Quando sia stata proposta una domanda di risarcimento del danno da sinistro stradale nei confronti del proprietario del veicolo che ha causato il danno e del suo assicuratore della responsabilità civile, il fallimento del primo comporta l’improseguibilità di qualsiasi domanda di condanna sia nei suoi confronti, sia nei confronti del suo assicuratore della responsabilità civile, con conseguente devoluzione al tribunale fallimentare, mediante istanza di ammissione al passivo, a meno che il danneggiato, dopo che il giudizio è stato interrotto e riassunto nei confronti della curatela, non rinunci ad ogni pretesa nei confronti del fallimento, ovvero dichiari formalmente che la richiesta condanna nei confronti del fallito deve intendersi eseguibile solo nell’ipotesi in cui questi dovesse ritornare in bonis.

In quel giudizio i danneggiati, pur essendo stato dichiarato il fallimento nel corso del giudizio di primo grado, avevano riassunto il giudizio chiedendo la condanna del curatore fallimentare in solido con l’assicuratore, in tal modo rendendo inevitabile la declaratoria di improcedibilità della domanda.

La successiva sentenza 8 gennaio 2016, n. 128, nel ribadire e dare continuità a quel precedente, ha avuto modo di esplicitarne ulteriormente i principi ed ha affermato (in motivazione) che, ove la domanda sia limitata alla condanna diretta dell’assicuratore, la circostanza che al giudizio partecipi (per effetto del litisconsorzio necessario) l’assicurato sottoposto a procedura concorsuale (in persona del curatore fallimentare o del commissario liquidatore), non rende operante la vis attrattiva della procedura, giacché la pronuncia giudiziale non potrà incidere sulla massa e influire sulla par condicio creditorum.

Ragione per la quale in simile ipotesi non si pone alcuna esigenza di attrazione della causa nell’ambito della procedura concorsuale, con conseguente improcedibilità del giudizio risarcitorio, che, al contrario, potrà proseguire fino al suo naturale epilogo, nelle forme dell’ordinario procedimento contenzioso.

La lettura coordinata di questi precedenti, ai quali va data continuità, induce ad affermare che nel caso in esame, poiché gli odierni ricorrenti avevano espressamente dichiarato di rinunciare alla domanda nei confronti della Curatela del fallimento, non vi era alcuna esigenza di trasferimento della causa in sede fallimentare, posto che l’eventuale sentenza di condanna avrebbe esplicato i suoi effetti solo nei confronti della società di assicurazione, senza possibilità di alterare il principio della par condicio creditorum, e che la previsione dell’art. 52 della legge fallimentare non opera in rapporto alle azioni di mero accertamento

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 22 novembre 2017 n. 27756