Tra il 2015 e il 2019 l’andamento infortunistico del settore tessile è stato sostanzialmente stabile. Il numero dei casi denunciati all’Inail, infatti, è aumentato solo dello 0,8%, da 3.522 nel 2015 a 3.549 nel 2019. Questo trend è però il risultato di andamenti nettamente differenti nei due comparti dell’industria tessile e del confezionamento. Nel primo, infatti, si è saliti da 1.959 casi a 2.059, con un incremento del 5,1% nel quinquennio, mentre nel secondo si è registrata una diminuzione del 4,7%, da 1.563 a 1.490 infortuni denunciati.

Con la crisi del 2020 le denunce in calo di oltre un terzo

Come segnalato nel nuovo numero del mensile Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, nel corso del 2020 anche il settore del tessile e abbigliamento, che svolge un ruolo strategico nell’economia del Paese, con circa 40mila aziende, 300mila addetti e il 6,4% delle esportazioni nazionali nel 2018, ha risentito fortemente della crisi dovuta alla pandemia da nuovo Coronavirus. Questa crisi si riflette nei dati più recenti pubblicati dall’Inail nella sezione Open Data, da cui emerge una flessione del 34,9% delle denunce di infortunio registrate nei primi 11 mesi del 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo calo percentuale esprime ancor di più il momento difficile del settore, se confrontato con il -25,8% del complesso delle attività manifatturiere e con il -12,6% dell’intero settore Industria, escludendo la sanità e l’assistenza sociale.

In diminuzione anche le malattie professionali

Per quanto riguarda le malattie professionali nella filiera, che parte dalle aziende che si occupano della produzione di filati e tessuti e arriva fino a quelle operanti nella confezione di intimo, abbigliamento e biancheria per la casa, nel 2019 sono stati denunciati all’Inail 522 casi, in calo del 15,3% rispetto ai 616 del 2015: 361 (69%) sono patologie manifestatesi ai lavoratori del settore abbigliamento, di cui circa l’82% (295) riferite al comparto “Confezione di articoli di abbigliamento”. Le restanti 161 riguardano lavoratori del settore tessile, di cui un terzo rientrano nel comparto “Altre industrie tessili” (biancheria, articoli tecnici, ecc.).

È l’unico settore manifatturiero in cui le lavoratrici superano i lavoratori

Dai disturbi muscoloscheletrici all’esposizione ad agenti fisici, polveri e fibre, dal rischio chimico allo stress lavoro-correlato, sono diversi i fattori di rischio e le patologie professionali a cui sono sottoposti gli addetti del tessile e abbigliamento. Più di otto malattie denunciate su 10 riguardano le lavoratrici, con due terzi dei casi concentrati nel comparto “Confezione di articoli di abbigliamento”. Questo dato non rappresenta una sorpresa perché il tessile e abbigliamento è l’unico settore manifatturiero in cui la quota di occupati femminile supera quella maschile. Con il 55,1% (285 casi) la fascia di età tra i 50-59 anni è quella che registra il maggior numero di malattie e ancora più elevata è la percentuale registrata tra le lavoratrici di questa fascia, che si attesta addirittura a circa l’86% (245).

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