GIURISPRUDENZA

Autore:  Marco Rossetti
ASSINEWS 337 –gennaio 2022

La Corte di Cassazione ritorna sui suoi (ormai remoti) passi: l’accettazione senza riserva d’un premio tardivamente pagato non comporta l’indennizzabilità del sinistro avvenuto durante la scopertura assicurativa (con un sospiro di sollievo per gli intermediari)

1.Premessa
Ammoniva Seneca che chi non si preoccupa dei rischi ne aggrava la forza; chi li prevede, invece, li disarma (De tranquillitate animi, XI, 12): è un monito che andrebbe ricordato a quanti lasciano scadere negligentemente la rata di premio assicurativo e poi, avveratosi un sinistro oltre lo spirare del termine di grazia di cui all’art. 1901 c.c., si precipitano dall’agente a pagare l’arretrato, vanamente sperando che quel pagamento possa, ora per allora, estendere la copertura assicurativa all’ormai irrimediabile periodo di scopertura.

Ed infatti il pagamento delle rate di premio (frazionato) successive alla prima, se avvenuto dopo il 15° giorno dalla scadenza del termine di pagamento, riattiva il contratto con effetto ex nunc, non ex tunc: pertanto, i sinistri eventualmente avvenuti dopo lo spirare del termine di grazia, ma prima del pagamento tardivo, non sono in copertura.
Lo ha stabilito – o meglio, ribadito – la Corte di Cassazione con la recente ordinanza 3.12.2021 n. 38216, avente ad oggetto un caso in cui l’assicurato (con polizza incendio) ebbe la sventura di vedere il proprio immobile attinto dalle fiamme il 18° successivo alla scadenza del termine per il pagamento della rata di premio frazionato.

Dopo il sinistro pagò la rata di premio insoluta, e il pagamento venne accettato senza riserve dall’agente. L’assicuratore, richiesto del pagamento dell’indennizzo, lo rifiutò invocando il disposto dell’art. 1901 c.c., ed insorta la controversia giudiziaria, si vide dar ragione dal giudice di merito.
L’assicurato tuttavia impugnò per Cassazione la decisione di merito, sostenendo che l’accettazione del premio senza riserve da parte dell’assicurato costituiva una tacita rinuncia ad eccepire la sospensione dell’efficacia del contratto, prevista dall’articolo 1901 c.c..

Con l’ordinanza sopra ricordata la Corte di Cassazione ha ritenuto infondata la pretesa dell’assicurato in punto di diritto: ma non sempre, in passato, il giudice di legittimità si era orientato in questo modo.
L’occasione torna dunque acconcia per ricordare i termini d’una questione assai frequente nella pratica, e spesso foriera di controversie dapprima tra assicurato ed assicuratore, e poi tra quest’ultimo e l’intermediario.

2. L’ar t. 1901 c.c.
Il mancato pagamento del premio nelle assicurazioni contro i danni1 può riverberare effetti sull’efficacia del contratto, provocandone:
(a) la sospensione;
(b) la risoluzione (art. 1901 c.c.). L’art. 1901 c.c. stabilisce che se non è pagato il premio unico o la prima rata di premio, l’efficacia del contratto è sospesa.

Se, invece, non è pagata una rata successiva, il contratto produce i suoi effetti soltanto per i 15 giorni successivi alla scadenza del termine di pagamento, dopodiché resta sospeso sino alle ore 24 del giorno in cui avviene il pagamento.
Se, dopo tale momento, si verifica un sinistro, l’assicuratore non è tenuto all’indennizzo, mentre l’assicurato resta obbligato al pagamento del premio.

La norma trova applicazione a prescindere dal fatto che il pagamento “successivo al primo” abbia ad oggetto un premio intero od una rata di esso: dunque la proroga legale trova applicazione anche nel caso in cui non sia pagata la seconda rata del primo premio, ovvero di un premio unico2.
La giurisprudenza ha esteso in via interpretativa la lettera della legge, ammettendo che la proroga automatica di 15 giorni della copertura, prevista dall’art. 1901 c.c., si applichi anche quando il contratto contenga una clausola di rinnovo automatico, e l’assicurato ometta di versare il (primo) premio del contratto automaticamente rinnovato3.

