Per valutare la correttezza del comportamento assunto dall’assicurato in rapporto agli obblighi informativi cui era tenuto nello stipulare la polizza vita, il giudice deve porre la sua attenzione sugli elementi denotanti le condizioni di salute, presenti al tempo della sottoscrizione della polizza, già noti o conoscibili da parte dell’assicurato in base a un criterio di ordinaria di diligenza, senza tener conto di quanto accaduto ex post, se non in termini di ulteriore elemento di riscontro circa il collegamento logico-temporale con lo stato pregresso di salute.
Al riguardo, quale precedente rilevante si richiama la pronuncia resa da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7245 del 29/03/2006, laddove ha sancito che la reticenza dell’assicurato è causa di annullamento del contratto ex art. 1892 c.c., quando si verificano all’atto della conclusione del contratto, simultaneamente, tre condizioni: che la dichiarazione sia inesatta o reticente; che l’assicurato abbia reso la dichiarazione con dolo o colpa grave; che la reticenza sia stata determinante ai fini della formazione del consenso dell’assicuratore.
Inoltre, il giudizio sulla rilevanza delle dichiarazioni inesatte o sulla reticenza del contraente, implicando un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto se non sia sorretto da una motivazione logica, coerente e completa (nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto rilevante ai fini dell’annullamento del contratto di assicurazione la mancata indicazione dell’anomalia congenita rappresentata dall’aorta bicuspide accompagnata da un soffio cardiaco presente fin dall’infanzia, in nesso causale con il complesso morboso presentato dall’assicurato, condizione nota all’assicurato e la cui ignoranza da parte dell’assicuratore era stata determinante del consenso).
Occorre tuttavia rilevare che nel caso concreto si versa nella situazione, non adeguatamente considerata dalla Corte di merito, in cui l’assicurato non ha risposto a uno specifico questionario che, in ipotesi, lo doveva indurre a dare risposte più circostanziate sul suo stato di salute.
Il contratto di assicurazione, invero, è annullabile per reticenza o dichiarazioni inesatte ex art. 1892 c.c., quando l’assicurato abbia con coscienza e volontà omesso di riferire all’assicuratore, nonostante gli sia stata rivolta apposita domanda, circostanze suscettibili di esercitare una effettiva influenza sul rischio assicurato, non essendo necessaria anche la consapevolezza di essere affetto dalla specifica malattia che abbia poi dato luogo al sinistro. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto sussistere colpa grave del contraente che, al momento della stipula della polizza, pur non essendo consapevole di avere una patologia tumorale, aveva sottoscritto una dichiarazione attestante una circostanza non vera, ossia di non aver subito interventi chirurgici nei cinque anni precedenti, v. Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 19520 del 04/08/2017).
In tema di annullamento del contratto di assicurazione per reticenza o dichiarazioni inesatte ex art. 1892 c.c., sotto il profilo dell’elemento soggettivo, al fine di integrare l’elemento soggettivo del dolo non è necessario che l’assicurato ponga in essere artifici o altri mezzi fraudolenti, essendo sufficiente la coscienza e volontà di rendere una dichiarazione inesatta o reticente; quanto alla colpa grave, occorre invece che la dichiarazione inesatta o reticente sia frutto di una grave negligenza che presupponga la coscienza dell’inesattezza della dichiarazione o della reticenza in uno con la consapevolezza dell’importanza dell’informazione, inesatta o mancata, rispetto alla conclusione del contratto ed alle sue condizioni (v. Sez. 3 -, Ordinanza n. 19520 del 04/08/2017; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12086 del 10/06/2015). Difatti nel contratto di assicurazione gli obblighi informativi hanno la precipua funzione di garantire un giusto equilibrio tra i rischi che ogni parte si assume in ordine all’evento futuro e incerto che costituisce l’oggetto del contratto.
Per valutare la correttezza del comportamento assunto dall’assicurato in rapporto agli obblighi informativi cui era tenuto nello stipulare la polizza vita, il giudice, dunque, deve porre la sua attenzione sugli elementi denotanti le condizioni di salute, presenti al tempo della sottoscrizione della polizza, già noti o conoscibili da parte dell’assicurato in base a un criterio di ordinaria di diligenza, senza tener conto di quanto accaduto ex post se non in termini di ulteriore elemento di riscontro circa il collegamento logico-temporale con lo stato pregresso di salute.
La pronuncia impugnata dimostra, invece, di non aver adeguatamente considerato i criteri dettati dalla Corte di legittimità per svolgere una corretta applicazione della norma, che impone un adeguato scrutinio del complessivo contegno tenuto dall’assicurato al momento della stipula del contratto di assicurazione, riportando la situazione ex ante.
La Corte d’appello, in particolare, ha trascurato la rilevanza del questionario sottoposto al paziente, le cui mancate risposte sono da valutarsi unitamente agli esiti di pregressi ricoveri, indagini e analisi mediche e alle eventuali cure intraprese, conosciuti dall’assicurato al tempo della stipula del contratto.
Cassazione civile sez. III, 05/10/2018 n. 24563