Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Sono circa 2 milioni i lavoratori domestici in Italia e producono oltre un punto percentuale del pil, pari a 18,8 miliardi di euro di valore aggiunto. In base ai dati Inps, sono oltre 859 mila i lavoratori domestici regolari, il 53% svolgono l’attività di colf, il 47% di badanti, al cospetto di un tasso di irregolarità pari al 58%. Queste alcune delle evidenze che emergono dal Rapporto annuale sul lavoro domestico realizzato dall’osservatorio di Domina – Associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico, in collaborazione con la Fondazione Leone Moressa.
Sempre più italiani. Oltre il 40% dei lavoratori domestici proviene dall’Est Europa, mentre la seconda componente è quella italiana, con il 28,6% del totale, pari a circa 246 mila lavoratori. Seguono, nell’ordine, Filippine (8%), Sud America (6,8%) e Asia orientale (5,4%). Ma, in base alle risultanze del report, negli ultimi sei anni il numero di lavoratori domestici regolari è diminuito del 15,2%.
- Tridico “In pensione anche prima del previsto Ma in base ai contributi”
Superare Quota 100. Riformare la Fornero. I sindacati propongono di andare in pensione a 62 anni con almeno 20 di contributi e senza penalizzazioni. Il 27 gennaio ne parleranno con il ministro del Lavoro. Pasquale Tridico, 44 anni, guida l’Inps dal 14 marzo 2019. Presidente, cosa ne pensa? «Sono state fatte diverse proposte e non mi sembra giusto aggiungerne altre. Ma la flessibilità rispetto ai 67 anni va garantita, soprattutto se ragioniamo in termini di logica contributiva. Si fissa una linea di età per l’uscita, poi il lavoratore deve essere libero di scegliere quando andare in pensione. Ovviamente con ricalcolo contributivo, come avverrà per tutti dal 2036. È poi necessario prevedere pensioni di garanzia per i giovani, coprendo i vuoti contributivi dovuti al lavoro precario». «Quota 100 rappresenta una forma di flessibilità sperimentale rispetto alla riforma del 2011, utilizzata sin qui da 150 mila pensionati su 229 mila domande. Anche per questo non sono d’accordo con chi parla di uno “scalone” che si aprirebbe alla sua scadenza, il 31 dicembre 2021. Quota 100 nasce già per risolvere lo scalone creato dalla riforma del 2011, la soglia dei 67 anni. Nel 2022 ci sarà meno esigenza di oggi ad uscire a 62 anni con 38 di contributi. Paradossalmente si potrebbe anche prolungare Quota 100 per due anni, perché il numero di chi ha quel tipo di requisiti si sta asciugando. Lo dicono i numeri. Se non tutti gli aventi diritto ne hanno usufruito è perché, oltre alle motivazioni personali, andare in pensione dopo aumenta il montante contributivo e quindi la pensione».
Secondo il rapporto di McKinsey appena uscito, l’insurtech è il modello che spinge le società tradizionali a cercare collaborazioni con le startup per risparmiare e offrire servizi. E poi si esplorano nuovi campi di azione. Sempre più spesso le compagnie assicurative tradizionali si stanno muovendo su questo fronte per innovarsi ed essere competitive. Da una parte avanzano sul terreno digitale, investendo in tecnologia utile a servire meglio i clienti. Dall’altra, mirano a offrire servizi diversi dalla semplice Rc auto.
Leader nelle scatole nere, UnipolSai ha comprato Car Server, per il rent a car a lungo termine, e ora spazia dai pedaggi autostradali ai sistemi salva bebè.
“Grazie alle black box gestiamo i sinistri con più facilità, rapidità, efficientamento dei costi ma soprattutto con maggiore sicurezza grazie alla geolocalizzazione e all’invio automatico di assistenza e soccorsi quando necessario. Giacomo Lavati, direttore Insurance e Telematic Service di Unipol, spiega quali i vantaggi che la tecnologia ha portato in questi anni alla società per cui lavora. «Per numero di black box installate sulle autovetture noi siamo leader europei – afferma – Queste sono passate dal 3.5 mi-lioni del 2017 agli oltre 4 milioni di fine 2019 e ci consentono soprattutto di profilare iI cliente e migliorare la nostra offerta».