Una volta decorso il termine di 15 giorni dalla scadenza del termine di pagamento del premio, senza che questo sia avvenuto, come già detto l’efficacia del contratto di assicurazione resta sospesa.
A questo punto il rapporto contrattuale non può avere che due sbocchi obbligati: o la riattivazione, ovvero la risoluzione del contratto.

Il contratto viene riattivato se l’assicurato paga il premio rimasto insoluto, gli interessi moratori e le eventuali spese di lite sostenute dall’assicuratore per recuperare il premio4.
In questo caso, il rapporto si riattiva ex nunc, con decorrenza dalle ore 24.00 del giorno in cui il pagamento viene effettuato5, e quindi restano non indennizzabili i sinistri verificatisi durante la fase di sospensione.

Il contratto invece si risolve se l’assicuratore non agisce per la riscossione del premio entro sei mesi dalla scadenza del termine di pagamento.

3. Rinunciabilità?
Secondo un’opinione diffusa e risalente la sospensione dell’efficacia del contratto ex art. 1901 c.c., per effetto del mancato pagamento del premio, sarebbe rinunciabile da parte dell’assicuratore.
Si sostiene a tal riguardo che la sospensione dell’efficacia del contratto è prevista dalla legge a “esclusivo vantaggio” dell’assicuratore, che perciò può scegliere di non avvalersene6.

Una volta ammesso che gli effetti della sospensione del contratto di cui all’art. 1901 c.c. sono rinunciabili da parte dell’assicuratore, sorge il problema di stabilire in che modo debba manifestarsi questa rinuncia: se possa essere implicita, e se l’accettazione tacita del premio senza riserve costituisca una rinuncia implicita ad avvalersi della sospensione dell’efficacia del contratto ex art. 1901 c.c.

Il mondo del diritto, si sa, ha in comune con la fisica il principio inerziale: sicché, una volta commesso l’errore di ritenere rinunciabili gli effetti della sospensione ex art. 1901 c.c., ci si è messi su un piano inclinato, e rotolando verso il basso si è finito per commettere ulteriori e più gravi errori, sino a pervenire all’autentica assurdità di sostenere che l’assicuratore il cui agente accetti il pagamento di un premio tardivo senza riserve sia per ciò solo e ipso facto obbligato ad indennizzare il sinistro verificatosi nel periodo di sospensione del contratto.

Per provare a spiegare perché mai queste affermazioni siano erronee, è opportuno partire dal primo problema: se sia rinunciabile, da parte dell’assicuratore, la sospensione ex articolo 1901 c.c.; chiarito questo punto, passeremo comunque ad esaminare – per chi ne ammette la possibilità – in che modo debba manifestarsi la volontà di rinunciare alla sospensione del contratto.
Che gli effetti della sospensione del contratto ex articolo 1901 c.c. possano essere rinunciati dall’assicuratore a sua discrezione è una di quelle affermazioni che, ripetute tante volte come mantra, finiscono per essere reputate vere, senza che abbiano alcun serio fondamento, o almeno senza che di tale fondamento si sia indagato con la necessaria attenzione il costrutto.

Secondo questa opinione, la sospensione degli effetti del contratto di cui l’assicurato non abbia pagato il premio entro 15 giorni dalla scadenza, prevista dall’articolo 1901 c.c., sarebbe rinunciabile dall’assicuratore perché stabilita dalla legge “a suo esclusivo vantaggio” (Cass. 5572/82, cit.).
Questa affermazione, a parere di chi scrive, è poco meditata.

L’operazione assicurativa, dal punto di vista economico, è caratterizzata dalla inversione del ciclo produttivo: i premi debbono essere riscossi ex ante, perché parte di essi è destinata a costituire le riserve sinistri, necessarie all’assicuratore per adempiere le proprie obbligazioni nei confronti della massa degli assicurati.
Il contratto per il quale non sia stato pagato il premio, pertanto, perde efficacia per una ragione economica prima ancora che giuridica.

