di Alberto Vigorelli*
In Italia oggi ci sono oltre 4 milioni di cosiddette microimprese. Sono quelle con meno di 10 addetti. La falegnameria di Roberta e Paolo, la software house di Giorgio e suo fratello, il ristorante della famiglia Rossi, il rivenditore auto di Giovanni. Oltre un terzo delle imprese individuali (il 37,4%) chiude entro quattro anni. Abbassano la serranda. Fermano i macchinari. Mandano a casa i dipendenti. Spengono i pc, l’insegna, i propri progetti di crescita. Fra le cause principali anche la mancanza di programmazione finanziaria e il ritardo dei pagamenti da parte dei propri clienti, che si traduce nell’impossibilità di ripagare le banche e quindi le linee di credito a supporto di quei progetti. Situazioni in cui il circolo virtuoso di credito-debito si inceppa, distruggendo valore lungo tutta la catena e drenando risorse per lo sviluppo economico. Quando l’interruzione di questo normale processo persiste, tutti gli attori coinvolti ne escono fortemente danneggiati. Il cattivo pagatore diventa un problema per il sistema economico, non solo per il creditore.
Esiste un modo per mantenere in equilibrio le parti in maniera sostenibile? Cosa può significare un cambio di paradigma in cui si cerchi di comprendere il motivo del mancato pagamento e di individuare una soluzione condivisa in linea con i nuovi flussi finanziari? Quanto valore può salvare una gestione quotidiana e proattiva dei clienti delle banche che cominciano a dare i primi segnali di disagio? È di questo che si deve occupare l’industria del credito. Quelli che in passato venivano identificati come i cattivi. Quelli che si chiamavano agenzie di recupero crediti, di cui avvalersi quasi di nascosto, come ultima spiaggia, da non coinvolgere sui clienti buoni perché hanno solo qualche settimana di ritardo e vanno gestiti internamente alla banca. Oggi quella del credit management, come è più corretto definirla, è una vera e propria industria, con alcune realtà evolute e strutturate per gestire con processi e competenze specifiche i soggetti che si trovano in difficoltà rispetto ai propri obblighi di pagamento. Una famiglia che non può più sopportare il peso della rata del mutuo può «prendere aria» grazie a una moratoria o a una diluizione nel tempo. Un’azienda che è in affanno nel rientro dal prestito per le apparecchiature che ogni giorno le permettono di generare reddito per un calo momentaneo delle commesse, può beneficiare di un’analisi approfondita del quadro creditizio e delle reali capacità di pagamenti, oltre che di eventuali misure di revisione dell’impianto creditizio, oggi chiamate forbearance, che le permetterebbero di rimettersi in sesto e continuare a generare reddito tornando a investire per crescere. Tutto questo è possibile con persone che parlano alle persone. Con finalità che vanno oltre il recupero della singola rata e curano alla radice le ragioni del mancato pagamento, mettendo in sicurezza l’intera esposizione creditizia e gettando le basi per una indiretta educazione a una programmazione e gestione finanziaria più consapevole. Nel mondo del credito ideale, la distanza fra cliente e banca si accorcia anche nei momenti di defaillance, secondo un patto informativo dal quale escono vincitori entrambi: prima la difficoltà nell’onorare il proprio obbligo di pagamento viene a galla, prima si può lavorare insieme a una soluzione condivisa e risolvere il problema, reimmettendo risorse, che altrimenti andrebbero perse, all’interno del sistema economico. Una banca che deve migliorare la qualità degli attivi sotto la spinta di calendar provisioning e nuove definizioni di default e che al contempo dovrebbe concentrarsi sull’attività di sostegno all’economia, ma ha ridotto il personale e il numero di filiali sul territorio, quanto risparmia sul costo del capitale se interviene sui clienti in difficoltà dal primo impagato tramite un partner che può farlo in maniera industrializzata? La risposta può essere contenuta su un modello excel più o meno evoluto, ma la differenza la marcheranno le scelte che gli istituti bancari faranno in merito al loro modello di gestione del cliente, rincorsi a velocità sostenuta dalle varie normative.
Quello che i nostri numeri dicono oggi è che, se portata avanti in maniera etica, secondo best practice di settore e con la consapevolezza di una responsabilità sociale che va oltre la logica del profitto, l’attività di credit management favorisce il riequilibrio della filiera del credito, innescando un circolo virtuoso positivo nel sistema Paese nella sua interezza. Se mi è permesso un paragone con una mia grande passione, la vela, non possiamo cambiare la direzione del vento, ovvero l’andamento del mercato esterno, ma possiamo aggiustare le vele per raggiungere la nostra destinazione. Ed è qui che la banca, con l’aiuto di player specializzati, deve giocare il ruolo del tattico per guidare le decisioni del timoniere cliente e aggiustare le vele per permettere alla barca azienda di raggiungere la meta che riguarda la generazione di valore nel tempo. (riproduzione riservata)
*ceo del Gruppo Fire
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