I dati sono la miniera d’oro del secolo digitale, poiché sono in grado di alimentare una cultura dell’innovazione e della crescita. Tuttavia, il possibile tesoro può trasformarsi in un incubo. Quando i dipendenti di un’azienda non sono in grado di interpretare i dati nella maniera corretta, non riescono a dar loro un senso a pagarne le conseguenze è l’azienda in termini di perdita di produttività e di valore. Il report “The Human Impact of Data Literacy” realizzato da Accenture e Qlik®, ha rilevato che, mentre la maggior parte delle organizzazioni è perfettamente consapevole delle enormi opportunità offerte dai dati, esiste invece un divario rispetto alla capacità dei dipendenti di creare valore dai dati stessi.
L’indagine condotta su 9.000 dipendenti in tutto il mondo ha rilevato che, ogni anno, le aziende perdono in media più di cinque giorni lavorativi per dipendente. Parliamo di 43 ore perse a causa del continuo differimento delle attività e dei congedi per malattia, dovuti allo stress legato a problemi inerenti principalmente ai dati e alla tecnologia, che si traduce in miliardi di perdite in termini di produttività in tutto il mondo: 109,4 miliardi di dollari negli Stati Uniti, 15,16 miliardi di dollari in Giappone, 13,17 miliardi nel Regno Unito, 10,9 miliardi in Francia, 9,4 miliardi in Australia, 4,6 miliardi in India, 3,7 miliardi a Singapore, 3,2 miliardi in Svezia e 23,7 miliardi di dollari in Germania.
Secondo gli esperti di Accenture il divario di alfabetizzazione sui dati influenza la capacità delle aziende di prosperare in un contesto economico fondato sul trattamento dei dati. In primo luogo, nonostante quasi tutti i dipendenti (87%) riconoscano nei dati una risorsa, pochi li utilizzano nell’ambito del processo decisionale. Solo il 25% dei dipendenti intervistati ritiene di essere pienamente preparato a utilizzare i dati in modo efficace e solo il 21% dichiara di avere fiducia nelle proprie competenze in materia di Data Literacy, ovvero nella capacità di leggere, comprendere, interrogare e lavorare con i dati.
C’è anche un 37% di dipendenti che si fida maggiormente delle proprie decisioni sulla base dei dati in possesso, e quasi la metà (48%) nel momento decisionale si affida all’istinto piuttosto che alle intuizioni guidate dai dati.
Non va trascurato il fatto che la mancanza di competenze in materia di dati si ripercuote sulla produttività delle imprese: il 74% dei dipendenti dichiara di sentirsi sopraffatto o insoddisfatto quando lavora con i dati. Alcuni di questi lavoratori fanno di tutto per evitare di utilizzare i dati, con il 36% dei dipendenti intervistati che dichiara di mettersi alla ricerca di un metodo alternativo per completare il lavoro senza dover ricorrere all’utilizzo dei dati. Inoltre il 61% del campione ritiene che il sovraccarico di dati contribuisca ad accrescere lo stress lavorativo.
Insomma, “nessuno mette in discussione il valore dei dati, ma molte aziende devono reinventare il loro approccio di gestione e analisi dei dati, nonché il loro utilizzo nel processo decisionale. Ciò significa garantire alla propria forza lavoro gli strumenti e la formazione necessari per poter cogliere le nuove opportunità offerte dai dati”, ha spiegato Sanjeev Vohra, Group technology officer e Responsabile del Data Business Group di Accenture. “Le aziende guidate dai dati che si concentrano sull’apprendimento continuo saranno più produttive e acquisiranno un vantaggio competitivo”. Per avere successo nell’era dei dati, i manager devono aiutare i dipendenti ad acquisire sicurezza nel trattamento dei dati e prendere decisioni migliori.