L’assicuratore, infatti, non avendo percepito il premio per quel rischio, non ha potuto precostituire le riserve necessarie per far fronte non a quel sinistro che dovesse riguardare quel contratto, ma alla intera massa dei sinistri che possano interessare la massa degli assicurati.
La sospensione dell’efficacia del contratto prevista dall’articolo 1901 c.c., in definitiva, non è che il contraltare del principio di inversione del ciclo produttivo.

Se così è, la sospensione del contratto non è affatto disposta dalla legge “a esclusivo vantaggio” dell’assicuratore; la ratio della sospensione è, al contrario, il vantaggio della massa degli assicurati, e non (o almeno non soltanto) dell’assicuratore.
Se si condivide questa premessa ne discendono due conseguenze.

La prima conseguenza è che l’assicuratore non potrebbe disporre a suo piacimento di una regola dettata dalla legge a vantaggio della massa degli assicurati.
La seconda conseguenza è che la rinuncia alla sospensione degli effetti del contratto, nuocendo alla massa degli assicurati, nuoce per ciò solo anche al principio di sana e prudente gestione, al cui rispetto è improntata l’intera attività assicurativa, sia sotto il profilo dell’impresa, sia sotto il profilo del contratto.

Esistono dunque eccellenti ragioni per concludere innanzitutto che non è in facoltà dell’assicuratore rinunciare alla sospensione degli effetti del contratto in caso di mancato pagamento del premio, ex articolo 1901 c.c.

4. Rinuncia tacita?
Ma si ammetta pure, per mera ipotesi di lavoro, che fosse esatta l’opinione secondo cui è in facoltà dell’assicuratore rinunciare ad libitum agli effetti della sospensione del contratto previsti dall’articolo 1901 c.c..

In questo caso sorgerebbe il problema di stabilire:
a) se la rinuncia debba essere esplicita, o possa essere anche tacita;
b) in questa seconda ipotesi, se l’accetazione del premio senza riserve e senza obiezioni possa costituire una rinuncia tacita agli effetti della sospensione del contratto.

Il primo quesito è di agevole soluzione: nel nostro ordinamento giuridico, infatti, la volontà negoziale può essere manifestata in qualunque modo, anche implicitamente, o col solo silenzio, a condizione naturalmente che il silenzio sia circostanziato, e cioè tale da non consentire dubbi, a qualunque persona di ordinaria diligenza, circa le intenzioni del soggetto rimasto silente (ex multis, Cass. civ. [ord.], sez. VI, 05-02-2018, n. 2739).

Il secondo problema, per contro, aveva dato luogo in passato a fieri contrasti.
Secondo un primo orientamento, la sospensione della garanzia assicurativa per effetto del mancato pagamento del premio costituirebbe applicazione dell’istituto generale dell’eccezione di inadempimento, di cui all’art. 1460 c.c.. Pertanto, così come l’exceptio inadimpleti contractus non può essere sollevata se è contrarioa buona fede, allo stesso modo l’assicuratore non può rifiutare il pagamento dell’indennizzo per ritardato pagamento del premio, ove ciò sia contrario a buona fede.

Ed il rifiuto di pagamento dell’indennizzo sarebbe contraria a buona fede se l’assicuratore, a conoscenza dell’avverarsi del sinistro, abbia accettato senza riserve il pagamento tardivo del premio (Cass. civ., sez. III, 19-12-2006, n. 27132; Cass. civ., sez. III, 26-01-2006, n. 1698; Cass. civ., sez. III, 19-07-2004, n. 13344; Cass. civ., sez. lav., 02-12-2000, n. 15407; Cass. civ., 09-02- 1987, n. 1372, in Arch. civ., 1987, 856).

Per un diverso orientamento, più rigoroso, la volontà di rinunciare all’effetto sospensivo, che può essere manifestata anche per facta concludentia, deve essere chiara ed inequivoca, e richiede un comportamento dell’assicuratore implicante una volontà negoziale, ricognitiva del diritto all’indennizzo ed abdicativa rispetto alla applicazione delle clausole contrattuali a sé favorevoli, volontà che non può essere desunta dall’aver l’assicuratore accettato il tardivo pagamento del premio, trattandosi di circostanza di per sé equivoca7.