- Terremoti, il flop del piano fiscale. Spesi 15 milioni su 2 miliardi
La ricostruzione nel Centro Italia è ferma, ma anche il grande piano del governo per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio, varato subito dopo il sisma devastante del 2016, e autorizzato dall’Unione Europea come «spesa eccezionale», quindi fuori bilancio, è stato un fallimento. L’arma principale doveva essere il sismabonus, una detrazione fiscale molto alta, fino all’85% della spesa, sui lavori per rafforzare la resistenza sismica degli edifici. Ma a fronte di un budget di 2 miliardi di euro autorizzato dall’ Unione europea per gli incentivi, nel 2017 sono stati erogati appena 14,6 milioni. Un flop clamoroso, considerato che nello stesso tempo gli italiani hanno goduto di 8 miliardi di detrazioni fiscali per altri lavori di ristrutturazione, per la riqualificazione energetica e perfino per l’acquisto di mobili nuovi. Nonostante mille morti e tre terremoti distruttivi solo negli ultimi dieci anni, in Italia una strategia per la prevenzione del rischio sismico ancora non esiste. Considerato il sismabonus e la detrazione fiscale del 19% sul costo dell’assicurazione contro le calamità naturali (introdotta nel 2019), lo Stato investe per la prevenzione attiva meno di 20 milioni di euro l’anno. Dal 2009 ad oggi, però, lo Stato ha speso in media 5 miliardi di euro l’anno per riparare i danni causati ai privati dalle calamità naturali. Cioè una somma superiore di duecentocinquanta volte a quella investita nella prevenzione dei rischi. Il terremoto de L’Aquila è costato complessivamente 13 miliardi di euro, quello dell’Emilia, nel 2013, altrettanti, mentre nel Centro Italia la stima della Protezione civile, provvisoria, è di 23 miliardi di euro, di cui 17 relativi alle abitazioni private. Più un paio di miliardi per Ischia e Catania.
Alla fine è poco più di un chilometro: venti minuti a piedi. Si tratterebbe di uscire dal palazzo di piazza Nogara, quello disegnato negli anni Settanta da Carlo Scarpa e allontanarsi un po’ dal centro storico di Verona. Prendere via Scala, via Quattro Spade, corso di Porta Borsari e arrivare al ponte della Vittoria percorrendo via Armando Diaz. L’Adige andrebbe attraversato lì, per non allungarla troppo. A quel punto, da piazzale Cadorna si prende viale della Repubblica e proprio in fondo, quando si torna a rivedere la riva del fiume, si è praticamente arrivati: sulla destra c’è Lungadige Cangrande, il numero 16. La strada che separa la sede veronese di Banco Bpm dal quartier generale di Cattolica Assicurazioni è agevole da percorrere sulla carta, ma sebbene a Verona non si parli d’altro da una settimana, il percorso che potrebbe condurre Carlo Fratta Pasini, fino al 4 aprile presidente di Banco Bpm, nella sede della compagnia assicuratrice è molto più complesso di quanto appaia.
Il nuovo Codice di autodisciplina, che sarà reso pubblico a fine mese, si profila per le società quotate come una tappa non formale di adeguamento del governo e delle prassi societarie ai principi della sostenibilità. Adeguamento che Patrizia Grieco, presidente del Comitato per la Corporate governance (e di Enel), ritiene utile sia «tempestivo», come scrive nella lettera di 11 pagine che il 19 dicembre ha inviato ai presidenti e agli amministratori delegati di tutti i gruppi e le aziende presenti nel listino di Piazza Affari.
Se già il Comitato che, promosso da Abi, Ania, Assogestioni, Assonime, Confindustria e Borsa Italiana, emana e aggiorna il Codice, ha provveduto a rendere noto il 9 dicembre che la sostenibilità sarà un focus del nuovo testo auto-regolamentare, la presidente nella lettera sottolinea e definisce alcuni punti in modo molto preciso.
