Su qualche autobus l’adesivo “vietato parlare all’autista” è stato sostituito con l’avviso che la violenza sugli autisti è un crimine che porta all’arresto. Ma i conducenti non sono i soli bersagli di aggressioni sul lavoro e il fenomeno ha un’eco mediatica notevole rappresentando un segnale di possibili tensioni sociali.
Gli infortuni avvenuti in occasione di lavoro, accertati positivamente dall’Inail e codificati come aggressioni da persone esterne all’impresa, tra dipendenti della stessa e da animali, sono circa 8mila l’anno.
Più della metà (il 57%) riguarda aggressioni da esterni all’impresa, ad esempio rapine con armi da fuoco o da taglio a banche, uffici postali, tabaccherie, farmacie, magazzini ecc. ma anche percosse ad autisti di autobus, infermieri, vigili urbani ecc. per raptus, esasperazione o disagio sociale. Il 13% ha, invece, riguardato dipendenti della stessa impresa: vi rientrano i numerosi casi di aggressione ad insegnanti da parte dei loro alunni ma anche le liti tra colleghi per rancori irrisolti. Il 30% vede, infine, responsabili gli animali, protagonisti i cani mordaci e i bovini che durante le operazioni di mungitura o di stallaggio, calciano, incornano o spingono facendo cadere il lavoratore.
Un lavoratore aggredito su quattro opera nella sanità e assistenza sociale dove le condizioni di forte stress fisico e psicologico dei pazienti e dei loro familiari possono provocare reazioni violente nei confronti del personale. Seguono in graduatoria gli allevatori (colpiti da animali), vigili e guardie giurate, conducenti di autobus e taxi, personale della scuola. Tra gli aggrediti, il 39% è una donna, con punte dell’85% nella scuola e del 71% nella sanità. Un’aggressione su tre avviene al Nord-Ovest, il 25% al Mezzogiorno, il 22% al Centro e il 21% al Nord-Est.
Fonte: INAIL