di Andrea Montanari
Stop alle speculazioni. Intesa Sanpaolo è uscita allo scoperto e vuole mangiarsi il Leone di Triste (azionista dal 3% della banca). Come farà? La via più semplice, secondo i broker, è l’offerta pubblica di scambio (ops) almeno fino al 60% del capitale della compagnia assicurativa, anche se arrivare al 100% significa evitare problemi e rivali dell’ultima ora. Una mossa carta-contro-carta sulla falsariga dell’ultima operazione simile avvenuta a Piazza Affari, ossia quella della Cairo Communication (assistita da Banca Imi, quindi Intesa ) su Rcs Mediagroup , che avrebbe il vantaggio di non avere un impatto economico sui conti di Intesa Sanpaolo . Mentre l’opa in contanti modificherebbe in misura significativa i ratios patrimoniali dell’istituto.
Un simile deal rivoluzionerebbe l’assetto azionario del mercato finanziario italiano. A farne le spese sarebbe soprattutto Mediobanca , storicamente il socio che con il 13% (la quota deve scendere al 10%) determina le sorti delle Generali . Ma di conseguenza cambierebbe l’orizzonte d’investimento anche di Unicredit , socio forte di Piazzetta Cuccia ma impegnato nella ricerca dei 13 miliardi della ricapitalizzazione, e degli azionisti stranieri, capitanati da Vincent Bolloré (probabilmente favorevole all’opzione Axa ), della merchant bank guidata da Alberto Nagel.
Come si può configurare l’ops di Intesa , che allo scopo dovrebbe lanciare un aumento di capitale dedicato da 13-14 miliardi? Gli analisti cominciano a stimare una possibile offerta che valorizzi il titolo Generali almeno 17,5-18 euro rispetto agli attuali 15,42 euro (venerdì 20, alla vigilia delle prime indiscrezioni, le azioni viaggiavano a 13,71 euro), incorporando un premio del 14-17%.
E se ancora non è possibile definire una forchetta relativa all’eventuale concambio, si possono fare valutazioni partendo dalle capitalizzazioni: Generali vale 24 miliardi, mentre Intesa Sanpaolo , dopo la flessione di ieri, -4,4%,vanta una market cap di 36,35 miliardi. In pratica, Ca’ de Sass vale una volta e mezzo il Leone. Probabilmente Mediobanca non aderirà all’offerta (come ha fatto con Rcs ), preferendo restare nel capitale della compagnia. Sempre che non stia lavorando a contromosse, un possibile partner è Axa . Mentre soci quali Francesco Gaetano Caltagirone , Leonardo Del Vecchio, le famiglie Boroli-Drago e i Benetton, seppure storicamente legati a Piazzetta Cuccia, potrebbero accettare le avance di Intesa . In base alle prime stime, e ipotizzando una ops al 60%, Caltagirone si ritroverebbe con una quota dell’1-1,2% della nuova super-Intesa .
Ma contestestualmente Caltagirone , che è socio anche di Unicredit (con circa l’1%), continuerà a tenere in portafoglio il 40% della sua attuale quota nel Leone, ovvero l’1,4%. Del Vecchio dovrebbe posizionarsi in una forchetta dello 0,6-0,8% ma potrà sommare l’1,26% del Leone (oltre all’1,7% di Unicredit ). Entrambi quindi giocherebbero su due sponde bancarie, sempre che aderiscano all’aumento della banca di piazza Gae Aulenti. Minore peso avrà il gruppo De Agostini, che potrebbe avere lo 0,3-0,45% di Intesa . Ancora più defilata la posizione dei Benetton. Mentre è probabile che la Fondazione Crt e Inv. A.G (in totale il 2,57%) non aderiscano. E Unicredit ? Ipoteticamente, con l’8% di Mediobanca , avrebbe una minima voce in capitolo. Ma non è detto che la banca guidata dal francese Jean Pierre Mustier resti della partita. Anche per evidenti conflitti. (riproduzione riservata)
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