Se le conseguenze fiscali derivano dal comportamento fraudolento del commercialista incaricato, opportunamente denunziato alle autorità competenti, il contribuente può quantomeno essere discaricato dalle sanzioni tributarie. Pur essendo tenuti a vigilare sull’operato del professionista incaricato, non è compito di un contribuente «medio» quello di eseguire un controllo rigoroso sugli adempimenti posti in essere e mettere alla luce eventuali comportamenti illeciti del professionista stesso.

Sono le conclusioni che si leggono nella sentenza n. 849/04/16 della Ctp di Brescia.

L’oggetto della vertenza era un avviso di accertamento emesso dalle Entrate di Brescia, per l’omessa dichiarazione dei redditi e il relativo omesso versamento d’imposta da parte di un promoter finanziario della provincia Lombarda. Nel ricorso, costui rendeva noto di esser stato vittima della truffa posta in essere dal suo commercialista, denunziato sia in sede penale che in quella civile per ottenere il risarcimento del danno subito.

L’adita Ctp di Brescia ha dapprima ricordato il pensiero della Corte di cassazione, secondo cui l’affidamento delle incombenze fiscali a un professionista non esonera il contribuente da ogni responsabilità di controllo (la c.d. «culpa in vigilando»). Tuttavia, nel prosieguo della pronuncia, i giudici bresciani si pongono un preciso interrogativo, ossia «se un contribuente, ignorante in materia fiscale, che si affida a un professionista, debba oltre che impegnarsi del proprio lavoro, oltre che retribuire il tecnico incaricato, occuparsi e preoccuparsi dei compiti a lui affidati». Alla luce di questo ragionamento, la Ctp ha ritenuto quindi di dover applicare l’articolo 6, comma 3, del dlgs 472/97, secondo cui: «Il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi». In tal senso, prosegue la sentenza, manca la dimostrazione di un accordo fraudolento tra il contribuente e il denunziato commercialista, ancorché il primo non abbia subito altro che danni dal comportamento del secondo. In parziale accoglimento del ricorso, sono state quindi annullate le sanzioni e compensate le spese di giudizio.

Nicola Fuoco

Il commercialista avrebbe colpevolmente omesso di presentare la dovuta dichiarazione di redditi per gli anni 2009 e 2010.

[omissis] Si chiede l’inapplicabilità delle sanzioni, in quanto la buona fede del G. sarebbe stata confermata dalla dichiarazione di colpevolezza del commercialista. Osserva il Collegio, che il contribuente è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi anche senza il versamento di alcuna imposta. Pertanto, l’Agenzia ha emesso correttamente l’avviso di accertamento qui impugnato.

Pertanto solo la dimostrazione del comportamento fraudolento del professionista può esonerare da responsabilità il contribuente (per «culpa in vigilando»). Ma, a tal proposito, questa Commissione si pone un’appropriata domanda. E cioè: se un qualsiasi contribuente, magari assolutamente ignorante in materia fiscale, che si affida a un professionista per il disbrigo delle dovute incombenze, debba, oltre che impegnarsi del proprio lavoro, oltre che retribuire congruamente il tecnico incaricato, occuparsi, e preoccuparsi, dei compiti a lui affidati.

A parere di questo consesso, il cittadino, che già dovrà subire (e sta subendo) un grave danno, sia di tempo che di denaro, dovendosi rivolgere ad altri soggetti per l’attivazione della propria difesa (danno economico, psicologico e giuridico non opportunamente quantificabile), non può essere sottoposto ad altri disagi. Come detto, già dovrà pagare le imposte non versate dal professionista infedele; dovrà retribuire l’attuale difensore e sottoporsi a tutti gli altri balzelli connessi al processo tributario; e non può, se non in maniera opprimente, essere destinatario di ulteriori aggravi, che risulterebbero vessatori. Soprattutto, quando la sua attività è stabilita da una legge a tutti chiara ed evidente, come quella sopra richiamata, prevista dall’art. 6, comma 3, dlgs n. 472/97.

Salvo che l’ufficio non provi un rapporto fraudolento tra il contribuente e il suo commercialista infedele, nel caso di specie l’omessa presentazione della dichiarazione annuale, peraltro dallo stesso occultata con una serie di artifizi, appare imputabile esclusivamente al terzo: il consulente incaricato dal ricorrente. I1 G. ha dimostrato la trascuratezza del consulente fiscale, il quale è stato da lui querelato. (…) Pertanto, la Commissione, a scioglimento della riserva, in parziale accoglimento del ricorso, annulla le pretese sanzioni. E, rigettata pertanto ogni altra contraria istanza o eccezione e ritenuto, stante la controversia in giurisprudenza, di dover compensare le spese.
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