Aidc-Milano, Asla, Iuss Pavia: va riconsiderata la responsabilità civile degli organi di controllo a tutela della società
di Nicola Carosielli
Alla luce del nuovo Codice della crisi d’impresa, viene da chiedersi se le tecniche di gestione del rischio di insolvenza delle imprese italiane e l’attuale sistema normativo riguardo le regole in tema responsabilità degli organi di controllo siano o meno efficienti. A questo tema hanno cercato di rispondere l’Associazione Italiana Dottori Commercialisti (Aidc-Milano), l’Associazione studi legali associati (Asla) e il gruppo di ricerca di Scienze giuridiche della Scuola universitaria superiore Iuss Pavia nel position paper «Insolvenza delle imprese e responsabilità degli organi di controllo: un approccio analitico risk-based», che sarà presentato l’11 gennaio, visionato in anteprima da MF-Milano Finanza e al quale hanno collaborato Luciano Castelli, equity partner presso Lca Studio Legale, Edoardo Ginevra dell’Aidc-Milano e Alberto Monti professore Iuss Pavia. In particolare, secondo lo studio, il nuovo Codice della crisi d’impresa prova ad anticipare quanto più possibile l’emersione dello stato di crisi così da poter adottare le opportune misure correttive, di mitigazione e di prevenzione, prevedendo conseguenti specifici obblighi in capo non solo agli organi di gestione ma anche agli organi di controllo, ai revisori contabili e alle società di revisione. A questi non si richiede più un semplice monitoraggio dell’andamento economico e del suo impatto sul patrimonio netto, ma sono chiamati a monitorare nel continuo gli indicatori d’insolvenza sia valutando preliminarmente l’adeguatezza degli assetti amministrativi e contabili sia attivandosi immediatamente al manifestarsi dei primi segnali di crisi d’impresa, così da poter preservare costantemente il presupposto della continuità aziendale. Ma, notano gli esperti, «l’estensione e la valorizzazione dei compiti loro attribuiti si accompagnano, inevitabilmente, a un ampliamento delle condotte rilevanti ai fini del giudizio di responsabilità di sindaci e revisori». Perciò il meccanismo pensato dal legislatore «potrà funzionare adeguatamente nella misura in cui il sistema di allerta e il tempestivo ricorso ai rimedi per la gestione delle fasi incipienti della crisi saranno presidiati da figure professionali altamente qualificate e competenti, sicché assume rilievo centrale la loro opportuna selezione e incentivazione».
Nello scenario attuale, però, caratterizzato da remunerazioni sostanzialmente inadeguate e da rischi di responsabilità illimitati, «è concreto il pericolo che la disponibilità ad assumere ruoli chiave per il monitoraggio e per la prevenzione della crisi e dell’insolvenza delle imprese italiane sia manifestata in larga misura da soggetti carenti delle necessarie qualità» sottolinea il paper. Ed è a tal proposito che per il gruppo di lavoro è «urgente a livello legislativo assumere iniziative complementari con l’obiettivo di garantire piena efficacia agli strumenti normativi di recente introduzione». In tal senso, dunque, si ritiene prioritaria «un’attenta riconsiderazione del regime di responsabilità civile di sindaci e revisori, anche alla luce delle esperienze maturate in altri ordinamenti giuridici», come quello tedesco. L’attuale sistema risarcitorio italiano, fondato sul principio della responsabilità illimitata di sindaci e revisori, «non solo non fornisce un corretto quadro di incentivazione affinché i professionisti più qualificati siano indotti ad assumere ruoli chiave nella gestione del rischio di insolvenza delle imprese, ma non risulta neppure tutelante per i danneggiati, le cui aspettative di compensazione vengono sistematicamente deluse dall’insufficienza patrimoniale dei responsabili», sostengono gli esperti. Quindi, «ferma la responsabilità solidale dei sindaci con quella degli amministratori per i danni da quest’ultimi cagionati al patrimonio sociale e/o a terzi», per il gruppo di lavoro «è necessario contrastare la tendenza a estendere l’istituto della solidarietà oltre i confini che le sono propri». I sindaci e i revisori dovrebbero quindi «essere ritenuti responsabili esclusivamente dei danni che sono diretta conseguenza della loro condotta individualmente considerata e sempre e solo nel limite del proprio contributo effettivo». Per questo sarebbe necessaria una modifica del comma II dell’art 2407 cc per i sindaci e del comma I dell’art 15 dLgs 39/2010 per i revisori. (riproduzione riservata)
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