Il cliente può recedere in qualunque momento dal contratto con il professionista anche se è previsto un termine minimo. Ciò a meno che una valutazione del contratto non faccia ritenere che le parti hanno inteso vincolarsi senza deroghe alla durata.
Lo ha sancito la Suprema corte di cassazione che, con la sentenza numero 469 del 14 gennaio 2016, ha respinto il ricorso di un medico che chiedeva al cliente il risarcimento del danno per aver rotto il contratto prima dei due anni pattuiti.
Nulla da fare, dunque, per il sanitario, ingaggiato per un’attività di anamnesi e cura, che aveva fatto causa a un cliente al fine di ottenere il ristoro da recesso anticipato.
La seconda sezione civile ha infatti spiegato, in fondo alle interessanti motivazioni, che «in tema di contratto d’opera professionale, la previsione di un termine di durata del rapporto non esclude di per sé la facoltà di recesso ad nutum previsto in favore del cliente dal primo comma dell’art. 2237 cod. civ., dovendo verificarsi in concreto in base al contenuto del regolamento negoziale se le parti abbiano inteso o meno vincolarsi in modo da escludere la possibilità di scioglimento del contratto prima della scadenza pattuita».
Infatti, scrivono ancora i Supremi giudici, in tema di contratto di prestazione d’opera intellettuale, la previsione della possibilità di recesso ad nutum del cliente contemplata dall’articolo 2237 cod. civ., non ha carattere inderogabile e quindi è possibile che, per particolari esigenze delle parti, sia esclusa tale facoltà fino al termine del rapporto; l’apposizione di un termine a un rapporto di collaborazione professionale continuativa può essere sufficiente a integrare la deroga pattizia alla facoltà di recesso così come disciplinata dalla legge, nel senso che a tal fine non è necessario un patto specifico ed espresso.
Tuttavia, il giudice può stabilire la validità della deroga solo sulla base dell’interpretazione globale del contratto.
Di diverso avviso il Procuratore generale della Suprema corte di cassazione che aveva chiesto al Collegio di legittimità di accogliere il ricorso del professionista e di accordare lui il diritto al risarcimento del danno, oltre 200 mila euro.
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