4.1. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza cui si accennava nell’incipit, ha ora per la prima volta messo in evidenza le incongruenze dell’orientamento “liberale”, sottoponendo a serrata critica gli argomenti spesi per sostenerlo.
È dunque opportuno ricordare qui quali fossero tali argomenti.

Secondo l’opinione che impediva all’assicuratore, in caso di accettazione del premio tardivamente pagato, di eccepire la sospensione del contratto, questa conclusione era giustificata dai seguenti rilievi:
a) la sospensione dell’efficacia del contratto di assicurazione in caso di mancato pagamento del premio, prevista dall’art. 1901 c.c., costituisce una applicazione particolare del generale istituto dell’exceptio inadimpleti contractus, di cui all’art. 1460 c.c.;
b) l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c. non può essere invocata quando il rifiuto di adempiere sia contrario alla buona fede;
c) invocare la sospensione dell’assicurazione ex art. 1901 c.c., dopo avere accettato senza riserve il pagamento tardivo del premio costituisce una condotta contraria a buona fede: e dunque l’assicuratore che tenesse quella condotta non potrebbe invocare gli effetti dell’art. 1901 c.c..

4.2. Questo sillogismo, secondo l’ordinanza 38216/21, cit., è infirmato da quattro diversi erri di diritto. In primo luogo, non è corretto ritenere che l’art. 1901 c.c. non sia che una applicazione particolare dell’art. 1460 c.c. (e cioè dell’exceptio inadimpleti contractus).
Se può ammettersi in linea teorica che la sospensione dell’efficacia dell’assicurazione nel caso di mancato pagamento del premio condivida con l’art. 1460 c.c. la ratio di costituire una coazione indiretta al pagamento del premio, le due norme in null’altro sono tra loro assimilabili.

Infatti la Corte costituzionale, chiamata a stabilire se fosse conforme a costituzione l’articolo 1901 c.c., nella parte in cui prevedeva solo per il contratto di assicurazione una disciplina speciale, nel caso di inadempimento, stabilì che le previsioni dell’art. 1901 c.c. non violano il principio di uguaglianza, in quanto esse sono del tutto razionali e “conformi alla particolare natura e alla struttura del contratto di assicurazione, nel quale la sopportazione del rischio da parte dell’assicuratore è condizionata all’adempimento della prestazione consistente nel pagamento del premio” (Corte cost., 5.2.1975 n. 18).

Nel contratto di assicurazione contro i danni l’equilibrio tecnico ed economico non si realizza nell’ambito di ogni singolo rapporto contrattuale, ma fra la totalità dei rischi assunti dall’assicuratore, e la totalità dei premi dovuti dagli assicurati (c.d. principio di comunione dei rischi).
Per effetto di tale meccanismo economico, prima ancora che giuridico, l’assicuratore quando assume su di sé l’alea del pagamento dell’indennizzo deve essere messo in condizione di poter contare sul puntuale versamento dei premi alle scadenze pattuite da parte degli assicurati, attraverso i quali dovrà costituire le riserve tecnicamente calcolate per adempiere i propri obblighi e costituire le garanzie reali imposte dalle leggi di controllo a tutela dei diritti degli assicurati.

Da ciò discende che il mancato pagamento del premio da parte dell’assicurato turba non già e non solo il singolo rapporto contrattuale, ma turba l’equilibrio del principio di comunione dei rischi.
È dunque economicamente necessario che il contratto resti sospeso, per evitare – in violazione del principio di sana e prudente gestione – che l’assicuratore possa trovarsi a dover sopportare rischi per i quali non ha incassato i premi.

La diversità strutturale e funzionale tra gli artt. 1460 c.c. e 1901 c.c. fa sì che mentre nei casi previsti dalla prima di tali norme è consentito al giudice il sindacato sulla buona fede di chi solleva l’eccezione di inadempimento, l’art. 1901 c.c. non consente alcun sindacato di questo tipo, perché l’esonero dell’assicuratore dal pagamento dell’indennizzo, in caso di mancato pagamento del premio, è effetto naturale ex art. 1374 c.c. del contratto.

