di Salvatore Licciardello
Nei primi nove mesi del 2020 prosegue la corsa dei depositi e del risparmio, non solo in Italia. Lo confermano i dati resi noti da Bce e Bankitalia. A fare da traino sono le grandi città italiane e le regioni del Nord, in particolare, secondo quanto emerge anche dalle più recenti rilevazioni dell’Abi.
Il trend conferma in toto il quadro certificato per il primo semestre nella nota di Banca d’Italia su «I conti economici e finanziari durante la crisi sanitaria del Covid-19». Nella prima metà dell’anno l’emergenza sanitaria ha fatto registrare il crollo del reddito delle famiglie più alto degli ultimi 20 anni, ha affossato i consumi e spinto il risparmio. È aumentata la ricchezza finanziaria, nonostante le pesanti perdite su azioni e obbligazioni, mentre è tornata la voglia di titoli di Stato. Le imprese hanno registrato un calo del valore aggiunto doppio rispetto al 2009 e hanno aumentato le passività.
Le misure del governo a sostegno di famiglie e imprese hanno fatto aumentare il debito di 121 miliardi, portando il rapporto debito-pil sui livelli più alti degli ultimi 20 anni. Nel primo semestre del 2020 i redditi primari pro capite a valori correnti delle famiglie si sono ridotti dell’8,8% rispetto al primo semestre del 2019, la contrazione più forte degli ultimi 20 anni e decisamente più ampia di quelle registrate nelle fasi più acute della crisi finanziaria (-5,2%) e di quella dei debiti sovrani (-3,4%) riflettendo l’andamento delle poste principali. I redditi da lavoro dipendente sono scesi dell’8,7% per effetto del calo dei redditi unitari (-7%) e dell’occupazione alle dipendenze (-1,7%), mentre i redditi da lavoro e i profitti delle famiglie produttrici (il risultato netto di gestione e il reddito misto netto) sono diminuiti del 7,4%; gli altri redditi, infine, sono calati del 13%.
Nonostante il forte sostegno pubblico alla capacità di spesa delle famiglie, il calo dei consumi nella prima metà dell’anno è stato eccezionalmente ampio (-9,8%). Ne è derivato un risparmio netto pari a 51,6 miliardi; il tasso di risparmio è più che triplicato rispetto alla fine del 2019, (dal 2,8 al 9,2%), contrariamente a quanto era accaduto durante le due precedenti crisi.
La ricchezza finanziaria netta delle famiglie è cresciuta grazie a una crescita netta pari a 58,8 miliardi.
Nel conto finanziario, a tale accreditamento netto ha corrisposto un aumento delle attività delle famiglie per 33 miliardi e una riduzione di passività per circa 26 miliardi. Sul lato dell’attivo, il circolante e i depositi sono aumentati nel semestre, rispettivamente di 11,3 e 35,4 miliardi, registrando gli aumenti più forti dall’avvio della moneta unica per il primo e dal 2012 per i secondi. Dopo oltre un anno di disinvestimenti in titoli pubblici (-23,6 miliardi nel 2019), nella prima metà del 2020 le famiglie sono tornate ad acquistarne per 5,1 miliardi, mentre sono state registrate vendite di altri titoli per 11,6 miliardi. Gli acquisti di titoli pubblici si sono concentrati nel secondo trimestre, quando le famiglie hanno assorbito titoli per 9,9 miliardi, pari a circa il 9% delle emissioni nette, più che compensando le vendite per 4,8 miliardi registrate nel primo trimestre.
La riduzione degli investimenti reali netti (-6,6 miliardi nel primo semestre del 2020, il valore più basso dal 1999) ha riflesso sia il calo degli acquisti di abitazioni residenziali di nuova costruzione, sia la riduzione di patrimonio non residenziale e altri beni di capitale fisso delle famiglie produttrici, favorendone la sostituzione con strumenti finanziari.
Nel primo semestre del 2020 il valore aggiunto delle imprese italiane è diminuito del 15% rispetto allo stesso periodo del 2019, un calo quasi doppio rispetto a quello, già eccezionale, registrato nel primo semestre del 2009 (-7,8%), al culmine della crisi finanziaria. I profitti delle imprese si sono ridotti del 18%; a fronte di una contrazione più marcata della spesa per investimenti lordi (-25%), il settore ha registrato, similmente alle famiglie, un accumulo di risparmio finanziario.
L’accreditamento netto delle imprese è stato positivo, per 17 miliardi, nel primo semestre. Il conto finanziario del settore segnala un significativo aumento dei depositi (28 miliardi di euro, pari al 7,9% del valore aggiunto) che si è concentrato nel secondo trimestre, raggiungendo circa il 18% del valore aggiunto del settore. Sempre sul lato delle attività sono state registrate nuove sottoscrizioni sia di azioni e partecipazioni (per 13 miliardi) sia di titoli (per 2,8 miliardi). Le passività delle imprese italiane sono aumentate di circa 19 miliardi, guidate principalmente dai flussi positivi di prestiti (28,4 miliardi di euro). L’indebitamento netto semestrale è invece stato complessivamente inferiore (78 miliardi) e ripartito quasi in modo equivalente tra i due trimestri. Tra la fine del 2019 e la fine di giugno 2020, la variazione semestrale del debito pubblico in percentuale del pil ha raggiunto i valori più alti negli ultimi 20 anni. Tale aumento, in percentuale del pil, è stato simile a quello registrato in Spagna. (riproduzione riservata)
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