di Carlo Giuro
La seconda ondata dell’emergenza epidemiologica rischia di incidere in maniera ancora più penetrante sul sistema economico italiano, con impatti anche sul sistema pensionistico e sul welfare. Dopo le misure inserite in Legge di Bilancio (la proroga di un anno di opzione donna e Ape sociale, una nuova salvaguardia per gli esodati e il restyling di strumenti per la gestione del turnover aziendale, come il contratto di espansione e l’isopensione) e in attesa del tavolo di concertazione 4.0 per il dopo quota 100, contribuiscono al dibattito le recenti considerazioni espresse dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, e dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. Intervenendo agi Stati generali delle pensioni organizzati da Deutsche Bank e Università Bocconi, Visco ha evidenziato come già prima della pandemia in molti Paesi avanzati il livello del debito pubblico risultava alto in prospettiva storica. Nell’area dell’euro, la causa principale era l’eredità della crisi dei debiti sovrani. Anche la sostenibilità dei sistemi pensionistici era oggetto di attenzione, dal momento che l’effetto dell’invecchiamento della popolazione sulla spesa pubblica appariva solo in parte compensato dall’inasprimento dei requisiti per il pensionamento. La pandemia e le misure adottate per il suo contenimento hanno esacerbato i problemi. Il rapporto tra debito pubblico e prodotto aumenterà ovunque per effetto della recessione e delle misure espansive discrezionali. L’aumento della disoccupazione si rifletterà, almeno nel breve periodo, in più alti tassi di pensionamento e in minori entrate contributive. Per quanto riguarda i sistemi pubblici a ripartizione, la diminuzione degli occupati ridurrà le entrate contributive e probabilmente aumenterà gli esborsi (chi ha perso il lavoro in questi mesi tenderà a pensionarsi). I sistemi a capitalizzazione (la previdenza complementare) risentiranno del calo registrato dai rendimenti finanziari, che riduce il valore del montante accumulato, e l’aumento della disoccupazione avrà l’effetto di ridurre i versamenti dei lavoratori ai fondi.
Che fare, quindi? Per quel che riguarda il sistema pensionistico obbligatorio Visco sottolinea la necessità di incrementare il tasso di occupazione per rispondere all’invecchiamento della popolazione. È poi importante fare in modo che a una maggiore domanda di lavoro dei più anziani si affianchi un’adeguata offerta, lavorando sulle politiche attive del lavoro. Risulta necessario inoltre promuovere la previdenza complementare. Un sistema multi-pilastro è utile al lavoratore perché può consentire il conseguimento di benefici pensionistici adeguati, anche a fronte di regole di calcolo meno generose per le pensioni pubbliche, con una migliore diversificazione del rischio. Il presidente dell’Inps Tridico ha evidenziato le discrasie esistenti nel contributivo, per correggere le quali si auspica l’opportunità di dotare il nostro sistema previdenziale di una pensione di garanzia che possa attenuare l’elevato rischio previdenziale che incombe sui giovani per effetto di carriere flessibili e discontinue. Come ipotesi di approfondimento si propone ancora la possibilità di valorizzare gratuitamente i periodi formativi a fini pensionistici. Tridico evidenzia ancora la necessità di un rilancio della previdenza complementare, ma nella sua ricetta si delinea l’ ingresso nel mercato di strumenti offerti da soggetti pubblici per favorire un maggior livello di inclusione previdenziale. Importanza viene attribuita a una separazione da condurre tra spesa previdenziale e spesa assistenziale (in questo modo si ridurrebbe il rapporto spesa pensioni-pil dall’attuale 16,1% al 12,7%). Per quel che riguarda la futura flessibilità in uscita si propone in maniera selettiva di prediligere una exit strategy per i lavori usuranti e gravosi, valutando sia una riduzione dell’età di accesso, sia l’attribuzione di un coefficiente più favorevole. (riproduzione riservata)
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