di Filippo Buraschi e Andrea Montanari
Il vaso di Pandora era stato scoperchiato prima di Natale con le indiscrezioni di un piano della compagnia assicurativa francese Axa per la conquista di Generali . Un segreto di Pulcinella perché da tempo il Leone di Trieste è nel mirino dei big europei, Allianz compresa. Poi di nuovo il silenzio, complice anche la pausa natalizia. Ma poi la febbre da risiko assicurativo è riscoppiata in modo dirompente. Prima con le voci di un interesse del colosso tedesco Allianz per Zurich, la compagnia elvetica guidata dall’italiano Mario Greco (ex Generali ). E poi, domenica 22, con l’anticipazione de La Stampa sulle mire di Intesa Sanpaolo sulle Generali . Notizia che ha subito infiammato Piazza Affari e trovato riscontro nella comunicazione diramata a metà settimana scorsa dall’istituto guidato da Carlo Messina.
La notizia, ovviamente, ha provocato l’immediato reazione, diretta e indiretta della gran parte dei soggetti coinvolti. Ma soprattutto può scatenare l’ultimo e forse più fragoroso, scossone sul mercato finanziario italiano. Perché toccare il Leone significa mettere in discussione la storica presa che sul gruppo guidato da Philippe Donnet ha Mediobanca (primo socio col 13%) e, a cascata, sul ruolo e sull’interesse di Unicredit (ha l’8% di Piazzetta Cuccia), banca che è al centro di un percorso di rafforzamento patrimoniale ed è guidata dal francese Jean Pierre Mustier. Un manager che, nonostante sia conosciuto per la sua autorevolezza e indipendenza, fino dal suo insediamento ai vertici dell’istituto di piazza Gae Aulenti è stato accostato alla Francia e, di conseguenza ad Axa. Del resto, le stesse Generali per dodici anni, in due diverse stagioni (1995-1999 e 2002-2010), hanno annoverato un presidente il proveniente d’Oltralpe, Antoine Bernheim. Banchiere che per tornare nuovamente ai piani alti della compagnia triestina ha avuto il fondamentale appoggio di Vincent Bolloré, socio forte di Mediobanca (8%) e, attraverso Vivendi , ora primo azionista di Telecom Italia (24,7%) e secondo socio (29,77% del capitale avente diritto di voto) di Mediaset . .
Le possibili mire espansionistiche di Axa (anche se il suo gran capo Thomas Buberl ha smentito l’interesse per un deal di simile fattura e taglia) hanno sollecitato l’intervento di Intesa Sanpaolo . Non solo per la difesa del tricolore e del risparmio degli italiani, ma anche e soprattutto per l’interesse di natura industriale legato alle potenzialità della diversificazione del business rispetto alla tradizionale attività retail puntando a settori dal maggior rendimento quali il risparmio e l’asset management: Trieste gestisce masse per 530 miliardi, oltre ad avere in portafoglio 70 miliardi di titoli di Stato. Senza trascurare il fatto che ogni anno ai soci del Leone arrivano robusti dividendi, come certificano i bilanci di Mediobanca .
Ovviamente il percorso di avvicinamento di Ca’ de Sass non sarà facile e, nel caso dovesse realmente scattare la zampata finale di Messina ci vorrà tempo prima di completare l’acquisizione non certo facilitata dalla fuga di notizie. Nel frattempo, Intesa ha chiamato a sé gli advisor, a partire dalla Ubs guidata da Andrea Orcel (il banchiere d’affari italiano aveva già lavorato a fianco della banca nella fusione con il Sanpaolo Imi, mentre Ubs aveva affiancato la banca nel collocamento dell’1,3% delle Generali ), lo studio legale Pedersoli e i consulenti industriali di McKinsey. Società che sotto la supervisione del managing director Leonardo Totaro già da mesi aveva elaborato e proposto allo staff di Messina un progetto relativo all’eventuale integrazione. Il piano presumibilmente passerà dal lancio di un’offerta pubblica di scambio (ops) almeno sul 60% del capitale delle Generali , ma che potrebbe arrivare fino al 100%, per non aver poi troppi ostacoli sul percorso. E non è da escludere, come poi si evince dalla nota diramata martedì 24 gennaio da Ca’ de Sass, che potrà essere coinvolto un alleato di stazza internazionale disposto a rilevare gli asset del Leone giudicati non core da Intesa . Tutti i riflettori sono puntati sulla tedesca Allianz : il colosso guidato da Oliver Baete, non solo sta studiando il dossier Zurich ma guarda con interesse alle attività francesi di Generali . Ma Messina ha tenuto a sottolineare che qualunque operazione di crescita esogena dovrà rispettare tre condizioni: mantenimento dell’alta dotazione patrimoniale della banca, conservazione della capacità di remunerare gli azionisti con un flusso di dividendi in linea con il piano industriale e prezzo conveniente in rapporto alle sinergie che si andranno a determinare.
