Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
La tecnologia va in aiuto dei genitori. Si moltiplicano le soluzioni che semplificano la vita di chi ha bambini: ci sono infatti app che aiutano nella gestione dei figli, soprattutto quando sono piccoli, e nell’organizzazione di vari aspetti, per esempio monitorando i pasti, il peso e l’altezza, segnalando impegni e mandando promemoria sulle visite mediche o medicine da somministrare, suggerendo ricette adatte, ma anche proponendo attività per il tempo libero a misura di bambino e luoghi attrezzati. Senza dimenticare i sistemi per la sicurezza, per esempio in casa per controllare il sonno dei neonati o in macchina con i seggiolini anti abbandono.
- Pensioni, il governo frena Uscire a 62 anni costa troppo
La proposta dei sindacati di andare in pensione a 62 anni con almeno 20 di contributi e nessuna penalizzazione spiazza il governo. A parole tutti vogliono risolvere lo scalone di Quota 100 e riscrivere la Fornero. Ma quando si passa ai fatti, Italia Viva insiste per cancellare Quota 100, difesa dagli altri. E non disdegna le proposte più forti, come quella di Brambilla — già consigliere della Lega — di ricalcolare con il contributivo gli assegni di chi vuole uscire prima, a 64 anni con 36 o 38 di contributi. Il problema era ed è sempre lo stesso: i costi. Già all’epoca del governo Gentiloni quota 41 era stata scartata perché costosissima. E qualcuno — tra governo e Pd — considera anche la controproposta del sindacato (che pure contempla quota 41) infattibile per via dei costi. Scasserebbe i conti del Paese, si ragiona.
- Ma abbassare l’età è un attentato al patto tra generazioni
Strano paese il nostro: tutti pensano alle pensioni, ma nessuno alla previdenza. In Italia non si fa altro che parlare di pensioni. Pensione e previdenza vengono spesso usate come sinonimi, ma vogliono dire due cose ben distinte. La pensione è una rendita vitalizia frutto della previdenza, il darsi da fare fin da quando si inizia a lavorare per assicurarsi un reddito adeguato, una pensione proporzionata ai propri standard di vita, quando si smetterà di lavorare. Previdenza è un tutt’uno con risparmio, differimento nel tempo di consumi, investimento nel proprio futuro. Le persone tendono a essere poco previdenti, a procrastinare i risparmi e a anticipare il più possibile il pensionamento. Nell’era del populismo siamo passati dalla previdenza pubblica all’imprevidenza istituzionale. Si moltiplicano gli attentati al patto tra generazioni su cui si reggono le nostre pensioni. Si moltiplicano, tra le file della nuova e vecchia maggioranza, le richieste di abolire il legame automatico, proprio del nostro riformato sistema pensionistico, fra longevità ed età normale di pensionamento. C’è chi propone di abolire completamente questa indicizzazione e chi di permettere che, invece dell’età, contino gli anni di lavoro, cui si aggiungerebbero ovviamente gli anni di contributi figurativi, magari versati da qualcun altro. Ma la ragione per cui bisogna legare i requisiti di età (e non l’anzianità contributiva) alla speranza di vita è molto semplice: se si vive più a lungo, si percepirà la pensione più a lungo. Quindi per evitare che il sistema diventi insostenibile, bisogna guardare all’anagrafe e non all’anzianità contributiva. Previdenza pubblica significa garantire equità nel patto tra generazioni su cui si reggono le nostre pensioni.
Più 128% al listino e utili a 370 milioni, mentre si sono scottati quegli operatori che puntavano forte sui ribassi. Per il 2020, però, le cose cambiano e permangono i dubbi sul modello di business
Da Montecarlo, dove giovedì scorso aveva riunito staff e giornalisti per la presentazione annuale del risultati, Pietro Giuliani, fondatore e presidente di Azimut, si è preso la sua piccola rivincita contro iI mercato, contro gli analisti. E soprattutto contro chi, ancora un anno fa, puntava, e forte al ribasso del titolo. Ha scodellato risultati che non ammettono repliche, una crescita dell’azione del 128% nel 2019, la migliore performance nel listino principale; utile netto tra i 360 e i 370 milioni di euro. Un record: e un ottimo risultato anche per i suoi clienti, che hanno mediamente guadagnato l’8.5% lordo.
