Pagina a cura di Stefano Loconte e Giulia Maria Mentasti
Scattano le manette per i furbetti del superbonus: per chi otterrà indebitamente la maxi detrazione fiscale prevista dal dl 34/2020, se scoperto, saranno dolori, non potendo sottrarsi alle plurime incriminazioni che la nostra legislazione penale prevede proprio per situazioni come queste. Non devono sfuggire, infatti, le fattispecie di frode per la percezione di erogazioni pubbliche e i delitti tributari, e ancor più gravi sono i reati configurabili nel caso di opere mai realizzate o compiute solo in parte o lavori sovrafatturati, senza contare la responsabilità del terzo cessionario del credito di imposta.

Quanto ai professionisti che abbiano dubbi sull’onestà dei propri clienti, parola d’ordine astenersi da certificazioni e asseverazioni: il rischio di chiamata in concorso nel procedimento penale è più alto di quello che tirando i dadi si ha nel noto gioco in scatola di «finire in prigione senza passare dal via».

Detrazioni indebite e reati tributari. Oltre ai rischi penali legati alle false certificazioni (si veda ItaliaOggi Sette del 28/12/2020), resta un altro quesito: considerato che la predisposizione di una falsa asseverazione è funzionale all’ottenimento della detrazione di imposta, quale reato può essere ascritto a chi ottiene la detrazione o a chi utilizzi il credito d’imposta avendo consapevolezza della sua infondatezza? Poiché ci troviamo al contempo in materia penale tributaria, troveranno applicazione le disposizioni di cui al dlgs 74/2000.

Opere mai realizzate o sovrafatturate. Dunque, laddove la condotta fraudolenta avesse a oggetto opere mai realizzate o compiute solo in parte o, ancora, lavori sovrafatturati, troverà applicazione il delitto di «Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti» di cui all’art. 2, dlgs 74/2000.

Pacifico, infatti, l’indirizzo giurisprudenziale (cfr. Cass. pen. n. 51027/2015) secondo il quale tale reato sussiste sia nell’ipotesi di inesistenza oggettiva dell’operazione (ovvero quando la stessa non sia stata mai posta in essere nella realtà), sia nell’ipotesi di inesistenza relativa (ovvero quando l’operazione vi è stata, ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura), sia, infine, nell’ipotesi di sovrafatturazione qualitativa (ovvero quando la fattura attesti la cessione di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti), in quanto oggetto della repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale.

Assenza dei requisiti e art. 3, dlgs 74/2000. Quando invece vi è stata realizzazione effettiva dei lavori, con corrispondente emissione di fatture, ma si è registrata falsità in ordine alla corrispondenza tecnica o normativa ai requisiti per l’accesso alla detrazione fiscale, assume rilievo l’art. 3, dlgs 74/2000, che punisce la dichiarazione fraudolenta di chi si avvalga di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento e a indurre in errore l’amministrazione finanziaria mediante altri artifici.

Il concetto di mezzo fraudolento ben si concilia infatti con la predisposizione delle asseverazioni e degli attestati ideologicamente falsi o con le altre possibili azioni che potrebbero consentire di accedere al beneficio o di ottenerlo in misura superiore al dovuto, considerato che lo stesso legislatore, nelle definizioni di apertura al dlgs 74/2000, chiarisce che per «mezzi fraudolenti» si intendono condotte artificiose attive nonché quelle omissive realizzate in violazione di uno specifico obbligo giuridico, che determinano una falsa rappresentazione della realtà.

Per l’integrazione del reato dovranno essere tuttavia superate entrambe le soglie di punibilità previste dalla norma, ovvero l’imposta evasa dovrà attestarsi oltre i 30 mila euro e l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta sopra il 5%dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a 30 mila euro.

Evasione sotto soglia di punibilità. Laddove al contrario non siano superate le soglie previste per la configurabilità della frode fiscale mediante altri artifici, non si pensi tuttavia di averla scampata: potranno trovare infatti applicazione le fattispecie previste dal codice penale, rispetto alle quali il più grave delitto di frode fiscale è da ritenersi speciale.

Dunque, codice alla mano, sono due i reati che saltano subito all’occhio: da un lato, la «Truffa» di cui agli artt. 640, 640-bis c.p., che dopo aver previsto la punibilità di «chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno», dispone che la pena è della reclusione da due a sette anni se il fatto «riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee».

Dall’altro lato, l’art. 316-ter, che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni chi «mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato». In questo caso, quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822.

Art. 316-ter c.p. Ma quale delle due fattispecie di frode troverà applicazione nel nostro caso? Evidenziato che sono caratterizzate da modalità realizzative pressoché sovrapponibili, intercorrendo tra loro un rapporto di sussidiarietà a beneficio della più grave ipotesi di truffa aggravata, la giurisprudenza è giunta a individuarne l’elemento distintivo nella presenza o meno dell’induzione in errore della pubblica amministrazione, così che l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato trova applicazione nell’ambito dei procedimenti amministrativi nei quali l’ente pubblico riconosce il beneficio in automatico, sulla base della sola dichiarazione, non avendo la possibilità di controllare ex ante in ordine alla fondatezza della richiesta.

Dunque, nel procedimento per l’ottenimento della detrazione, poiché le disposizioni applicabili non prevedono alcun controllo preventivo rispetto all’ottenimento del bonus fiscale essendo sufficiente l’invio della documentazione all’Enea e la presentazione della dichiarazione dei redditi senza che il primo ente o l’Erario possano preventivamente verificarne la veridicità, pare che sia l’art. 316 ter c.p. la norma sotto cui sussumere il caso di condotta fraudolenta.

Indebita compensazione. Un’ultima analisi riguarda le ipotesi nelle quali il soggetto terzo (fornitore dell’opera mediante sconto in fattura o terzo estraneo alle opere), consapevole della assenza dei requisiti per accedere del beneficio e delle azioni fraudolente sopra descritte, sia divenuto titolare del credito di imposta e ne abbia fatto uso ai fini del calcolo dell’imposta netta.

Considerando che il credito di imposta, viene utilizzato direttamente nella liquidazione dell’imposta attraverso la compilazione del modello F24, nella frazione spettante per ciascuna annualità di imposta, l’imputabilità del credito in compensazione dell’imposta lorda rende applicabile l’art. 10-quater, dlgs 74/2000, che al comma 2 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni proprio chi non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, crediti inesistenti. Quale soglia di punibilità, l’importo annuo dei suddetti crediti deve essere superiore ai 50 mila euro.

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