma che stoppa la cessione del credito», ha commentato il presidente della commissione Attività produttive, Martina Nardi, nell’auspicare modifiche in Senato dove il dl muoverà i primi passi. Il sistema del superbonus e della cessione dei crediti edilizi ha creato una sorta di metaverso nel quale ciò che viene verificato sulla carta non lo è sul campo, spiega a MF-Milano Finanza, Fabrizio Capaccioli, amministratore delegato di Asacert «È necessario attivare un servizio di ispezioni in loco, fatto da organismi accreditati, che su mandato dato del concessionario che acquisisce il credito, verifica e controlla l’esistenza e la coerenza di quanto prodotto dal sistema degli asseveratori, progettisti verificatori fiscali», aggiunge. «Dopo l’introduzione del principio di responsabilità sia del cessionario sia del cedente continuiamo a ricevere richieste di verifica puntale sull’operatività delle aziende e sull’esistenza del credito». Per Capaccioli esiste «sicuramente» un eccesso di lavoro da svolgere in un tempo breve, che mette in difficoltà la capacità delle imprese di far fronte alla richieste. «Questo genera distorsioni. Una è la creazione di ditte non specializzate: stiamo assistendo a un moltiplicarsi d’esperti di cappotti termici, quando un anno fa erano un decimo di quelle odierne. C’è poi il nodo degli impegni che non si riesco a soddisfare». Altro nodo da affrontare, secondo Capaccioli, è la coerenza del prezzario. «Servirebbe una valorizzazione dei costi sulla base dei prezzi di mercato». Tra le altre soluzioni indicate c’è l’ipotesi di permettere la cessione ad aziende certificate e accreditate Soa. (riproduzione riservata)
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