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Nello scorso numero di dicembre di ASSINEWS, abbiamo chiuso l’anno con una overview sui principali step che hanno portato la software house milanese Diagramma a lanciare sul mercato un prodotto evoluto come IAssicur DBI.
È dal (oramai lontano) 1982 che Diagramma opera nel mondo della IA: chatbot, sistemi di compressione dati, crittografia, tecnologie web, computer grafica, motori di ricerca a base semantica, riconoscimento visivo e vocale, help desk automatici, sono solo alcune delle aree di applicazione a cui Diagramma, quando ancora pochi sapevano di cosa si stesse parlando, si è dedicata.

Inoltre, da buoni “profeti tecnologici”, abbiamo provato ad accompagnarvi all’ingresso del nuovo anno con alcune previsioni per il biennio 2019-2020 (come diceva Lincoln, prevedere il futuro è meno difficile se si prova a parteciparvi in modo attivo):
digitalizzazione (firma elettronica, conservazione digitale, fatturazione elettronica, e in generale una progressiva dematerializzazione di molti processi aziendali); nuove aree di business (l’utilizzo massivo delle nuove tecnologie nei processi di vendita, nel marketing e nel CRM); controllo attivo e passivo dei singoli processi aziendali, tramite i due strumenti principali della (Real) Business Intelligence: le Dashboard personalizzabili e il Workflow.

Concetti affatto nuovi nella loro accezione “superficiale”, ma totalmente rivoluzionari nei modi e nei tempi: il radicale incremento della potenza di calcolo a disposizione, l’aumento di intelligenza generale complessiva dei software, il cambio di paradigma culturale a cui stiamo assistendo (l’era digitale) e la possibilità da parte di tutti (o quasi) di utilizzare qualsiasi tipo di tecnologia (una sorta di democrazia tecnologica), stanno in qualche modo ridefinendo i nuovi standard di progettazione degli strumenti di lavoro.

Tra i “nuovi” strumenti tecnologici che tanto destano interesse ultimamente, uno degli esempi più significativi è la tecnologia blockchain, ideata agli inizi degli anni ‘90, ma concettualizzata nell’attuale struttura solo nel 2008, da un informatico (tuttora) sconosciuto sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto.
La blockchain è una sorta di registro digitale in grado di memorizzare transazioni ed eventi, in modo sicuro e verificabile.

Tale registro è aperto, ovvero consultabile pubblicamente da tutti (chiunque può scaricarne una copia ed effettuare un controllo sulle transazioni); distribuito: non esiste un posto centrale (un server centralizzato) in cui i dati vengono salvati, ma tutta la catena delle transazioni vive in un network peer-to-peer (come per Emule o il vecchio Napster);
permanente, o impossibile da alterare: una volta scritti, i dati in un blocco non possono essere retroattivamente alterati senza che vengano modificati tutti i blocchi successivi.

Come questo sia possibile è un fatto relativamente banale e chiama in causa il concetto di crittografia: essendo – per definizione – una catena di blocchi logicamente concatenati, basta che le informazioni del precedente “finiscano” in qualche modo nel successivo, per rendere praticamente impossibile modificare retroattivamente i dati. Nella pratica, ogni blocco contiene una o più transazioni, un puntatore hash al blocco precedente (la firma del blocco N diventa parte del blocco N+1) e un timestamp (una vera e propria marca temporale per quel blocco).

Il trucco è semplice: la firma di ciascun blocco – una stringa alfanumerica calcolata da un algoritmo – dipende deterministicamente dal contenuto del blocco stesso più la firma del blocco precedente: alterare la firma di un blocco significa di fatto alterare tutte le successive e dare quindi origine ad una seconda blockchain! La sicurezza è garantita dal fatto che se qualcuno tenta di alterare un blocco e quindi ricalcolare tutte le firme successive, gli altri partecipanti della blockchain se ne accorgono (essendo pubblica) e scartano la modifica come invalida (ovvero confermano che la blockchain “originale” è quella che contiene le transazioni corrette).

Riassumendo in termini pratici – e di potenzialità – l’intera questione, possiamo dire che l’uso della blockchain promette di portare significativi miglioramenti a qualsiasi forma di transazione finanziaria o di vendita di prodotti immateriali, come le polizze assicurative. Tornando per un attimo alle origini della blockchain, la prima applicazione naturale della (allora) nuova tecnologia venne legata al concetto di valuta digitale, con l’obiettivo di fungere da libro mastro (registro di tutte le transazioni di pagamento) della nascente Bitcoin.

Lo scopo principale fu presto chiaro a tutti gli attori coinvolti: eliminare le intermediazioni o i supervisori delle transazioni (Istituiti di Credito, Banche Centrali, ecc.), regolare le interazioni tra soggetti e garantire alle persone di poter entrare in possesso di un fondo monetario affidabile e sicuro sia in termini di transazioni sia in termini di privacy. Ancora una volta, il meccanismo – almeno nelle sue linee essenziali – è abbastanza semplice. Ipotizziamo che Marta debba dare ad Alessandro 10 euro.

Con le banconote, il passaggio è immediato: Marta dà una banconota da 10 euro ad Alessandro – una volta dati ad Alessandro, quei 10 euro non sono più nel portafoglio di Marta e Alessandro è sicuro di averli ricevuti.
Marta non può, neanche volendo, spendere due volte 10 euro (in realtà esiste una complicazione di secondo livello, che riguarda l’autenticità delle banconote; quindi, anche se raro, esiste un problema di potenziale fiducia perché qualcuno, cioè la Banca Centrale, deve garantire che la banconota sia valida).

Con i soldi virtuali (un esempio banale è il bonifico bancario), è più complesso:
Marta ha un conto online in cui risulta ci siano almeno 10 euro e fa un bonifico ad Alessandro. Poiché niente viene scambiato davvero, ci deve essere un sistema che garantisca che il conto di Marta diminuisca di 10 euro – altrimenti Marta potrebbe fare bonifici infiniti – e che il conto di Alessandro aumenti di 10 euro.
DBPer rendere funzionante questo banale meccanismo, esistono complicate operazioni bancarie (e leggi che garantiscono acquirenti e venditori) che servono ad evitare il double-spending, cioè appunto il fatto di poter spendere questi 10 euro più volte.

Con una cryptovaluta (ad esempio il Bitcoin, la più famosa), si risolve il problema del double- spending senza una banca o un’organizzazione centrale che coordini le operazioni:
Marta usa la blockchain per inviare la transazione ad Alessandro e la blockchain garantisce – per sua stessa natura – che Marta abbia effettivamente gli 0.0028 Bitcoin necessari (corrispondenti a 10 euro nel momento in cui viene scritto questo articolo), che Alessandro li riceva e che, una volta dati ad Alessandro, gli 0.0028 Bitcoin non possano essere utilizzati da Marta una seconda volta per un’altra transazione.
A questo punto dell’analisi, emergono molte altre applicazioni della blockchain legate, ad esempio, alla contrattualistica. Nel prossimo numero di febbraio, affronteremo il concetto di Smart Contract e le collegate applicazioni della tecnologia blockchain all’interno del mercato assicurativo.