Come sia davvero Renato Pagliaro nessuno lo sa. I suoi dipendenti, visto che di Mediobanca è dal 2010 il presidente, lo vedono arrivare in Piazzetta Cuccia con la sua vecchia bicicletta nera o con la Vespa, nera anche quella, come quando era un collega. Di sé non parla mai, sugli altri una tomba. Di lavoro parla, ovviamente. ma solo iI necessario. Pare che non si aspettasse diventare il presidente di Mediobanca, un ruolo troppo pubblico, troppo esposto e abbia accettato solo per la continuità e la stabilità dell’istituzione dopo gli anni in cui su quella sedia era stato seduto Cesare Geronzi, mai considerato dall’interno “uno di loro”. E infatti la presidenza l’ha interpretata a modo suo, diverso dai suol due immediati predecessori Gabriele Galateri e Cesare Geronzi, uomini di relazione. Lui le relazioni non le ama, guarda le carte, controlla ogni cosa e nulla gli sfugge, tiene la barra dritta. La sua accoppiata con l’amministratore delegato Alberto Nagel è del tipo gemel-li diversi, flessibile, dinamico, intra-prendente il cinquantaquattrenne Nagel, rigoroso, addirittura rigido, prudente, riflessivo il (quasi) sessantatreenne Pagliaro.
- Welfare aziendale, conviene?
Tempo di bilanci anche per il welfare aziendale. Negli anni, più esattamente dalla legge di Bilancio 2016, i benefit ai dipendenti, spesso sostitutivi di veri e propri contratti integrativi, hanno finito per essere una risorsa del sistema imprenditoriale in tempi nei quali di politica dei redditi e stipendi bassi e nuovi contratti pochi hanno voglia di parlare. Tutti i grandi gruppi l’hanno sperimentato. A tre anni dall’introduzione di sgravi fiscali determinanti per le aziende, Nomisma e Cgil sono andati a sentire cosa ne pensano i lavoratori con un’indagine che ha coinvolto 70 aziende e oltre duemila dipendenti. Appuntamento giovedì a Milano alle Stelline tra gli altri con il segretario generale della Camera del lavoro, Massimo Bonini e il presidente di Nomisma, Piero Gnudi.
- Previdenza sotto controllo: il decennio dell’ultima chance
Nei prossimi dieci anni è prevista una mezza tregua sul fronte della spesa pensionistica. Se tutto andrà per il meglio, ovvero se la crescita del Pil non scenderà sotto la media dell’1,2% in termini reali e il mercato del lavoro continuerà ad espandersi, le uscite previdenziali potrebbero arrivare al 15,6% del prodotto, in calo di tre decimali rispetto al picco che verrà raggiunto alla fine della sperimentazione di Quota 100. Una condizione di cui dovranno tenere conto i tecnici e i politici che nelle prossime settimane riapriranno i tavoli di una nuova riforma. All’inizio degli anni 30 saremo ancora 2,3 punti sopra il livello pre-crisi del 2007 (circa 42 miliardi), ma è un buon punto di arrivo se si considera quello che succede dopo. Già perché nel quindicennio successivo si formerà la “gobba” dovuta al ritiro dei baby boomers. E il livello salirà oltre il 16% del Pil, secondo la stima centrale della Ragioneria generale dello Stato. È uno scenario molto ottimistico. Quello tracciato, invece, dal comitato tecnico della Commissione europea (Epc-Wga) sulla base di un quadro macroeconomico più avverso fotografa un picco al 17% già nel 2030 e si sale oltre il 18% nel 2040.
- Pensioni verso una stretta dopo il 2021 Corsa alle uscite con le regole attuali
L’applicazione della riforma previdenziale di fine 2011 ha portato il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia agli attuali 67 anni. Un traguardo che spaventa molte persone perché allontana nel tempo il momento del ritiro dal lavoro. Ma questa non è l’unica via d’uscita, anzi. Accanto alla pensione di vecchiaia ci sono quella anticipata, Opzione donna, alcune soluzioni ad hoc per determinate categorie di lavoratori e soprattutto, nel triennio 2019-2021, Quota 100. Il risultato dell’introduzione di quest’ultima forma di flessibilità, da un lato, e dell’aumento del requisito anagrafico per il trattamento di vecchiaia dall’altro (da 66 anni e 7 mesi a 67 anni), avvenuti entrambi l’anno scorso, lo si vede nei dati sui pensionamenti avvenuti nei primi nove mesi del 2019: le uscite di anzianità/anticipate, inclusa Quota 100, sono state 233 ogni 100 pensioni di vecchiaia, mentre nel 2018 il rapporto è stato di quasi 1 a 1.
