di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Nel guardare la performance in borsa dei wealth manager quotati viene da chiedersi se investire su di loro sia ancora meglio che investire con loro.
A partire da FinecoBank che ha messo a segno una performance in borsa di quasi il 64% nel 2017 e ha aperto l’anno con un altro rialzo del 13% aggiornando il massimo storico dalla quotazione nel 2014. Merito di una raccolta da record che ha sorpreso il consensus e delle attese legate all’avvio della nuova fabbrica prodotto irlandese, che secondo gli analisti migliorerà la redditività della banca. La società guidata da Alessandro Foti l’anno scorso ha registrato flussi netti per quasi 6 miliardi di euro, in aumento del 18% rispetto al 2016, con un patrimonio in gestione che ha superato 67 miliardi (+12%). Ma il mercato ha apprezzato soprattutto il miglioramento della composizione degli asset. Infatti la raccolta gestita ha raggiunto 3,94 miliardi (+121% rispetto al 2016) e ha rappresentato il 66% del totale. Intanto, dopo la pubblicazione dei dati di raccolta, gli analisti delle investment bank hanno rivisto le stime. Kepler Cheuvreux ha alzato il target price sul titolo da 8,8 a 10 euro (rispetto all’attuale quotazione di 9,6 euro) confermando il giudizio buy (comprare): «Flussi più elevati delle stime e la previsione di un miglioramento del margine netto per la nuova fabbrica in Irlanda nel risparmio gestito (che si occuperà dei cosiddetti guided product, ovvero i fondi di fondi, ndr) le cui masse sono attese in crescita dai 10 miliardi di fine 2017 ai 16 miliardi del 2020, ci porta ad aumentare le stime sui ricavi e sui profitti netti, rispettivamente del 3 e del 7%», ha spiegato Kepler Cheuvreux. Quanto alla nuova società di investimento di diritto irlandese, questa sarà attiva alla fine del primo semestre di quest’anno e diversi analisti si attendono che porterà un miglioramento rilevante e ricorrente della redditività della banca. Secondo quanto spiegato lo scorso novembre in occasione della presentazione dei conti del terzo trimestre dall’ad e dg Foti, la migrazione nella nuova fabbrica irlandese dei fondi di fondi porterà un incremento dei margini consolidati al netto delle tasse di circa 20 punti base. Un passo per diventare più efficienti e in linea con la normativa Mifid II appena entrata in vigore che impone un più stretto controllo della catena di costruzione dei prodotti. Anche Banca Akros ha alzato le stime: quelle sui profitti adjusted sono saliti dell’1% nel 2018 e del 2% nel 2019. Il broker ha portato il target price da 7,7 a 8 euro confermando il giudizio neutral. «Siamo ancora scettici sulla valutazione del titolo anche se, senza dubbio, l’azione scambia con multipli attraenti grazie al miglior business model nel suo settore. Ma confermiamo il neutral in attesa dei primi dati del 2018». Prudente anche Banca Imi che ha confermato l’hold (tenere) con target price di 8,3 euro. In linea Equita sim che ha lasciato invariati raccomandazione (hold) e target price (8,3 euro), soffermandosi, però, sui brillanti flussi di dicembre di Fineco : «Hanno i raccolto 988 milioni rispetto ai 500 milioni attesi», sottolinea la sim.
Banca Generali , dal canto suo, nel 2017 in borsa ha registrato un rialzo di oltre il 22% e oggi quota sopra 28,8 euro (vicina al picco di quasi 33 euro toccato nel maggio 2015), mentre la raccolta netta nei 12 mesi è risultata ai massimi storici, sfiorando 7 miliardi, con un +21% rispetto al 2016. La società guidata dall’ad Gian Maria Mossa può contare su asset in gestione che hanno toccato il picco di 53,8 miliardi (dato al 30 settembre scorso). Anche in questo caso il gruppo sembra pronto ad affrontare le opportunità offerte proprio dalla nuova normativa Mifid II sulla distribuzione e la trasparenza dei prodotti finanziari. Mediobanca Securities, che ha assegnato al titolo un giudizio outperform con un prezzo obiettivo a 33 euro, ha sottolineato che i flussi di dicembre, pari a 634 milioni, hanno superato la media mensile di 572 milioni. Gli esperti di Mediobanca sottolineano anche la crescita dei flussi nei prodotti di puro risparmio gestito (più redditizi rispetto ai prodotti amministrati) che sono più che triplicati nel 2017 a 4,2 miliardi. Dal canto suo Equita sim ha confermato sul titolo la raccomandazione hold e il prezzo obiettivo a 30,5 euro spiegando che la raccolta di dicembre è stata superiore alle proprie attese (500 milioni). Mentre Banca Akros (giudizio accumulate, accumulare, e target price a 32 euro) ha sottolineato che la raccolta 2017 ha battuto le indicazioni date dalla stessa società di flussi pari a 6,5 miliardi. E Banca Imi ha confermato il giudizio add (aggiungere) con prezzo obiettivo a 32,8 euro.