Generali, dal canto suo, forse fiutando gli intenti di Intesa e non sapendo se quest’ultima avesee già rastrellato suoi titoli, si è premunita entrando, attraverso un’operazione di prestito titoli, nel capitale della banca con una quota superiore al 3%. Ed è scontato che adesso il board del Leone, che ha costituito un comitatao investimenti e strategie ad hoc al quale partecipa tutto il top management, inizierà a valutare la situazione, anche se altre contromosse non sono definibili. Per questo è scattata la corsa, tra le banche d’affari, per far breccia nel cuore di Donnet: in pole position c’è JpMorgan, anche se sgomitano Hsbc, Morgan Stanley e Credit Suisse. Così il gran capo della banca Jamie Dimon affiancato dal suo manager per l’Emea, Vittorio Grilli, tornerà in azione a pochi mesi di distanza dal tentativo di salvataggio di Mps .
Ad attendere le mosse di Intesa c’è pure Mediobanca . Il primo azionista delle Generali per ora resta alla finestra, visto che non sono noti tempi, contorni e termini finanziari dell’ipotizzata ops. L’obiettivo di Piazzetta Cuccia, così come degli altri soci del Leone, è valorizzare la compagnia che col nuovo piano cerca di diversificare sempre più all’estero, essendo molta esposta sull’Europa e, dal punto di vista del core business, sul ramo Vita. Va detto che comunque negli ultimi anni il board triestino ha preso in esame operazioni di m&a per un controvalore di 27 miliardi: di questi possibili deal, il 60% era relativo al mercato italiano. A conferma della valenza nazionale della gestione della compagnia. In sostanza, si dice dalle parti della merchant bank guidata da Alberto Nagel (già coinvolto su Mps ), che ove mai dovesse arrivare un’offerta, di qualsiasi natura essa sia, la si valuterà nel pieno rispetto delle regole e della valorizzazione dell’asset Generali .
Al momento le uniche riflessioni sono legate al fatto che una eventuale integrazione con Intesa non viene considerata un’affare tout court, visto che ci sarà, con ogni probabilità uno spezzatino e che va definito nel dettaglio il progetto del polo del risparmio gestito. Tanto più, si ragiona, in Mediobanca , che se davvero scatterà l’offensiva di Intesa , gli operativi puri assicurativi non staranno certo a guardare. Il mercato, comunque, inizia a fare ipotesi sulle possibili contromosse di Piazzetta Cuccia. Con Unicrdit (8% della merchant) fuori gioco, essendo impegnata nella ricapitalizzazione da 13 miliardi, una via potrebbe essere quella di coinvolgere altri player italiani. Come anticipato da MF-Milano Finanza giovedì 26, un ruolo potrebbe averlo Banca Mediolanum : il gruppo controllato dalle famiglie di Ennio Doris e Silvio Berlusconi (azioniste del patto Mediobanca ), sarebbe pronto a fare la sua parte. Anche perché, in chiave anti-francese, l’ex premier sta già difendendo Mediaset dall’offensiva di Vivendi .
Infine, sullo sfondo di questa battaglia per le Generali si staglia l’ennesimo confronto, sul mercato, tra Intesa e Mediobanca . Le due istituzoni si sono sfidate sia per l conquista di Impregilo , sia per il controllo di Rcs Mediagroup : in entrambi i casi ha prevalso Ca’ de Sass. Adesso lo showdown sul Leone. (riproduzione riservata)
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