- Più contributi con riscatto laurea e pace
Anche per il 2020 restano confermati i due metodi “innovativi” per potere aumentare la propria anzianità contributiva, entrambi introdotti dal decretone di riforma di fine gennaio 2019 (decreto legge n. 4/2019). Si tratta del riscatto di laurea agevolato e della pace contributiva. Le due misure vanno però fra loro distinte in quanto la prima è stabile nel nostro ordinamento, mentre la seconda è una sperimentazione che sopravviverà solo fino alla fine del 2021. Consiste nella possibilità, dietro pagamento di un onere economico, di accreditare un numero di anni di contributi pari alla durata del corso legale di laurea, includendo i dottorati di ricerca, ma escludendo i master universitari. Il riscatto agevolato aveva visto un originario requisito anagrafico nella prima versione del decreto, secondo cui poteva essere richiesto solo da chi aveva meno di 45 anni di età al momento della domanda. Durante la conversione in legge tale condizione è stata abrogata, mantenendone però una meno evidente, ma altrettanto esclusiva.
- Opzione donna conquista altri 12 mesi
Anche la legge di Bilancio del 2020 ha ampliato i termini dell’Opzione donna di dodici mesi. La prima sperimentazione -che aveva requisiti anagrafici più bassi- si era esaurita alla fine del 2015, ma la proroga era stata subito disposta dalla legge 208/2015 (articolo 1, comma 281) che aveva esteso l’opzione senza variarne le caratteristiche a tutte le lavoratrici che avessero maturato i requisiti entro il 2015. Il decreto di riforma del welfare (Dl 4/2019, articolo 16) ha modificato i termini dell’opzione: infatti il requisito anagrafico è salito a 58 anni per le dipendenti e 59 per le lavoratrici autonome. La stessa norma ha ampliato la scadenza, consentendo di aderire a questo accesso anticipato a pensione a coloro che raggiungevano i 58 o 59 anni e i 35 di contributi entro la fine del 2018. Va tuttavia specificato che la maturazione del requisito, in tutte le edizioni apparse non ha mai consentito di accedere subito a all’assegno, in quanto prima della decorrenza della pensione deve essere attesa una finestra della durata di 12 mesi per le lavoratrici subordinate e 18 per artigiane e commercianti in cui è possibile proseguire l’attività lavorativa.
- No alla Ctu che acquisisce documenti non presentati per tempo dalle parti
Il giudice non può conferire al consulente tecnico d’ufficio (Ctu) un mandato talmente ampio da includere e sostituire gli oneri di allegazione e di prova che incombono sulle parti del processo. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 31886 del 6 dicembre 2019, la quale ha ritenuto nulla un’indagine tecnica svolta in un giudizio, nella quale il consulente aveva acquisito documentazione non prodotta dalle parti nei termini processuali e di legge e in assenza di qualsiasi contraddittorio fra loro.
- Incendi in Australia, costo limitato per gli assicuratori
Secondo il Conseil de l’assurance d’Australie, la fattura per il settore sale a circa 430 mln di euro per 9.000 richieste di indennizzo. Ma molte richieste saranno depositate ancora nelle prossime settimane. Il valore delle case australiane è raramente valutato in decine di milioni di dollari. E né i boschi né gli animali selvatici sono assicurati contro gli incendi. Questo vale solo in parte per gli animali da allevamento. “Il rischio per l’assicurazione contro gli incendi boschivi e la riassicurazione è marginale”, afferma un broker assicurativo. Tranne che in alcune regioni del mondo dove c’è un’alta concentrazione di rischi assicurati, come le città degli Stati Uniti (anche se sempre più case in California non sono più “assicurabili”), le aree industriali o le zone ad alta densità di infrastrutture.