di Angelo De Mattia
Il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza, che ha anche il controllo sull’operato dei servizi segreti), presieduto da Raffaele Volpi in rappresentanza della Lega, ha previsto le audizioni della Banca d’Italia e della Consob su possibili scalate dall’estero a imprese strategiche nazionali, quali Unicredit e Generali. È lecito chiedersi, allora, se questa materia sia diventata una questione di sicurezza nazionale o se, invece, si stia andando «ultra fines», cioè si stiano superando i limiti di competenza. Certamente un’apposita disciplina protegge gli asset economici e finanziari, che costituiscono un preminente interesse dello Stato dal «golden power» alla «golden share» fissando precisi doveri e obblighi di segnalazione. Il tutto è inquadrato, poi, nella normativa comunitaria. Esiste, altresì, a livello di governo, con la partecipazione delle principali autorità con competenza in materia, il Comitato per la stabilità finanziaria, istituito presso il Tesoro. È un’istituzione la cui creazione fu decisa a suo tempo, in relazione allo sviluppo del terrorismo a livello internazionale. A questo punto ci si deve chiedere se, effettivamente, il livello del pericolo percepito sia così elevato che si è ritenuto di assorbire nell’interesse, se non nella competenza, di un Comitato parlamentare preposto alla sicurezza dello Stato, informazioni, dati e valutazioni da parte di organi di controllo in materia bancaria, finanziaria e societaria. Se così è, non vi è dubbio che il passo avanti è molto importante ma anche rischioso, anche perché può ingenerare il convincimento che attacchi per scalate a imprese rientrino «a priori» nel contesto dei rischi per la sicurezza nazionale, prima ancora di essere, invece, manifestazione di una competizione nei mercati che, in quanto tale, è fisiologica. Certo può diventare patologica, ma allora debbono sussistere non pochi, seri e probanti riscontri. Se poi venissero auditi anche i principali istituti, a cominciare da quelli sopra indicati, l’esigenza di un chiarimento si accrescerebbe.
Non è poi da trascurare l’effetto-annuncio che in tal modo, magari inconsapevolmente, si provoca, instillando il dubbio che parti fondamentali del sistema finanziario siano sotto la spada di Damocle di scalate con finalità non meramente economiche, dal momento che si evoca indirettamente la sicurezza dello Stato. Di questo passo, a ben vedere, ogni questione, anche quelle più lontane dal comparto finanziario, potrebbero diventare materia di sicurezza nazionale. E in un mondo nel quale si sostiene che le guerre si combattono con il possesso di informazioni e di dati, con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e con l’impiego di risorse finanziarie ingenti, ciò non sarebbe poi così fuori luogo. Ma allora tutto si riduce all’equilibrio e al realismo con i quali bisogna affrontare questi argomenti, evitando, sì, sottovalutazioni, ma anche indebite generalizzazioni, inutili e fuorvianti, se portano alla hegeliana notte dove tutte le vacche sono nere. Altra cosa sarebbe se, per esempio, il comitato intendesse ricevere, per esempio, un quadro dell’attività di prevenzione e contrasto del riciclaggio del denaro sporco, delle innovazioni normative introdotte, dei rapporti europei e internazionali, dei risultati finora conseguiti da tale azione. In questo campo c’è materia anche per modifiche normative e organizzative in relazione ai soggetti che sono preposti all’azione di contrasto.
Di pari passo con lo sviluppo di progettazioni a livello europeo per la creazione di un’istituzione autonoma e indipendente preposta a tale funzione, anche a livello nazionale, è maturo il tempo per rivedere la collocazione istituzionale dell’Uif, l’Unità di informazione finanziaria, il rapporto con la Banca d’Italia, con l’autorità giudiziaria e, in generale, con gli altri organi di contrasto del riciclaggio, nonché la governance, l’organizzazione e le competenze della stessa Unità. Tra i diversi non sottovalutabili problemi aperti si segnala l’enorme aumento delle segnalazioni di operazioni sospette che pone il problema del rapporto di queste con il seguito, enormemente inferiore, che esse hanno e con l’ancora inferiore loro ingresso nell’avvio di procedimenti giudiziari. Qual è il punto della catena che va necessariamente rivisto? Ma, come si è detto, questo è solo uno dei problemi funzionali che si pongono. Va al di là, perché investe le responsabilità del Governo, il tema della limitazione dell’uso del contante sul quale la Bce ha formulato interessanti precise considerazioni a proposito della misura recentemente approvata. (riproduzione riservata)
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