Secondo uno studio del Boston Gonsulting Group, gli utili del settore saliranno a 380 miliardi nei prossimi 15 anni. Ma il 40% deriverà dai canali delle nuove tecnologie e dei nuovi servizi di mobilità
di Luciano Mondellini

Il settore automobilistico mondiale nel suo complesso dovrebbe registrare nei prossimi 15 anni una crescita dei profitti di circa il 70% sino a toccare la quota monstre di 380 miliardi di dollari a livello globale (342 miliardi di euro). Ma i canali di provenienza degli utili subiranno una rivoluzione copernicana con circa il 40% del risultato netto che arriverà dai nuovi segmenti come l’auto elettrica, la connettività e soprattutto i servizi di mobilità on-demand. È quanto emerge da un corposo studio sull’auto e sulla mobilità del futuro redatto dalla prestigiosa società di consulenza strategica Boston Consulting Group (Bcg) che MF-Milano Finanza ha potuto visionare. Questa rivoluzione però dovrà fare i conti anche con gli sconvolgimenti che essa stessa porterà con sé. Sia a livello sociale (secondo l’ente tedesco Piattaforma nazionale sulla mobilità del futuro (Npm), con il passaggio alla mobilità elettrica, sono a rischio circa 410 mila posti di lavoro entro il 2030 nella sola Germania) sia a livello di business, con le case automobilistiche che giocoforza dovranno cercare di accelerare sulla via del consolidamento per creare gruppi più grossi capaci di resistere alle pressioni competitive. Non a caso in settimana il ceo di Volkswagen Herbert Diess ha spiegato che se il colosso di Wolfsburg non accelera sulle nuove tecnologie e sul green rischia di fare la fine di Nokia, il produttore finlandese di telefoni cellulari andato in crisi dopo l’arrivo degli smartphone.
Entrando nel dettaglio dello studio di Bcg, condotto da Davide Di Domenico, Automotive & Mobility Leader della società statunitense per Europa Centrale, Medio Oriente e Africa, si nota come, secondo le previsioni, entro il 2050 il 70% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane e la conseguenza principale sarà che il numero della mega conurbazione salirà a 40 a livello globale. Allo stesso modo ci sarà un significativo aumento dei livelli di inquinamento nelle grandi città. Questi due fattori, – l’uno di natura demografico-sociologica, l’altro di caratteristica ambientale – condurranno a due conseguenze fondamentali: una sempre maggiore spinta verso l’elettrico e tecnologie green e a un cambiamento radicale nella maniera di spostarsi all’interno dei contesto urbani. Con i servizi di mobilità on demand (taxi, condivisioni e minibus) che avranno un incremento di richiesta in un intorno compreso tra il 30 e il 40%. A sua volta tutto ciò indurrà un massiccia modifica delle fonti di profitto per la case automobilistiche, naturalmente però solo per quelle che saranno sopravvissute alla trasformazione. I numeri e le stime contenuti nello studio mettono bene in luce il fenomeno. Nel 2017 (si osservi grafico in pagina) il settore automotive nel suo complesso aveva registrato utili per 226 miliardi di dollari a livello globale. Di questi praticamente tutti sono stati realizzati nei cosiddetti canali classici (componentistica di auto tradizionali, vendite di nuove auto, servizi finanziari e ricambi), lasciando poco più di 2 miliardi di profitti per i canali emergenti (componentistica per auto elettriche ed autonome, vendita di vetture elettriche ed autonome, dati e connettività e utili da mobilità on demand).

Tra 15 anni invece lo scenario dovrebbe essere completamente diverso. La cosa interessante è che il comparto aumenterà sensibilmente (circa il 68% in più) gli utili arrivando alla cifra di stimata di 380 miliardi di dollari, ma i canali attraverso i quali questi profitti saranno realizzati saranno radicalmente diversi. In particolare i cosiddetti canali classici dovrebbero contribuire infatti per «soli» 229 miliardi, mentre i canali emergenti dovrebbero appartare 151 miliardi, ovvero circa il 40% del totale, mettendo a segno una crescita enorme dai circa 2 miliardi ottenuti nel 2017. Nel dettaglio il contributo più corposo (per ben 76 miliardi) dovrebbe arrivare dai servizi di mobilità on demand proprio sulla spinta dei cambiamenti demografici che spingeranno la gente a vivere sempre più nei grandi centri urbani.
Attenzione, però. Per le case automobilistiche che si dovranno cimentare, non sarà una corsa facile né garantita. «Mentre i vari costruttori non possono permettersi di arrivare in ritardo sulla nuova mobilità, c’è anche un grande costo opportunità (ovvero il sacrificio che un operatore deve compiere per effettuare una scelta economica, ndr) nell’arrivarci troppo presto, specialmente quando le sfide di breve termine sono sempre più pressanti», spiega Di Domenico riferendosi a elementi come il rallentamento della crescita mondiale o al mercato automobilistico cinese che sta sperimentando le prime flessioni da vent’anni a questa parte, oppure l’Europa che è alle prese con la crisi del diesel. In particolare però, lanciando lo sguardo nel medio termine, lo studio evidenzia quattro grandi ostacoli verso questa transizione produttiva. In primo luogo la tecnologia è ancora in fase di evoluzione. Per esempio nessuno ha ancora trovato un sistema sicuro per la auto autonome in caso di neve. In seconda istanza i costi produttivi sono ancora alti. Le spese di fabbricazione per il Lidar (la tecnica di telerilevamento che permette di determinare la distanza di un oggetto o di una superficie utilizzando un impulso laser) sono state ridotte di circa il 90% negli anni recenti, ma questo non è sufficiente per renderle competitive.

Inoltre c’è da considerare che la stragrande maggioranza degli stabilimenti attuali sparsi per il mondo producono vetture con motore a combustione. E quindi i costi di transizioni non saranno indolori. Infine, ma non certo di minore importanza, c’è da considerare i ritardo legislativi che dovrebbero normare le auto autonome o quelle di nuove tecnologia.
D’altronde però che il futuro sta andando di corsa lo dimostrano anche le ultime previsioni sulle auto di nuova generazione. L’ultima stima globale di Bcg per il settore automobilistico mostra come le vendite di veicoli elettrici crescano ancora più velocemente del previsto: queste vetture si prevede possano conquistare un terzo del mercato entro il 2025 e il 51% entro il 2030, superando le vendite di veicoli alimentati esclusivamente da motori a combustione interna. Nel contempo i veicoli elettrici a batteria e gli ibridi plug-in si stima possano pesare quasi un quarto del mercato entro il 2030 mentre in precedenza Bcg aveva previsto che la loro quota di mercato globale sarebbe stata di circa un quinto. (riproduzione riservata)

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