La sentenza n. 526 della Corte di Cassazione del 15 gennaio 2020, ha stabilito che nella fase di liquidazione del danno patrimoniale a seguito di un sinistro, “l’importo delle provvidenze pubbliche deve essere interamente sottratto dall’importo risarcitorio”. Dal credito vanno quindi scomputati, o restituiti, gli importi percepiti dal danneggiato a titolo di indennità di accompagnamento e anche gli eventuali benefici per l’assistenza domiciliare, ricevuti in base alla legislazione regionale (nel caso della Lombardia).
Con questa sentenza la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della vittima di un incidente stradale, contro la decisione della Corte di Appello di Milano che aveva disposto la restituzione delle somme erogate in eccesso alla compagnia di assicurazioni e alla società proprietaria del mezzo investitore. La vicenda riguardava un ragazzo che era stato travolto da un furgone mentre era a bordo di una moto di grossa cilindrata, riportando gravissime macrolesioni.
La Suprema corte ha così confermato la condanna, in solido, della Compagnia e delle Spa proprietaria del mezzo, al pagamento di 560mila euro, a titolo di danno non patrimoniale e di 856mila euro, per danno patrimoniale, da cui vanno però detratti gli 811mila euro già percepiti dal danneggiato.
E ha ribadito i tre principi di diritto enunciati con la decisione n. 774/2016 che aveva disposto un nuovo giudizio di Appello sulla questione. “La liquidazione del danno patrimoniale consistente nelle spese sostenute per l’assistenza domiciliare a vantaggio di persona invalida – scrive la Corte – presuppone l’accertamento che la relativa spesa sia stata effettivamente sostenuta; nulla, dunque, può essere liquidato per tale titolo a chi non dimostri di avere sostenuto alcuna spesa al riguardo”.
“Nella liquidazione del danno patrimoniale consistente nelle spese che la vittima di lesioni personali deve sostenere per l’assistenza domiciliare – prosegue la decisione -, il giudice deve detrarre dal credito risarcitorio sia i benefici spettanti alla vittima a titolo di indennità di accompagnamento (art. 5 legge 222/1984), sia i benefici ad essa spettanti in virtù della legislazione regionale in tema di assistenza domiciliare, legislazione che in virtù del principio jura novit curia il giudice deve applicare d’ufficio, se i presupposti di tale applicabilità risultino comunque dagli atti”.
Infine, la Cassazione ricorda che “il danno permanente futuro, consistente nella necessità di dover sostenere una spesa periodica vita natural durante, non può essere liquidato semplicemente moltiplicando la spesa annua per il numero di anni di vita stimata della vittima, ma va liquidato o in forma di rendita; oppure moltiplicando il danno annuo per il numero di anni per cui verrà sopportato, e quindi abbattendo il risultato in base ad coefficiente di anticipazione; od infine attraverso il metodo della capitalizzazione, consistente nel moltiplicare il danno annuo per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie”.