Paola Valentini
Il conto in bolletta è arrivato. Le famiglie italiane iniziano in questi giorni a realizzare quanto devono pagare in più per i rincari del gas di questi ultimi mesi. Aumenti che possono arrivare al +200% per i mesi invernali. I venti di guerra che spirano da Mosca verso Kiev hanno portato i mercati sulle montagne russe, facendo balzare alle stelle i prezzi dell’energia con quota 100 dollari per il petrolio che non è lontana. Intanto da un’indagine condotta da Rbc Am tra 500 gestori e consulenti europei, di cui 103 italiani, emerge che per il 97% degli italiani (93% a livello europeo) i megatrend giocheranno un ruolo fondamentale nella gestione dei loro portafogli nei prossimi 3-5 anni. In particolare, il 77% (66% il dato europeo) si aspetta che il trend di lungo periodo più promettente riguardi il cambiamento climatico e la scarsità delle risorse. Non a caso è in atto un boom di lanci di nuovi fondi comuni, anticipando le attese di una prossima ondata di start-up verdi. Ma come emerge dalle tabelle in queste pagine (dati Fida), in questo inizio d’anno i rendimenti dei fondi esposti ai temi del cambiamento climatico e della lotta al carbone hanno sofferto, al contrario degli strumenti che investono sulle energie tradizionali, a partire dal petrolio, anche se allungando l’orizzonte temporale le performance sono di gran lunga migliori soprattutto per i comparti legati ai temi climatici. In una fase in cui l’attenzione sui temi legati alla transizione energetica è alta, viene quindi da chiedersi se questo sia il momento giusto per investire sui fondi esposti ai temi del cambiamento climatico e della lotta al carbone.
«I rialzi registrati dai prezzi delle materie prime energetiche, la fiammata dell’inflazione che negli Usa si è portata al 7%, sui massimi degli ultimi 40 anni, e la crisi al confine ucraino hanno aumentato la volatilità dei listini e avviato un’inevitabile rotazione settoriale», spiega Massimiliano Comità, gestore di Aism Luxembourg, «chi si avvantaggia del caro petrolio e gas sono le compagnie nel settore coinvolte nel processo di esplorazione, estrazione e produzione». Le nuove tecnologie legate alle rinnovabili rendono di fatto le compagnie di questa industria delle growth stock, al pari dei titoli tecnologici, quindi sofferenti di fronte al previsto aumento dei tassi Usa.
«Le società che operano nel settore delle energie rinnovabili, come il solare, l’eolico e dell’idrogeno, sono penalizzate dai crescenti prezzi delle materie prime e dai possibili aumenti dei tassi. Basta osservare i ribassi che si sono registrati di recente, rispetto ai forti rialzi del 2020», aggiunge Comità. Per Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, «tale fase potrebbe però rivelarsi non necessariamente lunga se tra qualche trimestre l’inflazione limerà almeno i picchi e, contestualmente, la crescita rallenterà». Non vanno inoltre dimenticati i rischi regolatori «con il recente caso spagnolo che per primo ha avanzato l’ipotesi di modificare il meccanismo dei prezzi legandoli al costo marginale ed erodendo buona parte degli extra profitti che ne deriverebbero. Anche in Italia, il ministro Cingolani sta pensando a metodi di limitazione del costo della bolletta elettrica a discapito di incentivi sulle rinnovabili», spiega Comità. Angelo Meda, responsabile azionario di Banor Sim ricorda che il 14 luglio 2021 l’Ue ha presentato il piano Fit for 55, chiamato anche Green Deal, con le proposte legislative per raggiungere entro il 2030 la riduzione delle emissioni di gas a serra del 55% rispetto al 1990, con l’obiettivo di arrivare alla carbon neutrality per il 2050. «Tale annuncio aveva spinto al rialzo le azioni delle società esposte alla transizione energetica e alle energie rinnovabili, confermando i tassi di crescita attesi per il futuro e la volontà politico-istituzionale di accelerare la lotta al cambiamento climatico. Solo sei mesi dopo ci troviamo in una situazione rovesciata: da allora i titoli legati all’energia rinnovabile hanno perso, in media, oltre il 30%, mentre le società petrolifere e i produttori di carbone hanno registrato rialzi a