Un’analisi delle forme di incentivo al pensionamento anticipato in vigore nel 2019
Confermate dal governo opzione donna e Ape social
di Giovanni Di Corrado* *Avv, Centro studi Enbic
In seguito all’approvazione definitiva, da parte del Consiglio dei ministri, del «decretone» su quota 100 e sul reddito di cittadinanza, non si può non effettuare una prima analisi sui vari aspetti delle misure previste, in particolare per quel che concerne l’ambito pensionistico. Tra le misure previste dal nuovo governo con riferimento alle pensioni, in primis va annoverata la quota 100. La quota 100 è una nuova forma di pensione anticipata riservata agli iscritti alle gestioni Inps e alla gestione separata, con esclusione di coloro che sono iscritti alle casse previdenziali. Tale misura sarà sperimentale per il triennio che va dal 2019 al 2021. Il requisito base per accedervi è che il soggetto interessato possegga 62 anni di età anagrafica oltre ad una anzianità contributiva minima di 38 anni. È fondamentale evidenziare che tali requisiti minimi non sono alternativi tra loro.
È evidente che l’obiettivo che il governo si è posto con tale misura è quello di «liberare» lavoratori prossimi alla meta della pensione, ma non ancora al traguardo favorendo così un ricambio anche generazionale per quel che riguarda la forza lavoro all’interno degli uffici, delle fabbriche, della pubblica amministrazione ecc., ricambio che non si è potuto avere con la riforma Fornero la quale con l’adeguamento alle aspettative di vita, tra le altre cose, ha reso di fatto impossibile qualsiasi forma di turnover! Vi è da dire che, sempre a supporto di tale intento, nel decreto della riforma delle pensioni, è presente anche una disposizione con cui viene prevista la possibilità di colmare eventuali «buchi contributivi». Infatti, sempre in via sperimentale è data la facoltà, a coloro che risultano iscritti alla gestione ordinaria ed alla gestione separata dell’ Inps, nonché alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, che risultino privi di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre 1995 e non già titolari di pensione, di riscattare i predetti vuoti contributivi per un periodo però, non superiore a cinque anni. Così operando, grazie a questi riscatti molti lavoratori potranno entrare prima in possesso dei requisiti per il pensionamento, arrivando in anticipo, rispetto a quanto avevano previsto, al raggiungimento della pensione per quota 100 o comunque in ogni caso, alla pensione anticipata. A questo punto non si può non evidenziare il fatto che il governo si sta muovendo certamente nella direzione giusta per cercare di smuovere in qualche modo il mercato del lavoro per certi versi un po’ troppo stantio, mediante appunto un turnover della forza lavoro presente sul mercato attuale. Ma oggetto del decreto sulla riforma delle pensioni non sono solo la quota 100 e la cosiddetta «pace contributiva» di cui si è appena discusso, bensì anche altri due interventi che seppure non siano caratterizzati dall’elemento della novità, contribuiscono certamente a facilitare il perseguimento dell’obiettivo governativo. Infatti, all’interno del decreto in commento, ritroviamo l’opzione donna.
Nel ricordare che l’opzione donna è una misura che adesso concede il diritto al trattamento pensionistico anticipato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo, alle lavoratrici dipendenti nate entro il 31 Dicembre 1960 ed alle lavoratrici autonome nate entro il 31 dicembre 1959, le quali abbiano maturato una anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni al 31 dicembre 2018, non si può non asserire che trattasi anche questa di una forma di incentivo al pensionamento anticipato a cui consegue certamente un ingresso di altre nuove unità lavorative nei vari contesti socio imprenditoriali.
Muovendoci sempre nella stessa direzione intrapresa dal governo e a voler quasi completare la carrellata di riforme messe a punto dal governo in materia pensionistica, occorre sottolineare altresì l’ulteriore proroga, prevista per tutto l’anno 2019, dell’Ape social, ovvero quell’anticipo pensionistico già in vigore che è previsto per coloro che hanno almeno 63 anni di età anagrafica e che rientrano in una delle fattispecie previste ai commi 185 e 186 della legge 232/2016: trattasi in particolare dei soggetti disoccupati che hanno terminato da almeno tre mesi di percepire il sussidio, dei caregiver, di coloro che hanno una riduzione della capacità lavorativa pari almeno al 74% e dei lavoratori adibiti alle mansioni gravose che siano in possesso di almeno 30 o 36 anni di anzianità contributiva, a seconda delle situazioni. Ben si evince dunque come i punti di forza della nuova manovra governativa risultino essere davvero tanti se si vuole ottenere un turnover che si traduca realmente in un forte ricambio generazionale. Se si considera poi anche il fatto che sono stati riconfermati degli incentivi occupazionali in vigore nel 2018, oltre all’introduzione del bonus giovani eccellenze, allora è certo che l’impatto di tali manovre sarà positivo, e non si può non supportare tale indirizzo governativo che si rivelerà indubbiamente premiante in quanto avrà il grande merito di favorire una forte ripresa dell’attività produttiva e lavorativa grazie anche e soprattutto all’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
Fonte: