Il Decreto legge «Sostegni-ter» vieta di cedere più volte i crediti fiscali relativi alle detrazioni edilizie né quelli relativi ai bonus anti Covid. E questi limiti, imposti alle banche ridurrebbero drasticamente il mercato, a danno degli operatori sani.
Ma è possibile che arrivi una sorpresa favorevole proprio da chi non te l’aspetti. L’M5S ha reso nota l’intenzione di presentare un emendamento al Decreto Sostegni-ter volto a eliminare i limiti alle cessioni successive alla prima dei crediti d’imposta derivanti dal Superbonus 110%.
Questa limitazione riguardava, nel testo del governo, la capacità di acquisto da parte degli Istituti di credito alle esigenze proprie di bilancio fiscale, non potendo successivamente cederli. Tutta l’Italia è tornata a mettere ponteggi ai propri condomini, basta girare in una qualsiasi città per constatarlo. E’ evidente che una norma così generosa debba avere un regime di controlli stringente per contrastare le frodi nel settore delle agevolazioni economiche: ma se ogni dieci giorni si presenta una modifica, alla fine gli interessati onesti gettano la spugna, mentre i manigoldi continuano impeterriti.
Al decreto «Antifrodi» (Decreto legge 11 novembre 2021 n. 157) e alla legge di bilancio per il 2022, è seguito il Decreto legge «Sostegni-ter», di venerdì 21 gennaio che interviene ancora sui bonus fiscali, precisando che non sarà possibile cedere più volte i crediti fiscali relativi alle detrazioni edilizie (art. 121 Decreto legge 34/2020) né quelli relativi ai bonus anti Covid (art. 122 Decreto legge 34/2020).
Stessa sorte è prevista per lo sconto in fattura: potrà essere ceduto all’impresa che realizza i lavori, o agli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, ma senza facoltà di successiva cessione.
Queste nuove misure di contrasto alle frodi, se confermate nel testo definitivo, avranno un effetto dirompente sull’economia delle imprese. Porre dei limiti alla libera circolazione dei crediti d’imposta, dopo che l’intera operazione Superbonus 110% è stata costruita su questa particolarità, significa sottrarre alle imprese cessionarie le opportunità di successive monetizzazioni, con inevitabili conseguenze per il loro equilibrio finanziario.
È vero, d’altra parte che l’intervento raggiungerebbe lo scopo di avere una tracciabilità del credito, ma bloccherebbe l’operatività delle filiere sane, poiché gli intermediari finanziari stessi sarebbero limitati ad acquistare soltanto una quantità di crediti necessari alle loro specifiche esigenze e non anche quantità maggiori che avrebbero potuto poi cedere ad altri utilizzatori finali. Addirittura, per come è scritto il testo della modifica in bozza, non sarebbe permesso agli istituti di credito neppure l’utilizzo/cessione all’interno del perimetro del proprio gruppo bancario di appartenenza, poiché i codici fiscali sarebbero per l’appunto diversi.A questo punto, meglio obbligare per legge la cessione, anche la prima cessione, disponendo che essa possa essere operata soltanto attraverso intermediari finanziari vigilati, così da monitorare il percorso del credito dall’origine all’utilizzatore finale ma senza limitarne le ulteriori cessioni.
In altri termini, l’utilizzatore finale del credito in compensazione potrebbe acquistarlo soltanto da un intermediario vigilato dalla Banca d’Italia, ivi comprese le società di cartolarizzazione costituite ai sensi della Legge 130/99.
Così agendo, si eviterebbero anche le possibili frodi da «prima cessione», in quanto nessun operatore economico potrebbe cedere un credito inesistente a un altro soggetto fiscale capiente per un (indebito) utilizzo in compensazione. Tale ipotesi, infatti, non sarebbe evitata dalla norma così come riscritta dal testo riportato nella bozza del Decreto legge «Sostegni-ter». (riproduzione riservata)
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