doppia cifra», dice Meda. Significa che il vento è cambiato? «Assolutamente no: le stime sono sempre per un settore della transizione energetica che dovrà crescere a doppia cifra per la prossima decade per avvicinarsi agli obiettivi. Dobbiamo però realizzare che la transizione non è un passaggio che si fa scollegando un filo e collegandone un altro, ma richiede tempo e tecnologie adatte per assicurarne un passaggio indolore. Se a tutto ciò aggiungiamo le tensioni in Ucraina, da dove passa circa il 20% del gas diretto in Europa dalla Russia, dobbiamo prepararci lunghi periodi di volatilità dei prezzi energetici, cosa che stiamo già vivendo in questo 2022», spiega Meda. Dal punto di vista azionario, dobbiamo quindi «tenere presente dei rischi della transizione energetica da entrambi i lati: al rialzo nei termini di un maggior costo energetico in questi anni di volatilità; al ribasso tenendo presente che i combustibili fossili sono comunque destinati a veder ridotto il loro peso nel mix energetico», commenta Meda. Resta quindi fondamentale continuare a perpetuare il processo di transizione energetica e, quindi, «ad osservare tutte le aziende che rientrano in tale ambito con grande attenzione ed interesse: «il lungo termine le premierà senz’altro», prevede Comità. Concorda Giovanni Buffa, gestore di AcomeA sgr: «Il perdurare di elevati prezzi del petrolio e del gas incentiverebbero però nel lungo periodo un’adozione più rapida di energie rinnovabile ma questo chiaramente è un tema che richiede più tempo».
Secondo Andrea Scauri, money manager di Lemanik, «una crisi in Ucraina aumenterebbe ancora di più il deficit non solo di carbone disponibile, ma anche di gas che arriva dai gasdotti dell’est Europa, rendendo ancora più caro il conto energetico per le aziende che devono sostituire tali materie prime con altre fonti energetiche, su cui vi è già un deficit produttivo. Un esempio è l’industria del cemento, altamente energivora ed inquinante in termini di emissioni. Uno dei settori maggiormente beneficiari potrebbe essere l’oil o, in alternativa, titoli con la tedesca Rwe, considerando anche il fatto che per la Germania i costi di transizione verranno interamente assorbiti dai flussi a fondo perduti provenienti dall’Ue». Sul portafoglio, quali conseguenze aspettarsi? «Certamente ci saranno impatti sulle aziende collegate al trend dell’energy transition, come batterie al litio e veicoli elettrici», osserva Filippo Lanza, alla guida del fondo HI Numen Credit Fund, Hedge Invest Sgr.
Romain Miginiac, responsabile del fondo Gam Sustainable Climate Bond, evidenzia che le tensioni geo-politiche «mostrano l’importanza di avere il controllo sull’approvvigionamento energetico del continente. L’energia rinnovabile ha un ruolo importante da svolgere all’interno di questa tematica, e questo agisce come catalizzatore per rafforzare l’attuale tendenza di un significativo incremento dell’installazione di capacità rinnovabile eolica e solare». Nonostante queste difficoltà il mercato del risparmio gestito resta molto attivo come dimostrano casi di Schroders, Blackrock e Jp Morgan, solo per citare gli ultimi esempi di società che hanno lanciato nuovi fondi ad hoc. «Vediamo una crescente domanda di fondi d’investimento che puntano a investire nelle società che guidano la transizione verso un mondo a minor intensità di carbonio», commenta Andy Howard, global head of sustainable investment di Schroders che a fine 2021 ha avviato il Global Climate Leaders. Blackrock ha appena lanciato i comparti Bgf Climate Action Multi-Asset Fund e Bgf Climate Action Equity sui temi climatici che dovrebbero beneficiare della transizione verso un’economia a basse emissioni di gas serra e verso emissioni di carbonio net zero. «Gli investitori stanno cercando, in maniera crescente, di allineare i loro obiettivi di investimento con le priorità legate al tema del cambiamento climatico, un equilibrio che può rivelarsi molto complesso e che creerà delle sfide su molti livelli», riconosce Rupert Harrison, gestore multi-asset di Blackrock. (riproduzione riservata)
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