Poche tutele ai papà lavoratori. Ma raddoppia il congedo
Pagina a cura di Daniele Cirioli
L’Italia non è un paese per i papà. Per le mamme sì, perché beneficiano di super tutele quando arriva la cicogna (il Belpaese è dietro solo al Regno Unito, per quanto concerne le tutele sul lavoro). Ma per i papà no, per i quali sono trascurabili le misure a sostegno della genitorialità (l’Italia è fanalino di coda, assieme alla Germania, per quanto concerne le tutele sul lavoro). A metterci una pezza, per quanto minima, ci pensa la legge Bilancio del 2017, prorogando i due giorni di congedo obbligatorio nel 2017 e raddoppiandoli (quattro giorni) a partire dal 2018. Una misura, tuttavia, che sembra lasciare indifferenti i papà: nel 2015, secondo i dati dell’Inps, su 486 mila nascite, il congedo obbligatorio è stato preso da 72.630 lavoratori.
Vita di famiglia e vita di lavoro. Conciliare vita professionale e vita familiare è la sfida più dura che si trovano ad affrontare le coppie di coniugi, soprattutto attorno alla culla. Una continua tensione, perché ci si accorge di non avere tempo ed energie sufficienti per arrivare a fare tutto: badare ai figli, prendersi cura della casa, non trascurare il lavoro professionale. Il fenomeno, dovuto forse all’accesso troppo massiccio delle donne nel mercato del lavoro (secoli XIX e XX), è stato finora contrastato con misure di tutela con esclusiva finalità della cura dei figli: congedi e permessi, che consentono ai genitori (soprattutto le mamme) di assentarsi dal lavoro per accudire i nuovi arrivati, senza avere ripercussioni negative sul lavoro per quanto riguarda i diritti retributivi e previdenziali. Due le principali tutele: il congedo di maternità (è obbligatorio solo per la mamma; per i papà lo diviene tale, e comunque in misura ridotta, nel caso la mamma non possa fruirne a motivo di malattia ecc.) e il congedo parentale (facoltativo sia per la mamma e sia per i papà). Secondo l’analisi dello studio legale Daverio & Florio, il sistema giuridico italiano, rispetto ad alcuni Paesi, è a tutti gli effetti tutelante, soprattutto per le donne. Infatti, se la Gran Bretagna offre alle donne maggiori tutele per quanto riguarda congedi e retribuzioni, l’Italia è senza dubbio all’avanguardia rispetto ad altri Paesi come Francia, Spagna, Olanda, Germania. Non è così, invece, per i neo papà italiani, dato che al momento gli spettano solo due giorni: un numero nettamente inferiore rispetto ai francesi, agli spagnoli e agli irlandesi.
Lavorare e fare la mamma. In Italia, come si accennava, alle neomamme spettano cinque mesi di congedo obbligatorio (circa 21 settimane) retribuiti totalmente, a cui si possono aggiungere, su richiesta ed entro i 12 anni d’età del figlio, altri sei mesi (quasi 26 settimane) retribuiti al 30% (o al 100% se il proprio reddito è al di sotto di certi limiti). Inoltre, vengono a loro riconosciuti altri permessi per allattamento pagati fino a un anno di età del bambino. Al rientro dalla maternità il datore di lavoro è tenuto a riaffidare la posizione, i compiti e le funzioni svolte prima del congedo. Le tutele arrivano fino a proteggerle dal licenziamento; esiste, infatti, un periodo di protezione che va dall’inizio della gravidanza fino a un anno di vita del bambino durante il quale, nel caso la lavoratrice venisse licenziata, essa dovrebbe essere reintegrata.
Tra le nazioni esaminate dalla ricerca fa meglio dell’Italia soltanto il Regno Unito, che dà diritto a 52 settimane, di cui 26 obbligatorie e 26 aggiuntive, a prescindere dall’anzianità di servizio. La retribuzione, che è obbligatoria per le prime 39 settimane, è pari al 90% di quella ordinaria per le 6 settimane iniziali, mentre per le successive 33 settimane lo stipendio è soggetto a un limite retributivo settimanale. In Francia, di norma, alle mamme spettano solamente 16 settimane di congedo; le tutele aumentano nel caso la lavoratrice madre abbia più di due figli (si sale a 26 settimane) o se partorisca gemelli (34 settimane). In questo periodo, si riceve un’indennità determinata sulla media degli ultimi tre mesi di stipendio, diminuito del 21%, e non può superare un certo limite. Le neo mamme possono ottenere fino a tre anni di «congedo protetto» con sovvenzioni per baby-sitter a domicilio e assistenza ai bambini. Anche in Spagna le settimane di congedo sono pari a 16 e retribuite integralmente. Di queste soltanto sei sono obbligatorie e da godere dopo il parto, le altre sono a discrezione della lavoratrice. In Olanda sono parimenti garantite 16 settimane pagate al 100%, cui si possono aggiungere, fino agli 8 anni del bambino, ulteriori 26 settimane non remunerate. In Germania le settimane di congedo sono soltanto 14, di cui 6 prima della data prevista del parto e 8 dopo la nascita del bambino. In caso di gemelli le settimane dopo il parto diventano 12. Per quanto riguarda lo stipendio, deve essere di almeno dello stesso importo calcolato sulla base di una media di 13 settimane di salario o degli ultimi tre mesi prima della gravidanza.
La situazione cambia poco spostandosi in altri continenti. In Argentina, per esempio, le tutele garantiscono 90 giorni di permesso obbligatori (quasi 13 settimane), coperti completamente a livello economico, cui è possibile aggiungere un ulteriore periodo non pagato di 3/6 mesi (quasi 13/26 settimane). In Australia la lavoratrice ha diritto a una remunerazione soltanto se è così previsto da contratti individuali oppure collettivi di lavoro. Dopo il parto è possibile fruire di ben 12 mesi (circa 52 settimane) di permesso retribuito cui aggiunge altri 12 mesi non pagati.
Lavorare e fare il papà. In Europa i papà lavoratori stanno mediamente meglio che in Italia. I paesi partner dell’Ue, infatti, offrono in genere maggiori tutele a livello di congedi. Nel Regno Unito, ad esempio, i neopapà che abbiano maturato almeno 26 settimane di lavoro consecutivo hanno diritto a una o due settimane di congedo; attualmente, peraltro, è allo studio la possibilità di estendere i permessi parentali anche ai nonni che ancora lavorano. La Francia, invece, prevede a favore del padre tre giorni facoltativi alla nascita e 11 giorni consecutivi a scelta (che diventano 18 in caso di parto plurigemellare o di adozione). La Spagna riconosce 13 giorni di congedo (che dal 2017 potrebbero passare a 4 settimane). L’Irlanda dà diritto a due settimane di congedo. La Germania, al contrario, come l’Italia, prevede solamente un giorno, salvo eccezioni previste da accordi individuali o collettivi.
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