Un anno fa l’allora neosindaco di New York Bill de Blasio introdusse un nuovo documento di identificazione per i newyorkesi: la IDNYC, una sorta di carta di identità per coloro che potevano dimostrare di avere un indirizzo in città confermato dal United States Postal Service. Il documento voleva «dare dignità e possibilità di riconoscimento» ai molti cittadini che per vari motivi non erano in grado di ottenere dagli uffici federali delle rispettive ambasciate documenti di identificazione validi. Senza un documento di questo tipo è praticamente impossibile a New York entrare in qualunque ufficio pubblico o commerciale, tuttavia il vero scopo dell’iniziativa era fornire un documento di identificazione per accedere ai servizi bancari a tutto un mondo che ne era privo. Tra l’altro negli Usa le regole impongono alle banche solo di verificare che chi si presenta allo sportello sia realmente chi dice di essere e non se sia cittadino statunitense o se viva legalmente negli Usa. Ebbene, la carta d’identità di New York sembra essere caduta proprio su questo terreno. È notizia di questi giorni che Bank of America, Citigroup e Jp Morgan non accettano la «carta de Blasio», preoccupati per il rischio di «furti di identità». È un problema enorme e apertissimo anche nell’Ue e in Italia. Solo per dare qualche riferimento, da noi nel 2013 è stato istituito il Sistema pubblico di prevenzione, che consente il riscontro dei dati contenuti nei documenti di identità, riconoscimento e reddito, con quelli registrati nelle banche-dati degli enti di riferimento (Agenzia delle Entrate, ministeri dell’Interno e dei Trasporti, Inps, Inail). Titolare del Sistema è il ministero dell’Economia, che ne ha affidato a Consap la realizzazione e la gestione dell’archivio centrale. Il servizio è partito in via sperimentale a gennaio 2015 e sta andando ora a regime.
*delegato italiano alla Proprietà Intellettuale