4.3. Il secondo errore giuridico dell’orientamento “liberale” consiste nel ritenere che l’assicuratore possa, ad libitum, e senza conseguenze, scegliere se indennizzare o non indennizzare sinistri avvenuti nel periodo di carenza.
Tesi, questa, tuttavia insostenibile alla luce del ricordato arresto della Consulta: se infatti l’art. 1901 c.c. ha lo scopo di garantire l’equilibrio tecnicoeconomico tra premi e rischi, l’assicuratore che rinunciasse a far valere la carenza di copertura terrebbe una condotta apertamente contraria al dovere di sana e prudente gestione di cui all’art. 3 cod. ass., e si esporrebbe al rischio di sanzioni da parte dell’Autorità di vigilanza.

Mentre, infatti, nei contratti sinallagmatici la prestazione di ciascuna delle parti è destinata all’altra, sicché ognuna delle due potrebbe liberamente rimettere alla controparte una frazione del debito, nell’assicurazione il premio corrisposto dall’assicurato solo in minima parte costituisce remunerazione dell’assicuratore (il c.d. “caricamento”).
Nella parte restante (il c.d. “premio puro”) esso rappresenta la provvista destinata a costituire la riserva sinistri con la quale l’assicuratore dovrà far fronte agli indennizzi dovuti alla massa degli assicurati secondo quanto già esposto in precedenza. Rinunciare a far valere il mancato pagamento del premio significherebbe dunque depauperare la massa degli assicurati, in violazione del ricordato art. 3 cod. ass..

Prova ne sia che, per secolare tradizione normativa, al contrario di quanto avviene nella maggior parte dei contratti sinallagmatici, non è consentito all’assicuratore stipulare assicurazioni a titolo gratuito, e anche gli sconti sul premio sono consentiti solo entro limiti molto ristretti, ed a valere sulle provvigioni dell’intermediario, ma non sul premio puro.

4.4. Il terzo errore giuridico dell’orientamento “liberale” è la sua incompatibilità col principio già ricordato secondo cui il solo silenzio che può produrre effetti giuridici è il silenzio circostanziato, cioè accompagnato dal compimento di atti o fatti che rendono inequivoco il significato del silenzio: come nel caso del creditore che rifiuti il pagamento e restituisca la quietanza.
Ma colui il quale accetta il pagamento tardivo, senza nulla aggiungere, non tiene affatto una condotta inequivocamente dimostrativa della volontà di rinuncia alla sospensione degli effetti del contratto.

4.5. Il quarto errore giuridico dell’orientamento “liberale” è svelato dagli effetti paradossali cui esso conduce, e quindi dal suo contrasto col principio dell’interpretazione utile (in virtù del quale è inibito all’interprete adottare interpretazioni della norma giuridica che privino quest’ultima di qualunque effetto sensato).

Infatti nel caso di mancato pagamento del premio assicurativo, una volta spirato il termine di cui all’articolo 1901 c.c., il contratto entra in una fase di stallo destinata immancabilmente a concludersi, in quanto delle due l’una:
• se l’assicurato paga tardivamente il premio, il contratto si riattiva con efficacia ex nunc;
• se l’assicurato non paga il premio il contratto si risolve ope legis qualora l’assicuratore non agisca per la riscossione entro sei mesi.

Se, invece, si ritenesse che l’accettazione del pagamento tardivo del premio senza riserve, da parte dell’assicuratore, comporti sempre e comunque una tacita rinuncia a far valere l’inefficacia della polizza, si perverrebbe a questi effetti paradossali:
a) l’articolo 1901 c.c., non avrebbe alcun senso, giacché in tutti i casi di pagamento tardivo, accettato senza riserve, il contratto produrrebbe i suoi effetti;
b) si introdurrebbe a carico dell’assicuratore un onere, al momento di accettazione del pagamento tardivo del premio, di dichiarare apertamente di non voler indennizzare sinistri già avvenuti nel periodo di carenza, onere non previsto da alcuna norma.

