di Oscar Bodini e Stefania Peveraro
«Il nostro è uno stile trasparente, non facciamo operazioni da pirati o corsari. La fuga di notizie sulle analisi strategiche che l’amministratore sta compiendo con diverse alternative possibili ci ha suggerito di essere espliciti» nei confronti del mercato. L’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Carlo Messina ha illustrato ieri a Torino, in occasione della celebrazione dei dieci anni di attività dell’istituto, la ratio della campagna di crescita esterna della banca, che passerebbe dall’acquisizione, presumibilmente tramite un’offerta pubblica di scambio (ops), delle Generali .
«Siamo una banca che non teme nessuno, un gruppo in grado di generare un senso d’appartenenza anche fuori dall’Italia. Ma quando parliamo del nostro Paese lo facciamo sempre in italiano e non in francese. Mi fa ridere chi difende l’italianità in francese», ha precisato il banchiere con chiaro riferimento al numero uno di Unicredit Jean Pierre Mustier e al group ceo delle Generali Philippe Donnet, che ha provato a bloccare sul nascere la possibile scalata al Leone da parte di Intesa Sanpaolo acquisendo il 3% della banca.
Intesa «ha raggiunto livelli di eccellenza, ma abbiamo ancora molto potenziale da cogliere e possiamo generare ancora valore per gli azionisti», ha aggiunto Messina. «Ci sono momenti in cui dovere di un amministratore delegato è analizzare le diverse opzioni di crescita». E per quanto riguarda le aree in cui ci sono prospettive di sviluppo Messina ha parlato del private banking e dell’asset management, «in cui siamo leader con potenzialità grandissime», e ovviamente delle assicurazioni, «area con performance molto buone e che ha un senso se viene integrata con le reti distributive bancarie. Noi abbiamo reti fortissime che ci garantiscono la possibilità di crescere anche in questo settore».
Tuttavia, ha proseguito Messina, «le operazioni di crescita hanno un significato se creano valore e garantiscono il mantenimento della solidità patrimoniale; altrimenti stiamo fermi». Altra condizione per crescere tramite acquisizioni «è mantenere un forte flusso di dividendi». Infine nell’analisi di un’operazione di crescita esterna è determinante verificare il corretto prezzo e la possibilità di creare sinergie dopo l’acquisizione. Insomma, Intesa «grazie alla sua posizione di forza ha modo e tempo per fare le valutazioni più corrette». Nessuna voglia di correre, dunque, tanto che il banchiere ha ribadito che nel cda in programma oggi non si discuterà del tema Generali .
Nel discorso di Messina ha trovato posto anche un ringraziamento per il ruolo dei due enti che hanno ispirato la nascita dell’istituto, vale a dire Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo. «Sono investitori strategici, di lungo periodo: è stupido che in una fase come questa debbano ridurre la quota nelle banche». Il riferimento è alla legge che impone alle fondazioni di abbassare il peso negli istituti di credito per contenere il rischio. «Togliere un azionista italiano in un momento così significa togliere punti di forza e avere azionisti stabili rappresenta effettivamente un elemento di forza».
Sul fronte borsistico ieri è stata una giornata di assestamento: Generali è salita dello 0,39% a 15,63 euro per azione mentre gli altri protagonisti diretti e indiretti della vicenda hanno tutti perso terreno: -3,19% a 8,505 euro Mediobanca , -2,17% a 2,25 euro Intesa Sanpaolo e -0,51% a 29,22 euro Unicredit .
D’altra parte, al di là delle parole pronuniciate da Messina a mercati chiusi, non si sono registrate novità di rilievo, a parte una pioggia di nuovi report pubblicati dagli analisti con gli ultimi aggiustamenti su rating e target price per Generali , nell’ipotesi di un’offerta da parte di Intesa Sanpaolo . In particolare, Jeffries ha calcolato che uno spezzatino di Generali può valere fino al 30% in più dell’attuale capitalizzazione del Leone, fissando un target price a 20,4 euro per azione, Una tale valutazione, che divide il gruppo nei singoli Paesi e ulteriormente nei settori Vita e non Vita, implica un multiplo di 12,5 per il rapporto prezzo/utili stimato per il 2017, numeri in linea con quanto applicato ai concorrenti di media capitalizzazione del settore.
Rbc Capital Markets ha aumentato il rating ad outperform dal precedente hold, alzando il prezzo target a 17,2 euro da 12 euro. Deutsche Bank ha portato il rating a hold dal precedente sell. Infine Natixis ha annunciato un buy con target price a 16 euro. Da segnalare anche un report di Rbs che giudica discutibile e rischiosa sul fronte dell’esecuzione la combinazione tra la banca guidata da Messina e la compagnia assicurativa triestina: «Ipotizzando sinergie di costo del 10% e nessuna sinergia di ricavi, Rbs si attende un roi (return on investment, ndr) del 10,4% nel 2018 e un aumento dell’utile per azione dell’1,5% sempre l’anno prossimo, con il Cet1 di Intesa Sanpaolo che resterebbe sopra il 13%, mentre con l’applicazione del cosiddetto Danish Compromise (approccio che riduce l’impatto delle controllate assicurative sui ratio patrimoniali, ndr) salirebbe al 15,8%.
Detto questo, ieri Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit (che controlla l’8,56% di Mediobanca ), interpellato a Palazzo di Giustizia a Milano dove era stato chiamato a testimoniare in un processo, ha ribadito: «L’ha già detto il nostro amminsitratore delegato, che è persona seria, e io lo ripeto: noi non vendiamo la quota in Mediobanca ». In ogni caso il ruolo di Unicredit nella partita non è da sottovalutare e infatti ieri mattina una delegazione di manager di piazza Gae Aulenti è stata convocata in Consob, dopo che mercoledì era stata ascoltata una delegazione di Intesa . Ieri pomeriggio invece è stata la volta del presidente di Generali Gabriele Galateri. (riproduzione riservata)
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