Il gruppo rischia multa da 4,3 mld . In borsa -16%
di Massimo Galli
Fiat Chrysler ha inserito nei motori di 104 mila vetture diesel, vendute negli Stati Uniti, un software che consentiva di denunciare livelli di emissioni inquinanti inferiori a quelli reali: è l’accusa formulata dall’Epa (Environmental Protection Agency), l’agenzia del governo federale per la protezione ambientale.
Per il costruttore italo-americano si apre, quindi, un caso analogo alla vicenda Dieselgate che aveva colpito Volkswagen.
Una doccia fredda, quella proveniente da oltreoceano, che ha avuto immediate ripercussioni in borsa, dove il titolo Fca è crollato, chiudendo in calo del 16,14% a 8,78 euro. Forti vendite si sono abbattute anche su Exor, che ha ceduto oltre nove punti percentuali.
Fca è stata raggiunta da una notifica di violazione del Clean Air Act, la legge che stabilisce le soglie di inquinamento. Nel mirino vi sarebbero i modelli di Jeep Grand Cherokee e di pick-up Dodge Ram 1500 con motori diesel da 3 litri prodotti fra il 2014 e il 2016. L’indagine dell’Epa si affianca a una analoga, arrivata alle stesse conclusioni, dell’ente California Air Resources Board (Carb). «Continuiamo a investigare la natura e l’impatto di questi dispositivi», ha dichiarato Cynthia Giles, dell’Epa. «Tutti i costruttori devono giocare secondo le stesse regole e continueremo a ritenere responsabili le compagnie che guadagnano un iniquo e illegale vantaggio competitivo».
Le ha fatto eco Mary Nichols, presidente del Carb: «Ancora una volta una grande compagnia automobilistica ha preso la decisione imprenditoriale di eludere le regole ed essere colta sul fatto. Il Carb e l’Epa hanno preso l’impegno di aumentare i controlli in seguito agli sviluppi del caso Volkswagen, e questo è il risultato di questa collaborazione». L’Epa sostiene di avere rilevato nei motori almeno otto elementi software non dichiarati, che potrebbero aver portato alla rilevazione di livelli di emissione inferiori a quelli reali durante i test. È però ancora da stabilire se i dispositivi possano essere considerati illegali, cioè se siano stati inseriti con l’apposito intento di frodare le autorità, come quelli nei motori Volkswagen.
Dura la reazione dell’a.d. Sergio Marchionne, per il quale la situazione di Fiat Chrysler non ha nulla in comune con lo scandalo Vw ed è «assolutamente senza senso» fare confronti. Chi fa paragoni, ha aggiunto, «sta fumando qualcosa di illegale». Marchionne ha espresso delusione soprattutto per il fatto che l’Epa abbia reso pubblico l’avviso di violazione, visto che il dialogo con l’agenzia va avanti da più di un anno. Ed è «molto, molto strano» che tutto ciò sia accaduto una settimana prima del congedo di Barack Obama dalla presidenza Usa. Marchionne ha sostenuto con fermezza il corretto comportamento di Fca, che non ha fatto «nulla di illegale»: l’azienda «non sta imbrogliando» e non cerca di violare le normative.
Fiat Chrysler rischia una multa fino a 4,63 miliardi di dollari (4,35 mld euro), ma Marchionne non ha mostrato timore: «Il gruppo sopravviverà».
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