di Paolo Panerai
A Milano, in Ca’ de Sass, e a Torino, nel grattacielo disegnato da Renzo Piano, pensano che Trieste sia una bellissima città e pensano anche che non sia il caso che torni a essere fuori dall’Italia. Non è irredentismo ma consapevolezza che un Paese, l’Italia, non può ridursi a vedersi spogliata delle sue ricchezze. E quali sono le ricchezze dell’Italia se non il risparmio, enorme, degli italiani? Risparmio che va gestito indirizzandolo il più possibile verso l’economia reale del Paese. Ma per gestirlo servono strutture di gestione. E le Generali gestiscono quasi 500 miliardi di asset, anche se in parte a gestirli sono francesi di Parigi. Ma il comando, nonostante tutto, è ancora nella bellissima Trieste.
Era già successo molti anni fa che qualcuno, l’allora governatore di Bankitalia, il vituperato Antonio Fazio, suonasse l’adunata per difendere Trieste. Ma i francesi amano la grandeur e non rinunciano facilmente. Se ne è accorto perfino il francese Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di Unicredit , proprio nel momento in cui era obbligato per ragioni di solidità del patrimonio a vendere il grande gestore Pioneer: le Generali devono rimanere italiane. Se lo ha detto un francese, sia pure a capo di una banca italiana, perché non dovrebbero averlo pensato, decidendo di conseguenza, il torinese Gian Maria Gros Pietro e i milanesi d’adozione Carlo Messina e Gaetano Miccichè, che della prima banca Italiana, la Banca-Paese, sono i gestori? Se si spendono soldi per Alitalia, perché non si dovrebbe tentare di far rimanere italiana Trieste? Bravi italiani. Non è proprio il caso di mollare, anche senza ricorrere ai manifestini lanciati da Gabriele D’Annunzio. Il film è appena iniziato. (riproduzione riservata)
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