Mutuo, affitto, utenze domestiche, pensione, sono le principali cause d’insonnia degli italiani. Le preoccupazioni economiche tengono svegli donne e uomini di tutte le età. In un contesto obiettivamente difficile, tuttavia, non sono le generazioni più adulte, ad accusare lo stress più forte, ma i più giovani. Secondo un sondaggio condotto dalla società di risparmio gestito Columbia Threadneedle Investments su un campione di duemila connazionali, i più afflitti per la fase economica che stiamo attraversando, sono i Millennial.
- Meno fertilizzanti se nei campi c’è il termometro
Un sensore ottico nel terreno, per ottimizzare la produttività agricola e prevenire l’inquinamento delle risorse idriche. È stato sviluppato all’università israeliana Ben Gurion del Negev. Si tratta di una tecnologia basata sulla spettroscopia di assorbimento, che consente di ottenere una misurazione diretta, immediata e continua dei livelli di nitrato nel suolo. I livelli di nitrati naturali nelle acque sotterranee sono generalmente molto bassi, ma aumentano con l’eccessivo uso di fertilizzanti, declassando l’acqua a non potabile. Il sensore rileva concentrazioni di nitrati fra le decine e le centinaia di parti per milione con dati aggiornati e precisi. «Può fornire agli agricoltori dati preziosi sulla quantità di nutrienti disponibili per le colture — dicono gli inventori —. Previene l’eccessiva fertilizzazione, economizza l’irrigazione e riduce l’inquinamento delle risorse idriche».
- Gli autonomi sono il 21%, la metà per scelta
L’Italia è la patria europea del lavoro autonomo. Oltre 5 milioni di persone, il 21% degli occupati, un dato superato solo dal 29% della Grecia, a fronte di una media Ue del 14,3 per cento. Lo dice il recente studio “Il lavoro autonomo in Italia” redatto dalla Fondazione studi consulenti del lavoro. Di questi 5 milioni, circa 1,4 sono professionisti iscritti agli Ordini, cui vanno aggiunti altri 400mila lavoratori delle professioni non ordinistiche. E dire che prima erano anche di più, il 23,4% sul totale nel 2009, ma negli ultimi dieci anni in tutto il continente si è assistito a una contrazione (meno 5% circa) a favore di una crescita del lavoro dipendente (+7 per cento). Un dato, però, che riguarda anche artigiani e imprenditori. Perché nello specifico delle libere professioni, segnala il rapporto Confprofessioni 2019, i lavoratori invece sono aumentati del 17% tra 2011 e 2018, con autentiche esplosioni nell’area medico-sanitaria (+53%) e scientifica (+38 per cento).
- La differenza fra passivo e attivo misura il danno
Per calcolare il danno provocato dagli amministratori, che abbiano proseguito l’attività di impresa in violazione dell’articolo 2486 del Codice civile, nonostante si fosse verificata una causa di scioglimento della società, può essere utilizzato in via equitativa e anche per il passato il criterio stabilito dall’articolo 378 del Codice della crisi. Se in particolare per più anni non sono state tenute le scritture contabili e fiscali e non è stato possibile per questo accertare gli effetti pregiudizievoli provocati dal comportamento degli amministratori il danno può essere commisurato equitativamente nell’ammontare corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare. Lo ha stabilito una sentenza del Tribunale di Bologna del 2 dicembre 2019, che ha di fatto esteso gli effetti della norma di recente introduzione anche alle procedure fallimentari avviate prima della sua entrata in vigore.
- Riforma delle pensioni: verso età di inizio e livelli di pensione più elevati
Secondo lo studio d’impatto del disegno di legge, l’età media di pensionamento per le generazioni dal 1975 al 1980 cambierebbe poco in seguito alla riforma, ma aumenterebbe in seguito. Per la generazione del 2000 raggiungerebbe i 65 anni e 2 mesi. l Il livello delle pensioni aumenterebbe più rapidamente, soprattutto per i meno abbienti.
- Falsa partenza per Allianz Direct: Il progetto di riforma di Bäte infastidisce i clienti