Alla luce di questi princìpi, l’ordinanza di cui si discorre ha affermato di non potere “dare ulteriore seguito” al suddetto orientamento liberale, affermando il principio secondo cui “non è indennizzabile il sinistro avvenuto dopo lo spirare del termine previsto dall’articolo 1901 c.c., a nulla rilevando che l’assicuratore abbia accettato senza riserve il pagamento tardivo del premio”.

5. Un podi sollievo per gli intermediari
Il principio affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza sopra ricordata avrà, indirettamente, conseguenze anche sull’intermediazione assicurativa.
Infatti, l’orientamento che pretendeva di ravvisare, nella tacita accettazione del pagamento tardivo del premio, una implicita rinuncia all’eccezione di sospensione del contratto, esponeva l’intermediario che quel premio aveva accettato, almeno in astratto, ad un’azione di surrogazione, di regresso o almeno di danno da parte dell’assicuratore preponente. L’intermediario, infatti, anche quando sia privo di potere rappresentativo, è comunque legittimato a compiere “gli atti concernenti le modificazioni e la risoluzione dei contratti” (art. 1903 c.c.).

Se dunque l’intermediario, a conoscenza dell’avvenuto sinistro, accettava il premio e rilasciava la quietanza senza riserve, pur potendo legittimamente ed esplicitamente dichiarare che il pagamento tardivo non dovesse intendersi quale rinuncia a far valere la sospensione, esponeva per ciò solo l’assicuratore al pagamento dell’indennizzo che si sarebbe potuto evitare, se l’intermediario avesse con diligenza formulato la riserva al momento dell’accettazione del premio.

Ma va da sé che ben pochi erano gli intermediari i quali, al momento di accettazione del pagamento tardivo di un premio, si preoccupassero di far constare in qualsiasi modo che l’accettazione del premio non valeva quale rinuncia a far valere la sospensione: con la conseguenza che, in giudizio, tutte le accettazioni di pagamenti tardivi di premi finivano per essere “accettazioni senza riserve”, e di conseguenza finivano per rappresentare una pistola carica, nelle mani dell’assicuratore, per agire in rivalsa nei confronti dell’intermediario.

Il nuovo orientamento della Corte di Cassazione porrà fine a questa possibilità: ed infatti, abbia o non abbia l’intermediario formulato riserve al momento dell’accettazione del premio, l’assicuratore non sarà comunque mai tenuto al pagamento dell’indennizzo per i sinistri avvenuti nel periodo di carenza assicurativa, con la conseguenza che viene a cadere la pensabilità stessa di qualsiasi rivalsa nei confronti dell’intermediario.


1 Alle assicurazioni sulla vita si applicano le differenti previsioni di cui all’art. 1924 c.c.. Tale
norma però è derogabile dalle parti (al contrario dell’art. 1901 c.c.), in quanto non compreso dall’art. 1932 c.c. tra le norme inderogabili. Pertanto è possibile che in un contratto di assicurazione sulla vita le parti prevedano, nel caso di omesso o ritardato pagamento del premio, una disciplina in tutto analoga a quella dettata dall’art. 1901 c.c. (Cass., 13-5-1977, n. 1883, in Giust. civ., 1977, I, 1754; Cass., 5-7-1968, n. 2285, in Resp. civ. prev., 1968, 619, con nota di Gentile, Ancora “cautela” e “salvadanaio” nel
contratto di assicurazione).
2 Cass., sez. III, 25-05-1998, n. 5194, in Foro it. Rep. 1998, Assicurazione (contratto), n. 65.
3 Cass. civ., sez. III, 06-07-2009, n. 15801, in Arch. circolaz., 2009, 893.
4 Cass., 9-12-1976, n. 4575, in Giust. civ., 1977, I, 214.
5 Cass., 25-3-1985, n. 2092, in Foro it., 1985, I, 2269, in Arch. circolaz., 1985, 702, in Riv. giur. circolaz. trasp., 1985, 535.
6 Cass., 25-10-1982, n. 5572, in Arch. circolaz., 1983, 209.
7 Cass., sez. III, 01-07-2002, n. 9554, in Arch. circolaz., 2002, 738; Cass., 22-3-1990, n. 2383, in Foro it. Rep., 1990, Assicurazione (contratto), n. 70.


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