Numeri record anche per Banca Mediolanum . Il gruppo ha chiuso il 2017 con una raccolta record in fondi e gestioni pari a 5,84 miliardi e lo scorso anno il titolo è salito del 7%, aggiungendo quest’anno un altro 1,6% salendo a quota 7,3 euro (il titolo aveva toccato nel 2000 il top a 19 euro). «L’incremento del 42% rispetto ai 4,1 miliardi 2016 è un chiaro segnale della corretta intuizione delle opportunità che si sono presentate. Banca Mediolanum è stata il primo istituto bancario a credere nel rilancio del Paese attraverso la legge sui Piani individuali di risparmio, dei quali siamo stati tra i principali player con oltre 2,4 miliardi raccolti dal nostro lancio», ha affermato Massimo Doris, ad di Banca Mediolanum . È stato proprio il risparmio gestito a trainare nel 2017 i flussi totali che si sono attestati a quota 5,38 miliardi (con un’impennata a dicembre, quando il saldo è stato di 1,1 miliardi), anche se in calo del 10,9% dai 6,039 miliardi dell’intero 2016. Questa raccolta, però, aveva avuto un forte contributo da parte del risparmio amministrato, meno profittevole dei fondi, che aveva totalizzato 2,5 miliardi mentre nel 2017 il suo saldo è di soli 3 milioni. La raccolta netta a dicembre, hanno sottolineato gli analisti di Equita Sim, è stata «nettamente superiore alle nostre attese di 500 milioni». Ma nonostante i buoni dati la sim ha mantenuto invariata la raccomandazione hold e il prezzo obiettivo a 7,6 euro. Giudizi prudenti anche quelli di Banca Akros che ha confermato il neutral con target a 7,8 euro e di Mediobanca Securities (7,2 euro e neutral) la quale osserva che «la raccolta netta della banca è stata praticamente sostenuta dai Pir». Mentre è più ottimista Banca Imi che pone l’accento sul buon mix della raccolta assegnando un prezzo obiettivo di 8,2 euro con giudizio add.
Intanto nel 2017 Azimut ha superato il record di raccolta netta del 2015 ottenendo 6,8 miliardi (+4% rispetto al 2016). Ma la performance del titolo lo scorso anno è stata debole (+1,6%) e oggi il prezzo è attorno ai 16,6 euro (ben lontano dal massimo assoluto di circa 28 euro del maggio 2015) dopo il +3% messo a segno in queste prime due settimane del 2018. Non solo. Per effetto dei flussi e delle performance, la società di gestione ha raggiunto e superato con due anni di anticipo il target di patrimonio del business plan 2015-2019 (50 miliardi), arrivando a 50,4 miliardi (+15,7% sul 2016). A dare una spinta ai risultati del gruppo guidato dall’ad Sergio Albarelli sono state anche le società estere acquistate nel corso degli ultimi anni (soprattutto sul mercato australiano) che hanno contribuito per più della metà dei flussi 2017. «Ciò significa che l’Italia ha portato circa 3 miliardi», spiega Mediobanca Securities. Il broker, ipotizzando che almeno un terzo di questo dato arrivi dai nuovi reclutamenti, calcola che la crescita organica (ovvero realizzata dai banker già presenti nella rete) sia di circa 2 miliardi, pari a un rapporto tra raccolta netta e masse del 5% (escludendo i nuovi banker entrati). «Riteniamo che i concorrenti Banca Mediolanum , Fineco e Banca Generali stiamo registrando una crescita organica a un ritmo più elevato», afferma Mediobanca che sul titolo ha confermato il giudizio neutral con target price a 19 euro. Prudente anche Banca Akros (giudizio neutral e target price a 18,3 euro): «Nonostante i solidi fondamentali e i buoni dati di raccolta, le incertezze sulle prospettive del gruppo potrebbero mantenere il prezzo dell’azione sotto pressione». Di recente sono usciti dal gruppo alcuni money manager storici che si sono messi in proprio, inoltre resta da capire se la scommessa di investire all’estero in società di gestione di piccole dimensioni, ma ad elevato potenziale, sarà vincente nel lungo termine. Nell’attesa anche Banca Imi si mantiene cauta, confermando la raccomandazione hold con target a 17,7 euro. Concorda Equita Sim (hold e target price a 18 euro) che si sofferma sui costi: «Vista l’accelerazione della raccolta nel quarto trimestre 2017, 1,3 miliardi rispetto ai 970 milioni del trimestre precedente, e la performance piatta di dicembre riduciamo le commissioni di incentivo dell’ultimo trimestre da 35 a 30 milioni e alziamo leggermente i costi di distribuzione da 85 a 90 milioni», afferma la sim che vede l’utile netto 2017 in calo del 5% a 197 milioni.
