di Angelo De Mattia
Distingue frequenter: vale a maggior ragione oggi per il caso Generali e il ruolo delle authority competenti in materia. E’ bene evitare una commistione tra la questione del parere richiesto da Franco Caltagirone a proposito della lista del consiglio di amministrazione da un lato e le successive contestazioni, in sede di dimissioni dalle cariche societarie, dello stesso Caltagirone e di Romolo Bardin dall’altro. Come è noto, per la lista del consiglio, che le Generali hanno deciso di adottare, la Consob ha promosso una consultazione pubblica con la scelta evidente di porre il problema in linea generale, non per una risposta diretta al caso specifico.
Su queste colonne abbiamo fatto riferimento ai «rescritti», ossia alla risposta che l’imperatore romano dava generalizzando, prendendo in esame in sostanza tutti i casi simili. In questo caso, a maggior ragione perché sono state avviate in sede parlamentare proposte di integrazione e modificazione della normativa vigente, un indirizzo di carattere generale impartito dalla Consob non può non essere assai attento ai limiti derivanti dalla gerarchia delle «fonti». Considerato altresì che per innovare si è scelta l’accennata via legislativa, nell’indirizzo dell’authoritysi dovrebbe far leva su condizioni, vincoli e incompatibilità, sempreché il risultato di un’analisi rigorosa, anch’essa di carattere generale, porti a concludere che queste problematiche effettivamente si pongano e siano affrontabili al livello di «fonti» subordinate. La consultazione pubblica di cui si è detto non può che essere allora il materiale istruttorio di base per impartire l’indirizzo in questione. Si tratta di punti da valutare con acribia, anche per prevenire che la contesa all’interno e per le Generali si allarghi, per non edificanti obiettivi, finanche nella Consob, la quale non ha proprio bisogno di contrasti di riflesso. Sarebbe il classico «tanto peggio, tanto meglio», ma solo per alcuni. In ogni caso, non si può non avere fiducia nell’opera di questa autorità sotto la presidenza salda e rigorosa del collegio di vertice da parte di Paolo Savona e nella qualità del personale tutto.
Altra questione è invece quella data dalle dimissioni dei due esponenti del Leone. In questo caso, con toni diversi, sono state formulate critiche e contestazioni che non possono restare senza seguito. In uno di questi duri rilievi si adombra pure, benché con un molto accorto e indiretto linguaggio, un influsso esterno che si sarebbe verificato sul consiglio. Allora l’organo di vigilanza, ossia l’Ivass, è chiamato tempestivamente a riscontrare quali siano i motivi che legittimano le contestazioni (ovviamente sentendo anche l’altra parte, che, all’opposto, ribadisce l’assoluto rigore nell’operare del consiglio) e a trarne le conseguenze in un senso o nell’altro. Si tratta di rilievi la cui pesantezza (si parla di impedimenti nonché di osteggiamenti che sarebbero stati subiti dal vicepresidente Caltagirone) è evidente e in quanto tali non possono rimanere privi di reazioni. Vi saranno pure gli intendimenti dei dimissionari di essere liberi dai vincoli che riguardano gli amministratori anche nell’acquisto di azioni della società, ma le critiche che sono state mosse passano in primo piano. Il ruolo del consiglio è cruciale e se, nella prassi della supervisione, si arriva a rilevare come negativa la scarsa dialettica in organi della specie, a fortiori i rilievi mossi, che vanno ben oltre la questione della opportuna dialettica, debbono essere prontamente verificati dal «vigilante», anche come un segnale al settore. Il prius è, naturalmente, il riscontro della fondatezza o no delle contestazioni. In questo quadro, vi è anche la parte che spetta alla Consob per gli impatti degli asseriti comportamenti sul mercato, per la tutela della correttezza e della trasparenza. Tutto ciò con riferimento alle questioni che sembrano tenere banco nelle cronache. Ma oggi molto più importante è come il confronto si sposta sui programmi e sulle liste dei candidati a comporre, nel prossimo aprile, gli organi della Compagnia.
Il patto di consultazione Caltagirone-Del Vecchio-Crt ha, in quanto nato con l’intento dei singoli componenti di contestare i piani dei sostenitori della lista del consiglio, ha l’onere maggiore di operare scelte di elevata qualità e programmi aggreganti per conseguire le convergenze di quella enorme parte dell’azionariato delle Generali che non fa riferimento né all’una, né all’altra parte in contesa. Deve essere chiara l’alternativa programmatica e di livello delle persone che si propone. Diversamente, tutto può scadere, almeno nella considerazione del grosso pubblico, in un conflitto di specifici poteri e interessi particolari. La prima, aperta confrontation nel Leone (che non ha nulla a che fare con i contrasti che si verificarono nel 2002 impropriamente evocati in qualche articolo) deve potersi concludere con un generale avanzamento, innanzitutto della società. (riproduzione riservata)
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