Ha un modello di business un po’ diverso Anima (non ha una propria rete di collocamento ma accordi di distribuzione) che è stata l’unica tra le cinque società italiane del risparmio a non avere nel 2017 una raccolta brillante. I flussi sono stati pari a 945 milioni, in calo del 79% rispetto al 2016, mentre il titolo nei 12 mesi ha fatto +20% e attualmente ha un prezzo di 6,3 euro (+6% da inizio anno) riavvicinandosi al top toccato nell’agosto 2015 (oltre 9 euro). Ora l’attenzione è puntata sugli sviluppi delle operazioni finalizzate negli ultimi giorni dello scorso anno come l’acquisizione per 700 milioni di Aletti-Gestielle, (il cui closing è avvenuto a fine dicembre e ora si attende l’aumento di capitale da 300 milioni a servizio di questo investimento), e l’accordo con le Poste. Proprio le masse portate in dote dalla ex sgr del gruppo Banco-Bpm , circa 19 miliardi, hanno fatto salire il patrimonio totale a fine anno al picco di 94,4 miliardi, nonostante la debole raccolta, con un incremento di quasi il 30% rispetto alla fine del 2016. «Ma senza considerare gli asset di Aletti-Gestielle, Anima avrebbe avuto un incremento del patrimonio del 4% a 75,3 miliardi», calcolano gli analisti di Banca Akros che hanno confermato il giudizio accumulate con un target price a 7,5 euro in attesa del nuovo business che potranno portare sia Aletti-Gestielle sia le Poste. Su quest’ultimo fronte Anima diventerà un partner strategico della società guidata dall’ad Matteo Del Fante che proprio in questo accordo vede uno dei pilastri fondamentali del nuovo piano industriale che sarà presentato il 27 febbraio prossimo. I due gruppi il 21 dicembre scorso hanno raggiunto un’intesa che prevede la scissione parziale ad Anima della gestione di masse di prodotti assicurativi di ramo I (per oltre 70 miliardi) di Banco Posta Fondi Sgr. Il valore dell’operazione è pari a 120 milioni. Saranno, inoltre, rivisti e ampliati gli accordi di collaborazione tra Anima e Poste che sono stati siglati per la prima volta nel luglio 2015, in base ai quali la società guidata dall’ad Marco Carreri gestisce in delega alcuni fondi retail di Banco Posta Fondi Sgr e polizze di ramo III di Poste Vita. La revisione prevede un’estensione della partnership che avrà una durata di 15 anni. «I deal su Aletti Gestielle e sulle Poste cambiano le prospettive per Anima che è destinato a diventare il terzo maggior asset manager in Italia, con circa 170 miliardi di masse, e uno dei maggiori network distributivi in Europa», sottolineano ancora gli esperti di Akros. Quelli di Equita , dal canto loro, si concentrano sulla raccolta del mese di dicembre (122 milioni) che è stata sotto le sue attese (+100 milioni). «Ha pesato il rallentamento della raccolta delle banche e la decisione di Anima Holding di riscattare 70 milioni di liquidità investita in fondi obbligazionari in vista del pagamento di Aletti Gestielle», hanno spiegato gli analisti della sim che sul titolo hanno un giudizio hold con un target price a 7 euro. Più positiva Banca Imi che ha confermato il giudizio buy con un target price a 7,7 euro. (riproduzione riservata)
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